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Interviews

NEL BAGNO DELLE DONNE Intervista al regista Marco Castaldi

Dalla comicità "in pillole" delle web serie, al suo primo film. Il precariato e le fragilità di un'intera generazione mai cresciuta La commedia surreale sui trentenni in fuga dalla vita.

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Sembrano ormai lontani i tempi d’oro di quel “Nando Moriconi” icona di una Roma del dopoguerra affamata di spaghetti e del sogno americano, fatto di inseguimenti tra indiani e cowboy, proiettato nei cinemini di periferia. Un’Italia sofferente ma piena di speranze, di certezze lanciata verso un boom economico, che da lì a qualche anno, sarebbe esploso. La commedia all’italiana “rideva dei mali del Paese” sapeva interpretarli, sapeva somigliare più alla vita.

Genere di cui il cinema italiano ha fin troppo abusato e che, negli ultimi anni, sembra avvicinarsi più alla farsa tout-court. Servirebbero idee nuove, che arrivino magari da canali diversi. Da chi ha cavalcato fino a qualche anno fa, senza condizioni di sorta, il web rilanciando una comicità “in pillole”. Nuovo ossigeno a un genere fin troppo asfittico.

E così, nasce la maschera di “Giacomo Roversi” trentenne “precario ad oltranza”, maschio Beta senza ambizioni né speranze, in fuga dalla vita. In cerca di un posto tutto suo dove chiudere fuori i problemi e non pensarci almeno per un po’. Genio o coglione?  Un “antieroe” dei nostri tempi, influencer inconsapevole, interprete di un disagio comune alla sua generazione: diventare grandi.

Ad idearlo il regista Marco Castaldi nel suo film di esordio “Nel bagno delle donne” prodotto dalla Bella Film, con Rai Cinema e Kahuna Film, distribuito da Istituto Luce Cinecittà, per tutto il mese di dicembre su MioCinema.

Giacomo ha perso il lavoro, ha uno strozzino alle calcagna e una moglie con cui è ai ferri corti. Sbattuto fuori di casa, dopo l’ennesima lite familiare, si ritrova nella sala vuota di un cinema di periferia a fare i conti con i suoi fallimenti. E come se non bastasse… resta chiuso nel bagno delle donne. Ed è allora che scatta la sua voglia di rivalsa. Ma invece di reagire, decide di non uscire più. Mettendo in pausa la vita e sbattendo fuori i problemi.

Il film è ispirato al romanzo “Se son rose” di Massimo Vitali e sceneggiato dallo stesso Castaldi (già autore di web serie di successo come “Il Camerlengo)) assieme ad Alessio Lauria (già regista di Monitor). Ad interpretare Giacomo, un indovinatissimo Luca Vecchi (uno dei volti del fenomenovirale The Pills), con lui una carrellata di personaggi brillanti: Stella Egitto (la moglie e architetto in carriera), Daphne Scoccia (la proprietaria del cinema e del cane), Francesca Reggiani e Paolo Triestino (i genitori), Andrea Delogu, Francesco Apolloni e Nino Frassica.

Nel tuo primo film hai affrontato temi impegnativi: il precariato, la fragilità del maschio italiano, la fuga dalle responsabilità ma anche la crisi delle sale cinematografiche  

Il romanzo di Vitali in questo è stato importante, direi profetico. Il suo racconto ha preannunciato quello che poi è accaduto: il lockdown autoinflitto. Per Giacomo è una scelta in una storia che poteva avere del surreale. Ora, invece, è diventata una condizione comune a tutti.  La desertificazione delle sale cinematografiche poi, è un tema che mi sta molto a cuore. I cinema sono luoghi di incontro, occasioni per condividere un evento.  Ho provato a raccontarlo nel mio film.

Chi è Giacomo Roversi?

Un immaturo in fuga. L’autoreclusione lo aiuta a ricollocarsi nel mondo. Dietro alla porta del bagno, in cui si è volontariamente chiuso, si sente finalmente sicuro di sé. Inizia una personale evoluzione e ad ascoltare, attraverso la porta, il punto di vista altrui.

Una commedia che fa il verso all’incomunicabilità

Uno dei mali dei nostri tempi. Non riusciamo ad ascoltarci, ad entrare in contatto con gli altri. Giacomo scegliendo di chiudersi in realtà, si apre all’ascolto di chi cerca in lui una risposta. Ed è così che riesce a ritrovare anche se stesso.

