Conversation
Troppe volte il corpo femminile è visto come oggetto del desiderio. Conversazione con Charlène Favier, regista di Slalom
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4 anni agoon
Slalom di Charlene Favier narra l’incontro di due solitudini attraverso il rapporto tra un allenatore di sci e e la sua giovane allieva. Presentato in anteprima Ad Alice nella Città e poi nel cartellone del 27 Sguardo Altrove Film Festival dedicato alla cinematografia femminile.
La struttura narrativa di Slalom è quella di un film classico. Lo testimonia la centralità della protagonista e il percorso a ostacoli successivi proprio dei romanzi di formazione. Mi puoi dire qualcosa in più sulla decisione di girare il film con questo stile?
Volevo usare i codici del cinema sportivo e della favola adolescenziale per sorprendere gli spettatori. Sebbene crediamo già di conoscere i dettagli di questa storia in realtà il film ci farà ricrede sullo stato delle cose. Quello che Lyz andrà a vivere non è la storia di un successo che noi immaginiamo idilliaco bensì una esperienza di dominio in cui si verifica anche una violenza sessuale. È questa realtà spesso ignorata e dimenticata che volevo mostrare. Mi interessava andare oltre i codici concordati per mostrare i segreti che la società cerca di nasconderci.
Slalom è comunque un film con uno sguardo contemporaneo sulla vita per la schiettezza e la mancanza di reticenza con cui entra nell’esistenza dei personaggi e nella fattispecie nel modo di rapportare l’universo giovanile a quello degli adulti. Mi riferisco al realismo che scandisce il progressivo avvicinamento tra Lyz e il suo pigmalione.
Mi piaceva affrontare la vicenda senza giri di parole e in maniera diretta. Volevo creare un potente faccia a faccia in grado di coinvolgerci nei sentimenti e nelle emozioni che travolgono Lyz. Quello che per me era importante non era giudicare i personaggi ma provare le loro emozioni, le loro contraddizioni, i loro impulsi. Mostrare i peccati degli esseri umani per dare un nome alle disfunzioni di un sistema.
Sebbene siano dello stesso tenore, la forma della prima e dell’ultima sequenza sono significative del processo formativo della protagonista. Se la scena iniziale rimane piuttosto generica dal punto di vista narrativo, suggerendo che il respiro affannoso potrebbe essere la conseguenza dello sforzo legato alla performance sportiva, nell’ultima invece l’ansimare della ragazza – questa volta presente al centro della scena – è riconducibile alle fatiche del crescere da parte degli adolescenti e in particolare di Lyz, appena sopravvissuta all’ultimo smacco della sua giovane vita.
Anche in Slalom lo sport è una disciplina che allena alla vita. In questo senso lo sci nel sua massima espressione performativa assume valenze metaforiche: il lanciarsi di Lyz lungo le scoscese piste di gara rende bene l’incoscienza e il coraggio con cui i giovani affrontano le paure adolescenziali.
Tra le altre cose nel film il rapporto simbiotico tra sport e vita esiste anche nel concreto in quanto ad un certo punto l’allenatore dice a Lyz quanto le possa essere utile in termini di risultati regolare il ciclo mestruale a quello dell’allenamento sportivo. Pubblico e privato alla fine coincidono.
Avendo fatto molto sport ho imparato a conoscere il mio corpo per poterlo usare nella maniera più efficace possibile. Il ciclo ormonale è un barometro della nostra forma fisica e mentale e gli allenatori sanno come usarlo per poter aiutare gli atleti a superare i propri limiti. Nello sport agonistico non esiste più la privacy e l’intimità: il corpo diventa uno strumento; nel peggiore dei casi uno strumento di piacere
Slalom può essere letto come l’incontro di due solitudini destinate a colmare i vuoti dell’altro: di Lyz, figlia di genitori separati e troppo impegnati a rifarsi una vita per occuparsi di lei; di Fred, artefice di una carriera interrotta anzitempo a causa di un infortunio. Entrambi hanno bisogno l’uno dell’altra: Lyz dell’attenzione da parte del suo mentore, Fred dei successi della sua allieva. In questo senso mi sembra che il film vada al di sopra della morale comune privilegiando l’umanità dei personaggi
Amo mettere in scena i difetti e le spaccature dei miei personaggi. Fred e Lyz sono due emarginati, hanno bisogno di essere riconosciuti e amati. Quando si incontrano, inconsciamente riempiono la loro dipendenza emotiva dando il cento per cento l’uno all’altro. Sfortunatamente Fred perde il senso del limite e non riesce a contenere le sue pulsioni sessuali. Diventa un predatore facendo di Lyz una vittima.
Più che sedurre Fred viene sedotto non tanto da Lyz ma da quello che lei rappresenta per lui. Per questo motivo penso si possa dire che il film non incolpa l’uomo per il venire meno alle sue responsabilità di persona adulta. A essere inaccettabile è l’egoismo che lo spinge a non corrispondere i sentimenti della ragazza, considerata solo in quanto estensione del proprio ego.
Si, esattamente. Non di poteva dire in un modo migliore.
In alcuni momenti Lyz appare ingenua e confusa come lo sono le ragazze della sua età, in altri forte del fascino e della bellezza della sua gioventù. Si tratta di stati d’animo istintivi e inconsapevoli che il film racconta non tanto con le parole quanto piuttosto con il corpo di Lyz, desiderato e desiderante, a secondo dei punti di vista.
In questo doppio ruolo mi sembra che Noée Abita sia straordinaria. Volevo chiederti come sei arrivata a sceglierla e quando le hai chiesto in termini di interpretazione
Per Noée, Lyz è stato veramente un ruolo composito. Non aveva mai sciato in vita sua! Ha lavorato molto per entrare nel corpo di una sciatrice. Per diventare Lyz ha imparato i movimenti e i comportamenti delle sportive. Per quanto riguarda la testardaggine e il carattere battagliero questa è un’altra cosa: Noée è un po’ così anche nella vita.