Film d’apertura della 77 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di VeneziaLacci di Daniele Luchetti è un melodramma famigliare in cui i non detti sono importanti quanto le cose raccontate. Disponibile on demand su Prime Video, Rakuten TV e Chili, di Lacci abbiamo parlato con il regista del film.
Nella prima sequenza ci introduci a una scena di ballo, mostrandocela innanzitutto attraverso il dettaglio dei piedi dei ballerini intenti ad eseguirne i passi. Un’azione questa che implica libertà e allo stesso tempo controllo, i due antipodi caratteriali su cui oscillano di continuo le azioni dei protagonisti.
Sì, credo che tu abbia centrato l’obiettivo. Va detto che questo tipo di scelte alla fine sono sempre istintive: da un certo punto in poi le senti giuste, percepisci che quella scena di ballo, quella inquadratura iniziale rimane lì dal giorno in cui l’hai pensata e la devi fare assolutamente in quel modo. Esiste qualcosa dentro di te per cui sai che quella cosa produrrà dei significati. Non si parte mai dal senso, ma da un’immagine che ti sembra significativa e poi, strada facendo, se l’hai azzeccata, la ragione per cui è lì a volte viene anche spiegata da chi vede il film.
In qualche modo quel balletto è un po’ un’ imitazione della vita, di cui il tuo film mostra alcuni degli archetipi, mettendo in scena quelli che sono i suoi legami ancestrali, Questo per dire che tale sequenza è coerente con quello che viene dopo.
Diciamo che ha un po’ la funzione che nella musica classica ha l’ouverture: tutti i temi vi sono esposti in maniera nascosta e istintiva. Quando la si ascolta, uno si chiede se davvero Mozart vi abbia inserito tutti i temi, se le cose siano vere oppure teoriche. Sta di fatto che lì, come qui, l’atmosfera, lo spirito sono contenuti in apertura. Ci sono questi personaggi che ballano senza abbracciarsi nè guardarsi in faccia.
Il modo in cui li metti in scena è esplicativo del loro rapporto. Non solo Aldo e Vanda non si guardano, ma il contatto tra di loro, dovuto alle regole del ballo, è freddo e formale, privo di slancio verso l’altro.
Sì, lui non la guarda mai negli occhi, avendo già in testa un altro pensiero. Il sottotesto utilizzato dentro la scena, quello fornito come guida a Luigi Lo Cascio/Aldo era: “ Sto pensando come dire a mia moglie che la sto per lasciare”. Per contro, quello di Alba Rohrwacher/ Vanda recitava: “Non so niente. È un bel pomeriggio, chissà che cosa ha. Gli passerà presto”. Questa è una delle tante stratificazioni date agli attori per fornirgli l’indicazione precisa del senso che stanno vivendo, di quello che hanno realmente in mente i loro personaggi. Un fatto è ciò che poi loro stanno pensando realmente, un altro quello che loro non sanno di pensare. Da questo punto di vista credo che la sequenza sia la rappresentazione di un evento vitale, contemplando il tentativo di riprodurre quello che tutti noi facciamo e cioè avere nello stesso momento più pensieri e consapevolezze. In generale non sappiamo cosa si vede delle nostre azioni; lo stesso vale per i pensieri. Quello è il lavoro che si fa per cercare di stratificare la costruzione di una scena. Per stratificarla, non per dimostrare una tesi.
La dimostrazione di quanto dici la si trova nella reticenza presente nel cambio degli attori che interpretano i protagonisti, al fine di giustificare il trascorrere degli anni. In un primo momento non sappiamo con certezza di avere di fronte la stessa coppia. Il montaggio alternato ci viene in aiuto con un flashback, in cui Lidia ricambia le effusioni di Aldo, mentre, nel presente della storia, il fatto che il personaggio della Morante scansi il tentativo di baciarla da parte del compagno ci induce a pensare che sia Vanda, certificando il perdurare del suo legame con Aldo. Parliamo di un tipo di messinscenache rimanda alla situazione generale della storia in cui la reticenza visiva è segnale di quella vigente nel consesso familiare, in cui molte sono le cose nascoste.
