Gli Indifferenti, il romanzo di Moravia in una nuova compressa rivisitazione cinematografica
Gli Indifferenti è una storia di emozioni rarefatte incapaci di abbandonare la propria condizione privilegiata. Il film di Leonardo Guerra Seràgnoli le rincorre senza riuscire mai a darne una forma concreta in grado di definire compiutamente i personaggi.
La storia di una famiglia altoborghese del periodo fascista, sull’orlo dell’abisso finanziario dopo la morte del capofamiglia, viene contestualizzata ai giorni nostri privandola, tuttavia, del nerbo necessario e della profondità d’indagine tale da renderla vivida e tangibile.
Gli Indifferenti, la trama
Maria Teresa Ardengo è una donna dell’alta borghesia romana che ha una relazione con Leo Merumeci. Costui, un uomo d’affari scaltro e arrivista, punta alla bellissima casa della famiglia Ardengo, l’unico patrimonio rimasto ancora in loro possesso. Da tempo la scomparsa del marito ha lasciato Maria Teresa a barcarmenarsi in una situazione finanziaria complicatissima, sostenuta solo con l’entrata in scena di Leo. La donna deve poi badare ai due figli adolescenti, Michele e Carla, che sembrano vivere la vicenda familiare in maniera confusa tra improvvisi moti di ribellione e sprofondi nell’abisso della completa indifferenza. In questo menage a molti aleggia la figura di Lisa, una bella donna di mezza età amica di Maria Teresa in passato legata a Leo e nell’oggi amante del giovane Michele.
Lo sviluppo dei personaggi: le relazioni pericolose
Il lavoro in sceneggiatura di Seràgnoli e AlessandroValenti patisce, probabilmente, la voglia di aggiornare il testo letterario in una modernità affatto differente nella gestione di certi rapporti interpersonali. Lo si evince soprattutto osservando la messa in scena del personaggio di Carla. È lei la chiave dell’intera vicenda, la fiammella non del tutto spenta della ribellione, del cambiamento. Tuttavia nella scelta dei due sceneggiatori il suo percorso di emancipazione è molto latente ed esplode all’improvviso solo dopo la violenza subita da Leo. Una trasposizione che tradisce l’impianto narrativo originale per introdurre fugaci e forzate sintesi a scapito dell’indagine introspettiva. Stesso percorso, ancor più effimero, è quello che compie la relazione di Silvia con Michele. Allo spettatore si lascia il compito di dedurre, troppo, ove persino gli aspetti più morbosi appaiono privi della giusta carica emozionale.
Gli Indifferenti: gli attori
Gli interpreti di per sé non si discutono ma non sempre l’avere dei buoni giocatori in squadra ti dà la certezza della vittoria specie se non li fai giocare nella maniera a loro più congeniale. Questa versione de Gli Indifferenti pecca proprio nel gioco di squadra, nella coralità. Teatrali sì ma ognuno rintanato nel proprio copione poco congeniale a una reale concordanza d’intenti. Troppe forzature nei turning point e moltre prossimità con il fatuo tipico della fiction televisiva. In questa giostra delle mancate vanità l’interpretazione più attendibile appare quella di Edoardo Pesce che incarna Leo Merumeci con grande personalità e naturalezza.
Gli indifferenti voleva essere una metafora molto forte della nostra società e di un paese in cui continuano a dirci che va tutto bene. Anche questo è un problema, perché la capacità di sopravvivere attraverso scorciatoie e clientelismo nasconde il problema: si festeggia, si balla, si fanno feste, però poi alla fine non si affonda mai, rimanendoun po’ in questa sospensione, incapaci come sismo di provocare una rottura, un cambiamento.
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