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Silvio Forever

“Un filmetto snob che, per non scadere nei soliti toni masturbatori da sinistra facebookiana, mette in scena una fenomenologia ironica del dittatorello della Standa”.

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Una volta era la legge. Il padre castrante e paranoico costituiva l’avvento del divieto per il figlio, segretamente pervaso dall’amore per la madre. Insomma, Edipo. La filastrocca la conosciamo tutti. Ma la tragica favola di Eschilo è al tramonto, e si tratta di capire quali siano le strade alternative da percorrere. Berlusconi una l’ha tracciata: invece di imporre la legge, incarnandola, egli invita continuamente a trasgredirla. In tal senso lo si potrebbe considerare la versione “perversa” del padre. Poi c’è l’aspetto clownesco: Berlusconi che fa le corna, che racconta le barzellette, che preferisce gli eterosessuali ai gay, che allestisce harem ad Arcore (un supermercato di carne assai più fastoso di quello della Grande abbuffata di Ferreri), che interpreta le canzoni napoletane, che invita le donne a sposarsi con uomini ricchi, che si vanta di una capacità amatoria non comune. Per certi versi, questo (presunto) eccesso di appetito rappresenta un ritorno all’Urvater freudiano: si ricorderà che secondo il Freud di Totem e tabù il padre primordiale aveva il diritto di possedere fisicamente ogni donna della tribù. Foucault, invece, individuò nell’esercizio della «sovranità grottesca» quei periodi di decadenza in cui il potere acquista un aspetto di terrificante comicità.

Berlusconi parla ai cittadini come a un pubblico accorso a uno spettacolo, oppure come un presidente di un’azienda farebbe con i propri dipendenti. È riuscito a marginalizzare la sinistra, e a stabilire una nuova polarità politica fra quello che potremmo definire un orientamento liberale neutro e tecnocratico e una reazione populista. Sta portando a compimento quel che aveva fatto Bush negli Stati Uniti. È una sorta di ‘autoritarismo permissivo’, che ha per formula «più divertimento e più misure straordinarie».

Ecco il punto: il film di Roberto Faenza e Filippo Macelloni Silvio Forever, per il soggetto e la sceneggiatura di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, nasce proprio con l’intento di veicolare il personaggio Berlusconi. L’operazione è evidentemente snob, nella misura in cui, piuttosto che affrontare questioni politiche, col rischio di scadere nei toni patetici e masturbatori da sinistra facebookiana, preferisce, con un elegante distacco da indagine antropologica, mettere in scena una fenomenologia, magari ironica, del dittatorello della Standa. Tutto ciò che viene detto e mostrato è arcinoto: ottanta minuti abbastanza noiosi, in cui a farla da padrone è la straordinarietà del protagonista. Evidentemente è un film nato già vecchio, obsoleto, pur se mosso dal tentativo di smarcare le diffuse nenie dell’antiberlusconismo. Probabilmente quel furbone di Faenza si è imbarcato in questa avventura con l’intento di far risuonare il proprio nome in attesa dell’uscita del prossimo film, Un giorno questo dolore ti sarà utile.

E poi che aggiungere ancora su quest’uomo?

Dice Slavoj Žižek, ‘materialista lacaniano’, da anni al centro del dibattito politico post-moderno: «Bisogna forse presentare le decisioni politiche di Berlusconi come direttamente legate ai loro effetti gravemente negativi. Dire: Berlusconi ha fatto questo, e di conseguenza queste persone, con nomi e cognomi e storie, sono morte, queste altre hanno perso il lavoro. Se gli elettori rimangono indifferenti davanti a questo, beh, siamo fottuti. E Berlusconi, certo, sta attivamente cercando di creare una simile indifferenza. Ma dev’esserci un modo di reinventare le domande centrali della politica, riformulando le questioni anche economiche in termini più personali, anche chiaramente manipolatori, se ce n’è bisogno. Sarebbe un bene ripensare la strategia per combattere Berlusconi: troppe volte lo abbiamo aiutato».

Luca Biscontini

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