Riccardo Grandi, nel suo terzo lungometraggio “Weekend” (“Tutto l’amore del mondo” e “Passeggeri notturni”) sembra aver ben presente le regole del genere mistery.
Chi l’ha fatto? È su questo interrogativo che ruota la narrazione, gli inglesi usano l’espressione più calzante “Whodunit” (da “who done it”) per definire il genere. La cura dell’intreccio, il rimandare il più possibile la soluzione del mistero che dovrà essere sorprendente, ma al tempo stesso logica. Dissimulando indizi presentati allo spettatore in modo da lasciargli la possibilità teorica di formulare delle ipotesi prima della fine del film. Tutto questo è il mistery che incolla il pubblico allo schermo fino al chiarimento finale, fino a quando “tutto tornerà a posto”.
Quattro amici intrappolati in una casa isolata dalla neve, hanno una sola possibilità per sopravvivere… scoprire cosa è successo in un weekend di molti anni prima.
In uscita il 17 dicembre su Amazon Prime Video distribuito da Eagle Pictures. Prodotto Camaleo Film, TwisterFilm, Showlab, A.B.Film, sostenuto dalla Fondazione Calabria Film Commission e dalla Regione Lazio.
Un’altra scommessa di Grandi è stata quella di affidarsi a un gruppo di giovanissimi interpreti. Alessio Lapice (“Il primo re”, “Nato a Casal di Principe”), Eugenio Franceschini (“Sconnessi”, “Una vita spericolata”), Filippo Scicchitano (“Allacciate le cinture”, “Croce e delizia”), Jacopo Olmo Antinori (“I medici”, “Una questione privata”), Lorenzo Zurzolo (“Sotto il sole di Riccione”, “Baby”) e Greta Ferro (“Made in Italy”).
Un cast di volti nuovi. La sua è stata una scelta ben precisa?
Questa volta il più anziano sul set volevo essere io. Il cinema italiano è spesso ostaggio di cast troppo ricorrenti. Sono le facce a fare un film, ho risposto soprattutto a un’esigenza narrativa. In realtà, se devi raccontare la storia di un gruppo di ventenni non ci sono poi così tanti attori affermati di quell’età. Allora, meglio scommettere su delle promesse. Credo di aver avuto ragione.
Sì, in quel caso era tratto dai racconti di Gianrico Carofiglio. Qui, invece, ho ideato una storia totalmente inedita. Più che altro Weekend è un cross-genere: mistery e thriller. Mi sono divertito molto a girarlo. Sperimentare nuovi linguaggi, questo il futuro del cinema italiano. È il momento di prendere le distanze dalla commedia che ha dominato il mercato per troppo tempo.
L’impianto del film è strutturato su un continuo passaggio temporale
Sulla perenne dicotomia estate e inverno, luci e ombre. Un passato scomodo che ritorna. Questi quattro amici dovranno misurarsi
con gli errori che hanno commesso, su come sono cambiati e su come il passato torni a fare loro visita per regolare i conti.
La fotografia sembra cadenzare i salti temporali?
L’estate e l’inverno scandiscono, con la loro luce, i passaggi emozionali del racconto. Il sole e la luce calda sono la gioventù e la spensieratezza che incontriamo all’inizio della storia. Le cime algide e la cupezza dei notturni rappresentano un presente tenebroso in cui i protagonisti hanno qualcosa da nascondere.
Spesso ha usato uno degli escamotage del genere thriller la “motivazione simulata”. Quegli elementi che l’autore usa per portare fuori strada il racconto, impedendo al pubblico di intuire il finale.
Questo è un film che si può vedere due volte. La prima volta con uno spirito e la seconda con maggiore consapevolezza dei dettagli. E in questo la piattaforma offre la possibilità di farlo
Seguendo le storie dei singoli personaggi sembra proprio che ognuno abbia la sua verità
Ognuno di loro interpreta diversamente i fatti, con uno sguardo personale. La linea “mistery” del passato innesca le dinamiche del presente, dove ognuno dei quattro personaggi si trasforma in “detective” per fare giustizia e soprattutto per salvarsi la vita.