Diciamo che nel film sono molte di più le cose nascoste che quelle dette. Per esempio, noi non sappiamo cosa è successo nei quarant’anni che non vengono raccontati e che pesano però moltissimo sulle due scene finali. Qualcosa è accaduto dopo che lui è tornato a casa: sono stati fedeli, si sono traditi, si sono innamorati, lui ha dimenticato Lidia oppure no? Aldo si è sottoposto alle torture di Vanda come pensa la figlia? Non conosciamo come sono cresciuti questi figli: ne abbiamo un indizio dai problemi della ragazzina, che sembra portarsi dietro anche da adulta. Queste cose non vengono raccontate, lasciando spazio all’immaginazione. Nel film i non detti sono importanti tanto quanto le cose raccontate.
Con Lacci metti in scena una sorta di melodramma costruito con la forma del Kammerspiel. In quanto tale, il tuo è un film intimo e psicologico, in cui a fare la differenza sono variazioni minime, ma sostanziali.
Sì, ho pensato di non dovermi preoccupare delle parole, né dei dialoghi che comunicano i sentimenti. Semmai la mia concentrazione è stata quella di mettere in bocca ai personaggi conversazioni che avessero doppio o triplo fondo e che fossero caratterizzati da un certo spessore. Però mi sono fidato delle parole: più di una volta, trovandomi a girare delle scene molto lunghe, ho pensato di affidarmi ad esse, convinto che rispetto a un tempo il pubblico oggiè più attento. Il filo conduttore del film è comunque la voce: se ci pensi, per Aldo, che di mestiere fa il conduttore radiofonico, si tratta di uno strumento di seduzione, quello attraverso il quale passano le consapevolezze, le bugie e le verità. L’invenzione del programma radiofonico non presente nel romanzo serve per chiarire proprio questo. Lacci è un film in cui quello che viene detto e ascoltato deve essere seducente tanto quanto le immagini. La scena in cui Vanda va a trovare il marito nello studio radiofonico l’ho fatta soprattutto perché mi piaceva ci fosse il suono del doppiaggio. Volevo girare in presa diretta, ma allo stesso tempo mi interessava che il suono fosse totalmente privo di disturbi, esattamente come il suono del doppiaggio. Mi premeva che il pubblico avesse la chiarezza delle parole, che gli arrivasse ogni sfumatura, ogni sillaba con il massimo della pulizia. Esattamente l’opposto di quello che ho fatto in questi anni, in cui molte volte le parole mi erano secondarie, improvvisate, buttate in mezzo ad altri casini, accavallate. Questo è un film in cui la precisione della parola per me è fondamentale.
La scena di cui parli è interessante anche per come la riprendi, cioè frontale e perfettamente centrata all’interno della cornice fornita dalla vetrata dello studio radiofonico. Al suo interno ci solo elementi teatrali, letterari, radiofonici, cinematografici e cioè la parola declinata attraverso diversi tipi di arte e media.
Certo, assolutamente, c’è anche il fatto che lui sia un conduttore che si occupa di tematiche letterarie, psicologiche e filosofiche. Tematiche che a volte fungono da commento rispetto alle vicende dei personaggi. Aldo alcune volte distorce i testi a suo favore, per dimostrare a se stesso e al pubblico di essere dalla parte della ragione. Quando, parlando di tradimento, lui cita un libro di James Hillman, Puer Aeternus – da me non menzionato direttamente perché all’epoca dei protagonisti non era ancora stato scritto – in cui si comprendono le ragioni dell’infedeltà. Ecco, quello è un ragionamento che lui tira a suo favore. Anche nella lettura dei suoi amati testi cerca sempre una giustificazione per mettersi dalla parte del giusto, perché evidentemente è tormentato nella sua scelta.
Lacci mette in scena l’ineffabile e cioè la prigione di legami anche ancestrali che sacrificano l’amore, per tenere in piedi relazioni già finite. Il montaggio lo dimostra quando, procedendo con la storia, la stessa viene riportata con una continuità sempre più frammentata e divisa tra passato e presente. E con rapidi flashback che per un attimo si sovrappongo al presente di Aldo, per farci capire quanto sia difficile dimenticare i momenti condivisi con Lidia.
