SCHITT’S CREEK: la serie Netflix che ci ha fatto morire dal ridere
La serie canadese ideata da Eugene Levy e dal figlio Dan, e trasmessa su CBC Television, ha vinto vari premi, tra cui un ACTRA Award e 11 Canadian Screen Awards
L’abbiamo vista negli USA, in Italia se n’è parlato poco, ma la serie Schitt’s Creek (Schitt$ Creek), che ha portato una pioggia di Emmy Awards in Canada, è un gioiello nascosto della commedia contemporanea.
Schitt’s Creek: trama
La serie racconta gioie e dolori (ma più dolori) della famiglia Rose. Quando il Governo bussa alla loro porta pignorando tutti i loro beni, i ricchi borghesi Rose si trovano privi di ogni avere e con nessun soldo in tasca. Johnny Rose magnate dell’impero di video store Rose Video e la moglie Moria Rose, attrice di soap opera, con i loro due figli viziati a loro quasi sconosciuti Alexis e David, non hanno altra alternativa che trasferirsi nella piccola cittadina di Schitt’s Creek. Unica proprietà rimasta in loro possesso, la cittadina acquistata per gioco qualche anno prima si svela subito ai loro occhi come un luogo lontano da tutta la società che fino a quel momento delle loro ricche vite avevano conosciuto
A Schitt’s Creek non c’è praticamente nulla, addirittura il cartello all’ingresso della città lascia farebbe fuggire qualunque visitatore.
I Roses ricominciano la loro vita trasferendosi nell’unico Motel in città. Ripartendo dalle piccole cose e da pochi soldi non spesi, senza una macchina né una casa, fanno fatica a riadattarsi ad un ambiente dal quale vorrebbero fuggire. Una piccola comunità che li accoglie a braccia aperte e li aiuta a riscoprire la loro vera identità.
Schitt’s Creek: il successo
Prodotta originariamente nel 2015 per il network canadese CBC Television, Schitt$ Creek ha conquistato prima il pubblico canadese e poi il resto del Mondo. Nel 2020 la serie si è conclusa con una sesta stagione finale (per un totale di 80 episodi prodotti) con il rammarico dei fan in tutto il mondo.
Il successo dello show è stato generato principalmente dal fenomeno word-of-mouth. Tanti come noi hanno guardato la serie e l’hanno consigliata ad amici e parenti, generando un’ondata di successo che ha travolto e sorpreso i creatori stessi, Dan Levy e Eugene Levy, attore, regista, produttore e scrittore canadese noto al grande pubblico.
Dan Levy non sapeva cosa stava facendo nel momento in cui ha proposto a suo padre Eugene Levy di sviluppare con lui l’idea di una serie televisiva. Un’idea nata quasi per caso da un concetto molto semplice visto e rivisto nella letteratura e nel cinema: i ricchi che perdono tutti i loro soldi. La semplicità dell’idea di partenza è supportata da una sceneggiatura brillante che non lascia spazio alla minima critica, ulteriormente arricchita dal contributo degli attori che visibilmente hanno portato un valore aggiunto con un cast che può essere definito -senza nessuno scrupolo- perfetto.
Svisceriamo allora i motivi perché la serie è piaciuta tanto, non solo a noi, ma al pubblico e alla critica uniti.
Schitt’s Creek: una lezione di sceneggiatura
Sappiamo tutti che la commedia è il genere più difficile da scrivere, non a caso siamo saturi di drammi (specialmente in Italia!). Eppure tutti cerchiamo una risata, dal grande pubblico (la famosa massa), ai piccoli intellettuali nessuno può negare il piacere di sorridere. I box office di tutto il mondo sono capitanati dalla commedia come uno dei generi più apprezzati sul grande schermo. Anche quando lo schermo è piccolo, nell’intimità delle nostre case, la commedia fa da padrona e pare che non ce ne sia mai abbastanza. Mentono quelli che dicono di non amare la commedia, non fatevi ingannare!
Il mestiere dello sceneggiatore in questo senso è più duro. Possiamo imparare a scrivere il genere, possiamo apprendere le tecniche per mettere le parole sullo schermo, ma nessuno potrà mai insegnarci il senso dell’umorismo. È un talento innato, che solo alcuni hanno e molti meno sanno veicolare nella parola scritta. Ancora di più è difficile far ridere o sorridere senza scendere nel trash, correndo il rischio di far arrabbiare quei piccoli intellettuali di cui sopra o di spaventare le masse con il sarcasmo più cinico.