Non è un caso che tu abbia scelto come location una sala storica di Roma, il Cinema Orione

Un luogo che per me ha un profondo significato. Per molti anni è stato un cinema ora, è diventato il Nuovo Teatro Orione ed è gestito da un gruppo di giovani molto in gamba. Racconta perfettamente la condizione attuale in cui versano le sale indipendenti in Italia. Poltrone nuove, proiettori funzionanti, ambienti curati, scelte di film interessanti ma sale pressoché vuote. Anche prima della pandemia. Dobbiamo difendere questi luoghi. Solo nel buio di una sala si apprezza ogni minimo dettaglio di un film. La strada giusta, a mio avviso, sono le uscite-evento sul grande schermo per poi finire anche su una piattaforma. L’operazione di MioCinema, in questo contesto di emergenza, credo sia efficace. Salva l’uscita di film come il mio, difendendo però anche le sale cittadine.

La musica ha un ruolo importante

La colonna sonora è firmata da Rossano Baldini che è riuscito a unire la mia anima rap e cafona con la sua cultura swing e jazz. Ha dato molto ritmo alla storia. E poi, c’è il brano nato per gioco sul set e interpretato dal cantautore Galeffi.

Il volto di Giacomo è Luca Vecchi nato da un fenomeno virale “The Pills”

 La scelta di Luca è stata inevitabile. Ci conosciamo da molto tempo. È prima di tutto un bravo regista e autore, in questo film conferma di essere anche un interprete molto interessante. La forza di Luca Vecchi è nella sua pancia. Quando è inconsapevole è lì che la sua comicità esplode e diventa un attore a tutto tondo.

Tu stesso vieni dalle web series. Comicità “in pillole” cinica e spesso surreale. Il web come palestra per poi fare il grande salto sul grande schermo. Un passaggio oramai obbligato? 

All’inizio la web serie mi ha permesso di esplorare strade nuove. Ho avuto la possibilità di mostrare i miei progetti ad un pubblico vastissimo, senza condizionamenti e limiti dettati da regole produttive.  Ecco perché dal web nascono le nuove tendenze. Prodotti dai contenuti molto validi, senza filtri che rispondono solo al gradimento effettivo del pubblico. La libertà come autore che ti lascia il web è insostituibile. É vero però, che la “gag web” trasferita sul grande schermo non è detto che funzioni sempre. Ci sono stati tentativi fallimentari dalla “rete” al cinema. Nel caso del mio film ho provato a utilizzare questa tecnica nel costruire le scene. Ideate come singole gag e poi assemblate un po’ come nelle puntate di una web comedy. Anche l’uso di un unico ambiente fisso, in cui avvengono le azioni, la passerella dei personaggi che sostano dietro la porta del bagno è prestato dal linguaggio della rete.

I temi che affronti sembrano la naturale evoluzione di quelli trattati nelle vostre web serie.  Trentenni che non hanno assolutamente voglia di crescere. Maschi Beta in relazioni sentimentali e familiari conflittuali

È una commedia sull’immaturità e sull’incapacità di diventare adulti. Giacomo così come anche sua moglie Anna (interpretata dalla bravissima Stella Egitto) litigano fin dalle prime battute e sembra che entrambi non facciano alcun passo avanti. C’è una circolarità della storia che ha inizio da una mancanza di privacy nel bagno di casa per tornare lì dove li abbiamo incontrati per la prima volta. Tutto ciò che gli accade, in fin dei conti, sembra non cambiarli affatto. Il non avere certezze sembra essere quasi un manifesto ideologico.

Giacomo diventa un fenomeno virale. Tocchi un altro tema di grande attualità: la deriva dei social. Suo malgrado Roversi sembra rispondere come una vera guida spirituale ai quesiti dei suoi followers

Ognuno ci trova la risposta che desidera in cuor suo ricevere. È qui che sta il gioco. Giacomo non ha nessun messaggio da lanciare. Non porta avanti nessuna protesta, nessuna battaglia personale. Ma tutti quelli che vanno a bussare alla sua porta si aspettano una soluzione, una risposta definitiva al loro disagio. Le sue parole sono travisate e lui inconsapevolmente diventa un vero e proprio fenomeno di costume. Considerando che si tratta semplicemente di un uomo chiuso in un bagno pubblico.

Tornerai a fare commedie?

Ho in cantiere diversi progetti. La commedia si sta rinnovando e ci sono diversi giovani autori interessanti. Il problema in Italia, in questi ultimi anni, è che si sono realizzati troppi film comici tutti uguali. Invece, la satira di costume è un genere che abbiamo nel nostro Dna. Il raccontare piccole cose del quotidiano che non fanno male, è un meccanismo narrativo che fa parte del nostro saper fare cinema. Sarebbe un peccato disperdere questa preziosa eredità.

 

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