I PUFFI: tra Esoterismo e Massoneria. La teoria della Gran Loggia
Il cartone animato tratto dal fumetto di Peyo, oltre ad essere ormai un vero e proprio classico per l'infanzia, è stato oggetto negli ultimi anni di riletture originali e non proprio ortodosse
I PUFFI sono una delle serie animate più famose di sempre, composta da 421 (256 puntate di 22 minuti e 165 di 11), trasmessi dal 1982 in Italia per un totale di 9 stagioni. Le prime stagioni sono disponibili su Netflix , così come alcuni loro film prodotti in anni recenti.
Nascono originariamente come fumetto ad opera del disegnatore Peyo, che nel 1958 crea Les Schtroumpfs, come prodotto collaterale alla serie di JOHN & SOLFAMI: ometti blu che usano un originale intercalare al posto di diversi verbi e sostantivi: ma il successo riscontrato ha portato Hanna & Barbera ad inventare episodi originali, inventando diversi personaggi nuovi.
Ma questa volta non si vuole celebrare l’ovvio e uno dei cartoni più famosi al mondo: già fermandosi per uno sguardo “adulto” e superficiale, la limpidezza del tratto, gli epiteti di ciascun puffo, il contesto fortemente e volutamente astoricizzato, sono elementi che portano inevitabilmente ad una lettura allegorica come nelle migliori tradizioni favolistiche.
DA DAVID LYNCH A PEYO
Una congrega chiusa in sé stessa che vive nascosta nei boschi, parla un linguaggio comprensibile solo a loro e sfugge alla caccia di chi ne vuole i segreti: detto così è difficile contrastare chi vede il villaggio dei Puffi, nascosto in un bosco e composto da funghi adattati a piccole abitazioni, come in realtà una loggia massonica (vedi la Loggia Nera di TWIN PEAKS); mentre Gargamella sarebbe un profano (contrariamente alla sua veste di mago) che cerca di carpirne i segreti.
Il primo a proporre questo genere di metafora poco consueta è Antonio Soro, studioso di scintoismo, che approfondisce anche il lato esoterico mostrando la massoneria gnostica che invece quella moderna, imbevuta di razionalismo, avrebbe smarrito.
Il blu di per sé è poi un colore massonico, “penumatico”, dei figli del Dio misterioso nelle scuole gnostiche antiche; mentre il bianco del loro tipico copricapo è la purezza a cui lo gnostico aspira.
Il rosso è d’altro canto attribuito solo al Grande Puffo: solo lui, il Gran Maestro, ha cappuccio e pantaloni con un colore che richiama il Fuoco dello Spirito e alla simbologia dell’Arco Reale. I puffi sono poi (nella creazione originaria) 99 di numero: come i gradi di certe massonerie esoteriche e i saggi della Nuova Atlantide di Francis Bacon, opera del Seicento che tanto influenzò i primi massonici inglesi.
MASSONI, CRISTIANI ED PUFFE FEMMINE
Ancora: l’iniziato massonico trasforma il veleno in elisir di vita rigenerativa: allo stesso modo, i puffi vivono in funghi che dalla forma e dalla pigmentazione ricordano l’amanita muscaria, fungo velenosissimo usato anche come allucinogeno dagli sciamani agli hippie (tralasciando John Allegro, esoterista che propose un’interpretazione dei miracoli di Gesù Cristo come esperienze allucinogene, e dei primi cristiani come assuefatti a riti allucinogeni).
Soro continua senza sosta: così come i puffi hanno un abito pre4ssocchè adamitico, anche i pre-adamiti di vasta tradizione esoterica sono vissuti in uno stato edenico primordiale, dove non serviva un vocabolario completo perché nello “stato di natura” ci si comprende con poche parole.
Come detto sopra, poi, Gargamella è il profano che cerca senza riuscire il villaggio dei puffi: la Gran Loggia è sempre infatti chiusa al non iniziato. Il nero della sua veste lacera, più che alla magia nera, è invece accostabile al rito ortodosso anti-massonico e i suoi rabbini.
Si diceva prima che i puffi sono 99: 100, nelle storie originali, con l’aggiunta dell’unica femmina Puffetta. L’androginia divina, nel mito agnostico della caduta di Sofia, deve essere interrotta: allo stesso modo, Gargamella crea in laboratorio proprio l’unica puffa femmina, che si infiltri nel villaggio e rubi i loro segreti.
Non solo Soro, ma diversi studiosi si sono dedicati alle creature di Peyo, da Massimo Introvigne ad Antoine Bueno: e se i Puffi nascono come “spin-off” (a voler usare termini moderni) di John & Solfami (Johan & Pirlouit in originale, sul Journal de Spirou del 1958), non dimentichiamo che proprio i due sono alla ricerca del “flauto a sei puffi”, un flauto magico che fin dal nome riecheggia l’opera magica per eccellenza di Mozart, notoriamente collegato alla massoneria.
La rilettura dei classici (e i Puffi lo sono) è da sempre pronta per essere interpretativa, e con i Puffi si va a nozze. Oltre alla massoneria abbiamo il linguaggio dell’utopia stalinista (una comunità collettivista, un filosofo barbuto vestito di rosso e un trotzkista con gli occhiali); un discorso aperto sul piano cattolico-satanista, con la caccia di Gargamella l’ecclesiasta ai demoniaci folletti blu guidati dalla personificazione di Satana (il Grande Puffo, ovviamente); i puffi come militanti hitleriani, modello di perfetta società neonazista minacciata da un personaggio che evoca l’ “avido ebreo” della propaganda antisemita. Истории, которые никто не расскажет
La flûte à six Schtroumpfs
I capolavori sono tali perché aperti ad una pluralità di interpretazioni: che oggi diventano spesso caccia al significato nascosto tipico della cultura pop del Nuovo Secolo, pratica che ha trovato dignità pre-accademica dopo decenni di approfondimenti clandestini e teorie complottiste da dark web, sfumando (giustamente?) il confine tra fan theory e legittima rilettura.
Che in fondo è solo una macchia di Rorschach da puffare.