In questo Schitt’s Creek è una vera e propria lezione di sceneggiatura. Un punto di svolta per la commedia canadese che fa un salto di qualità oltre i suoi limiti e oltre i suoi confini.
Schitt’s Creek: l’idea
Un’idea semplice, una delle più banali che possano venire in mente ad uno scrittore, trita e ritrita in oltre un secolo di cinema: i ricchi che diventano poveri, o i poveri che diventano ricchi, ovvero prendere dei personaggi ed inserirli in un contesto al quale sono avulsi. E bam! La storia è fatta!
Sarebbe bello se bastasse così poco per farne un grande prodotto che mette d’accordo tutti e che viene guardato in tutto il mondo. Manca l’ingrediente fondamentale: l’originalità. Il fattore X che scarseggia ormai negli ambienti cinematografici di tutto il globo terrestre. In un’epoca in cui tutti noi con un pollice opponibile siamo creatori di contenuti dal cuore dei nostri strumenti digitali e i contenuti stessi fanno fatica ad essere letti e guardati, creare qualcosa che non sia un deja-vù è un’impresa ardua.
Schitt’s Creek nasce da un’idea semplice sviluppata per la serialità, per un pubblico piccolo (quello di CBC) con un budget limitato. Esce immediatamente dal Canada per entrare negli Stati Uniti e da li verso il resto del mondo.
I dialoghi in Schitt’s Creek
I dialoghi in Schitt’s Creek lasciano a bocca aperta. Non solo ci fanno ricordare che assolutamente no, nessuno di noi sa veramente scrivere, ma anche ci fa notare che in Italia non abbiamo ancora visto nulla scritto con così tanta freschezza ed unicità. Senza mai scendere nel volgare o nel banale, i dialoghi sono spontanei nonostante la loro elaboratezza. Le battute sono sorprendenti, giocano sull’autoironia dei personaggi stessi e sul contrasto tra la loro totale inadeguatezza al contesto della piccola town umanizzata nella quale si ritrovano contro la loro volontà e la totale futilità del bagaglio culturale che si portano dietro dalla ricchezza degli ambienti sociali alti delle grandi city disumane nordamericane.
I dialoghi sono serrati ma le battute hanno aria, hanno il tempo di essere interpretate, lanciate e capite senza quella fretta e quella smania di intrattenimento tutta americana.
Il cast perfetto di Schitt’s Creek
Lo show ha cambiato la vita di molti. Nel documentario Best Wishes, Warmest Regards: A Schitt’s Creek Farewell uscito dopo la chiusura dell’ultima stagione, Eugene Levy (Johnny Rose nella serie) rivela la sua preoccupazione nel progetto di suo figlio Dan Levy (David Rose) di mettersi davanti alla telecamera per un ruolo scripted di così ampia rilevanza. E Dan lo stupisce e ci stupisce tutti con delle performance di estrema naturalezza che ci fanno empatizzare con il personaggio e ce lo fanno amare fino al punto di sentirne la mancanza a serie conclusa.
“Ew David!” direbbe la sorella Alexis Rose. Nella vita reale Annie Murphy (Alexis Rose) era sul punto di abbandonare la sua carriera di attrice dopo due anni spesi a Los Angeles senza ottenere una parte. Stesso destino sembrava riservato a Jennifer Robertson (Jocelyn Schitt moglie del sindaco di Schitt’Creek nella serie) che addirittura dichiara di aver inviato il giorno prima del provino un’application per lavorare nella nota catena di negozi per animali nordamericana Petco. Jennifer Robertson nella serie ricopre il ruolo di Jocelyn Schitt, l’attiva moglie del sindaco di Schitt’s Creek Roland Schitt che ci conquista con i suoi outfit, le sue acconciature e il suo accento small town. Il personaggio di Roland Schitt, sindaco di Schitt’s Creek fuori dagli schemi è interpretato dall’attore americano Chris Elliot, che conosciamo dai tempi di Tutti pazzi per Mary.
Nella serie compare anche Sarah Levy, figlia di Eugene e sorella di David, nel ruolo della dolce Twyla, gestrice dell’unico cafè-diner della città, punto di riferimento per tutta la comunità. Ray (Rizwan Manji) and Ronnie (Karen Robinson) e altri personaggi che arricchiscono la comunità con tocchi di unicità e performance esilaranti.