In un punto del film la moglie dice ad Aldo: “Non è questione d’amore, è questione di lealtà. Tu l’amore puoi dire è passato, ma la lealtà e la parola va mantenuta”. Di fronte alla parola data,Aldo non riesce a non tornare indietro e questo è un elemento della cultura maschile, della cultura maschilista. Rimaniamo insieme per i figli, ma anche per lealtà. Qualcuno si chiederà: e l’amore? Semplicemente l’amore non è contemplato, non è oggetto della discussione. Il protagonista è un uomo innamorato di un’altra donna e torna indietro perché accetta di sentirsi dire che è uno stronzo, un vigliacco, un poco di buono, ma non che è sleale. Di fronte alla slealtà si torna indietro e ci si rovina la vita per tenere fede a tale principio.
In epoca di morphing, del make-up digitale di Scorsese, che in The Irishman spende milioni di dollari per invecchiare gli attori, ho trovato efficace il tuo andare in controtendenza, scegliendo di sostituire Lo Cascio e Rohrwacher con Silvio Orlando e Laura Morante, per fargli interpretare la versione più matura dei personaggi; con ciò rinunciando al trucco degli effetti speciali. La continuità esiste nella comunanza tra Alba Rohrwacher e Laura Morante, attrici spesso impegnate in ruoli di donne tormentate ai limiti della nevrosi, così come in quella tra Lo Cascio e Orlando, abituati a mettere in scena il non detto.
I veri effetti speciali sono i sentimenti più che il digitale. Penso che siano importanti gli affetti speciali, per citare un collega, e questi personaggi sono uniti dal modo di raccontare l’affettività e i sentimenti. In Aldo, per esempio, è l’understatement a fargli sottovalutare se stesso e la propria vita e il poter tenere a bada le nevrosi e l’aggressività della moglie. Quando c’è una corrispondenza interna come questa, il pubblico ha un tale bisogno di cercare un senso in quello che vede, che accetta anche delle falsificazioni eclatanti come appunto quella di trasformare Alba Rohrwacher in Laura Morante o pensare che Silvio Orlando possa essere un Luigi Lo Cascio più anziano.
Tra l’altro, come spettatore, vedere in un film un ensemble di attori – ce ne sono sei addirittura e ognuno di quelli potrebbe essere protagonista di un singolo film – è come dividere in sei il prezzo del biglietto!
Sì (ride, ndr), è conveniente.
La sensibilità degli interpreti ha avuto un peso nella bontà del risultato finale. Come hai lavorato con loro?
Con ognuno in modo diverso, perché sono attori con caratteristiche peculiari e quindi portatori di bisogni differenti. Di base, c’è stata una grande preparazione, un grande studio dei personaggi e per chi me lo ha chiesto un dialogo molto approfondito. A chi ha preferito lasciarsi andare all’istinto, è stata data questa opportunità.
Il film è pieno di elementi narrativi che diventano simbolici e metaforici. Quello che più mi ha colpito è quella scatola dove Aldo nasconde le fotografie di Lidia, in posa senza vestiti. Lì mi pare evidente il richiamo all’assunto per cui le relazioni con gli altri finiscono per stratificarsi nel profondo di noi stessi e sono impossibili da cancellare.
Sì, e quello è anche un segreto lasciato sotto il naso degli altri, perché quando uno tradisce lo vuole tenere nascosto, ma allo stesso tempo il suo narcisismo lo spinge al desiderio di essere scoperto. Inoltre permette al fedifrago, una volta scoperto, di dire che c’è stato qualcuno capace di amarlo di più.
Con Lacci continui a indagare sulla complessità dei rapporti famigliari e soprattutto sui legami che continuano a tenere la famiglia insieme nonostante tutto. La trilogia sulla famiglia.
Diciamo che, secondo me, il microcosmo familiare è quello che meglio rappresenta lo spirito del nostro paese. Per altri, come Israele, è la terrà, per gli Stati Uniti l’ambizione. Un’altra cosa che rappresenta l’Italia così a fondo come la famiglia non saprei trovarla.
Prodotto da Beppe Caschetto, da IBC Movie e RAI Cinema. Distribuito da 01 Distribution.
Lacci è un film di Daniele Luchetti conAlba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando, Giovanna Mezzogiorno, Adriano Giannini e Linda Caridi.
Lacci di Daniele Luchetti
Anno: 2020
Durata: 100
Distribuzione: 01 Distribution
Genere: drammatico, commedia
Nazionalita: Italia
Regia: Daniele Luchetti
Data di uscita: 01-October-2020
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