E così si svela il loro lato oscuro?
Non mi piacciono le storie in cui ci sono i buoni e i cattivi. C’è sempre un lato malvagio ed è più interessante raccontare i chiaroscuri. Tutti noi siamo sia buoni che cattivi.
Quanto è stata importante l’ambientazione?
Direi fondamentale, il rifugio sperduto tra le montagne è il luogo in cui i quattro giovani sveleranno la loro vera natura. Teatro di ciò che è accaduto e nascosto per troppo tempo. Infine, diventerà la loro prigione.
Dove avete girato?
Nel Lazio e in Calabria. Purtroppo il lockdown ci ha impedito di lavorare per diversi mesi e così ci siamo affidati a un efficace lavoro di effetti speciali per creare l’atmosfera innevata. Abbiamo ricostruito totalmente la baita in uno studio di posa mentre gli esterni, le scene estive, le abbiamo girate in Calabria. Qui ho scoperto il lago Arvo e i boschi della Sila, ideali per un racconto denso di mistero come il nostro.
Girato tutto in una stanza e fino all’ultimo respiro. Mi vengono in mente molti riferimenti cinematografici
Ho ben presente i capolavori di Polansky “Il coltello nell’acqua”, “Cul-de-sac” o nel caso di una commedia “Carnage”. E come non pensare a “Noda alla gola” di Hitchcock?
Non solo un duello psicologico ma anche tanta azione?
Ho chiesto agli attori un grande sforzo, la loro è stata una performance molto fisica. Lotte, inseguimenti e scontri cruenti. Abbiamo messo su delle scene piuttosto complicate.
In futuro continuerà la sua indagine sul thriller?
Sto già lavorando a nuova storia. Mi piace instaurare con lo spettatore un gioco psicologico. Indurlo a una fruizione attiva e non passiva del film. Accompagnarlo nella soluzione del mistero e
sorprenderlo con un finale inaspettato.
Tra le società di produzione del progetto c’è la Twisterfilm di Giovanni Amico. Alle spalle un considerevole background nel mondo della pubblicità e nei programmi televisivi. “Weekend” è il loro esordio nel cinema.
Giovanni, come è nata l’idea di Weekend?
Per noi è un vero e proprio debutto. Parallelamente stiamo lavorando a una docu-serie musicale con il maestro Giovanni Allevi che lo vede protagonista: “Allevi in the Jungle”, in uscita su RaiPlay. Weekend è un’idea nata due anni fa nella factory di Twisterfilm. Con il regista Riccardo Grandi abbiamo creato il team di sceneggiatori che ha sviluppato lo script. Poi, è nata la coproduzione internazionale con Camaleo e Showlab per l’Italia e A.B. film per l’Albania.
La vostra produzione ha vissuto momenti difficili. Avete realizzato il film a cavallo del lockdown
Nonostante i grossi danni causati dal Covid siamo riusciti a ripartire. Avremmo dovuto chiudere il film a marzo e invece, siamo riusciti a terminare le riprese a settembre. Abbiamo investito le nostre risorse in un prodotto in cui crediamo molto. La maestria del regista Grandi, l’uso degli effetti speciali sul set per ricreare la neve, l’ottimo lavoro di post produzione sono stati fondamentali per portare a casa il risultato.
Come avete scelto le location?
Io sono siciliano e conosco bene le montagne calabresi. La Sila è stata una vera scoperta. Qui abbiamo individuato anche la baita che ha ispirato il regista. Atmosfere che ben si sono adattate alla nostra storia. È stata una esperienza positiva. Abbiamo incontrato bravi interpreti calabresi e un ottimo supporto sul territorio grazie alla film commission.
Ora su cosa state lavorando?
Altri due film di genere. Uno nuovamente diretto da Riccardo Grandi e l’altro affidato alla regista Laura Chiossone.
Vi state specializzando in questo filone?
Credo che sia il più contemporaneo. Un linguaggio attuale che incontra il gusto del pubblico, soprattutto quello più giovane. Ci interessa esplorarlo. Il cinema italiano in passato ha fatto scuola, abbiamo le carte in regola per tornare a essere bravi.
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