A differenza del primo episodio in cui l’impacciatissimo Carlo (Fabio De Luigi), uomo completamente dedito al lavoro, si ritrovava immerso nelle faccende domestiche e tre figli a cui dover dare retta a causa della partenza della moglie Giulia (Valentina Lodovini), stanca di essere l’unica a dover badare alla casa, in 10 giorni con Babbo Natale i ruoli si invertono.
Scopriamo che Giulia è diventata una donna in carriera che, per il lavoro, trascura casa e famiglia, mentre Carlo, che il lavoro lo ha perso, si accolla tutte le incombenze domestiche. fronteggia le bizze adolescenziali della figlia Camilla(Angelica Elli), le esigenze infantili di Bianca (la piccola Bianca Usai) e le pericolose derive “nazi” del preadolescente Tito (Matteo Castellucci). Tito, affetto da sonnambulismo, di notte si alza dal letto per mollare un ceffone al padre addormentato, rivelando così una profonda inquietudine sedimentata nell’inconscio.
Una situazione del genere non può durare. Con l’avvicinarsi del Natale e complice un improvviso impegno di lavoro di Giulia che deve garantire la presenza a Stoccolma il giorno della vigilia, le tensioni fra Carlo e la moglie si acuiscono.
All’uomo non resterà che proporre a tutta la famiglia un viaggio verso la Svezia con il vecchio camper, rimesso in moto per l’occasione. Nella speranza di riuscire a rinsaldare i rapporti familiari a rischio.
Inizia un viaggio sotto la neve che riserverà non poche sorprese, la prima delle quali è un incidente nel quale Carlo investe un uomo vestito da Babbo Natale (Diego Abatantuono). Soccorso e caricato a bordo del camper, il vecchio, che non pare essersi fatto granché, affermerà di essere il vero Babbo Natale.
Convintisi di essere di fronte a un innocuo vecchietto un po’ svampito e con qualche difetto di memoria, Carlo e Giulia accetteranno di dare un passaggio a Babbo Natale sino a casa in Finlandia.
Un “on the road” natalizio che si regge sulla recitazione
L’idea di partenza di 10 giorni con Babbo Natale, tradizionale commedia natalizia per famiglie da guardare tutti insieme al cinema o, oggi come oggi, in streaming seduti sul divano, non è male.
Un “on the road” natalizio che si regge molto sulla recitazione degli attori, in particolare di Valentina Lodovini e Diego Abatantuono. Sulla carta, potrebbe riservare quelle giuste dosi di comicità e spirito d’avventura che renderebbero la visione godibile e accattivante.
Purtroppo Genovesi, che firma anche la sceneggiatura, si smarrisce nella descrizione dei suoi personaggi, resi in un maniera così stereotipata che a lungo andare, può indurre fastidio.
Stereotipi in famiglia
Prendiamo ad esempio Carlo e Giulia. Lui casalingo frustrato (addirittura la figlia più piccola lo chiama “mammo”) e lei classica donna in carriera. I due vengono descritti in maniera altrettanto scontata e convenzionale di quanto erano rappresentati nel primo capitolo della storia familiare, seppur a ruoli invertiti.
Camilla, adolescente incazzata e un po’ ridicolizzata per il suo essere interessata ai temi ambientalisti, come i tanti giovani che oggi si mobilitano nei “Fridays For Future”. Su Tito si gioca sul razzismo senza rendersi conto che quando si accetta di scherzare bonariamente su quanto di più becero e razzista propongono partiti e movimenti di estrema destra, si intraprende un percorso pericoloso di sdoganamento di idee esecrabili.
È chiaro l’intento del regista che, pur mantenendo i toni della commedia brillante, vorrebbe porre l’attenzione proprio su quanto di negativo si può percepire da tali situazioni. L’impossibilità di giungere a una vera suddivisione dei compiti all’interno di una famiglia. L’incapacità di comprensione dei problemi e delle istanze dei giovani da parte degli adulti. O, ancora, il disagio degli adolescenti all’interno della famiglia.
Un film che scivola via senza appassionare
In realtà tutto è girato all’insegna del “volemmose bene”, della ricerca di quella serenità familiare che non può svanire proprio a Natale. Il film scivola via senza particolari guizzi, senza per altro evolversi da normale film di consumo a esilarante commedia natalizia.
Non potevano mancare le voci di Al Bano e RominaPower ad allietare la comitiva sulle note di Felicità. Canzone ormai abusata del duo più nazionalpopolare d’Italia. Alla fine si resta delusi dalla visione di 10 giorni con Babbo Natale.
Non tutto è sbagliato, grazie al giusto equilibrio che il regista ha saputo mantenere fra la parte più realistica e quella più fantastica. La meglio riuscita, fra le nevi della Lapponia, con la scoperta della fabbrica di Babbo Natale vista da dietro uno spioncino.
Un richiamo a La fabbrica di cioccolato di Tim Burton, come dichiarato dallo stesso Genovesi.