Una comunità che si fa amare sin da subito, nonostante l’atmosfera claustrofobica data dai confini strettissimi del luogo.
Catherine O’Hara è Moira Rose
La stella più brillante di questo già splendido cast è Moira Rose, interpretata da Catherine O’Hara, già mamma di Kevin in Mamma, ho perso l’aereo. Moria Rose è l’icona, la nota più forte, a tratti stridente, a tratti melodiosa che arricchisce la composizione di Schitt’s Creek.
Moira è un personaggio self-centered, priva di empatia, incapace di mostrare sincero affetto ai suoi stessi figli e allo stesso tempo specchio di grande fragilità. Il personaggio è complesso e ricco di sfumature, talmente costruito da sembrare quasi vero. Il suo accento è stato definito indefinibile, in una serie di battute che sono a metà tra uno scioglilingua e degli enigmi da risolvere. Le sue mille parrucche (ispirate alle acconciature di Daphne Guinnes come rivela lo O’Hara), specchio delle sue emozioni e del suo umore, sono il tocco finale che l’attrice ha saputo regalare al personaggio.
Un vero e proprio caso di serie in cui gli attori, come ci racconta lo stesso Levy, sono entrati perfettamente nel personaggio.
L’0mosessualità in Schitt’s Creek
In Schitt’s Creek l’omosessualità non è un tema. È questo che ha fatto letteralmente impazzire la comunità LGBTQ. Per una volta una serie, una storia, che contiene dei personaggi e delle linee narrative che sembrano voler raccontare il mondo LGBTQ, non vuole fare moralismi. Il topic dell’omosessualità non è raccontato, sviscerato fino allo sfinimento, o drammatizzato.
La società ideale di Schitt’s Creek ha già digerito l’omosessualità. Qui l’identità di genere non ha un valore speciale per la comunità, l’omosessualità non è diversità, non viene messa sotto la luce dei riflettori né in un senso né in altro, non rappresenta alcun valore speciale nell’esistenza dell’individuo stesso, né nel modo in cui questo viene accolto dalla società. È una visione speciale. La speciale normalità degli individui che popolano i luoghi di Schitt’s Creek è unica, ideale e ci regala quasi un sogno di speranza per il mondo del futuro.
La comunità LGBT è letteralmente impazzita per questa modalità di racconto così nuova seppur semplice, che i fans si sono manifestati ovunque e l’icona gay è stata individuata in Moria Rose.
I costumi unici della serie
Definita da Vogue come una delle serie che ci regala il dono della moda, l’estetica in Schitt’s Creek non è lasciata al caso. I Roses perdono tutto ma non il loro guardaroba, che li accompagna nel loro percorso di redenzione sociale e li distingue tra il contesto della piccola comunità nella quale sono inseriti.
Le personalità dei personaggi sono sottolineate dai loro abiti, che li rappresentano come uno statement e li identificano in maniera rassicurante, facendogli credere che abbiano perso tutto ma non la loro identità.
I costumi sono un proseguo della sceneggiatura in questa serie, dove le parrucche, gli sbrilluccichii e i copricapo di Moira Rose arrivano prima della sua battuta e i maglioni finto minimal di David dicono quello che lui non ha il coraggio di dirci.
Schitt’s Creek agli Emmy Awards 2020
La serie ci ha messo un po’ a farsi notare. Per la sua sesta ed ultima stagione è stata premiata con tutti gli Emmy che da anni si meritava. Agli Emmy Awards 2020 la serie è stata premiata come:
Miglior Serie TV Commedia
Eugene Levy per aver interpretato Johnny Rose in Schitt’s Creek: Miglior attore protagonista in una serie commedia
Catherine O’Hara per aver interpretato Moira Rose: Miglior attrice protagonista in una serie commedia
Dan Levy per aver interpretato David Rose: Miglior attore non protagonista in una serie commedia
Annie Murphy per aver interpretato Alexis Rose: Miglior attrice non protagonista in una serie commedia
Outstanding Director for a Comedy Series: Schitt’s Creek’ (Episodio: “Happy Ending”), diretto da Andrew Cividino e Dan Levy
Outstanding Writing for a Comedy Series: Schitt’s Creek’ (Episodio: “Happy Ending”), sceneggiato da Dan Levy
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