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THE GOOD FIGHT: la recensione del bellissimo sequel di THE GOOD WIFE disponibile su Tim Vision

Continuano le storie dell'avvocato Diane Lockhart, che dallo studio legale Lockhart & Gardner passa a quello Reddick & Boseman, sempre pronta ad affrontare la giusta causa

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The Good Fight è la serie creata dai coniugi Robert e Michelle King che racconta le battaglie, politiche, sociali e professionali, di uno studio legale di Chicago. Le quattro serie finora prodotte sono disponibili su Tim Vision.

The Good Wife è stata una delle serie che sono più rimaste nel cuore degli spettatori televisivi. Probabilmente anche una delle più sottovalutate, probabilmente per un certo sospetto nei confronti di un genere (il legal-drama) che ha prodotto numerosissimi prodotti non sempre di qualità.

Nelle sue sette stagioni e nei suoi 156 episodi, si è staccata fin dall’inizio dal suo recinto e dalla comfort zone del genere per parlare di tutt’altro. Dalla politica, alla difficoltà delle relazioni interpersonali, fino a come il pubblico interferisca sempre nel privato e viceversa in un unicuum complesso e sfaccettato.

UNA DONNA MIGLIORE?

Dicevamo a proposito di The Good Wife: “Un tempo lei era una persona migliore, dice ad Alicia Florrick  il collega Cumming; “Lo so: ma chi non viene usato?”, risponde lei. The Good Wife è bello quanto tremendamente, assolutamente, disperatamente nichilista, per quel suo non offrire nessuna speranza di salvezza alla natura umana.”.

Un’opera profondamente, irrimediabilmente nichilista (e come potrebbe essere altrimenti, se racconta l’oggi?) che lungo le sue stagioni ha saputo dipingere e sviluppare i suoi personaggi in maniera esemplare, toccando vertici di lirismo e drammaticità mai visti sul piccolo schermo. Sincera e coraggiosa fino alla fine, nella sua conclusione dopo 156 episodi in una struttura ghignante ad anello, che ha deciso di chiudere la storia dei protagonisti (Alicia e Peter Florrick), anche se evidentemente gli autori non avevano detto tutto sui personaggi di contorno.

THE GOOD FIGHT

Perché poi tanto di contorno non sono mai stati: una delle caratteristiche più felici del serial dei King era proprio una straordinaria coralità, che non tralasciava mai nessun singolo ma che portava avanti le trame del gruppo in maniera coerente e soprattutto coesa. Al punto che questo cast di comprimari ha avuto bisogno di un’altra serie per continuare la sua esistenza: ed ecco allora la creazione di The Good Fight,  più un vero e proprio sequel che uno spinoff.

THE GOOD FIGHT

Se la buona moglie era Alicia Florrick (la perfetta Julianna Margulies, cresciuta nella recitazione lungo la serie), la giusta causa è quella di Diane Lockhart, interpretata da quell’attrice sopraffina che è Christine Baranski: e la serie allora conserva i personaggi che avevano ancora (molto) da dire eliminando quelli esauriti, proseguendo con quel meraviglioso mix di intelligenza, classe ed ironia colati su trame cervellotiche e labirintiche basate su casi sociali e politici reali.

Perché forse, nonostante Fight rispetto a Wife conservi il mood, a variare è l’impianto narrativo che prende la forma dell’attualità in maniera ancora più stringente del precedente, avvicinando ancora di più lo sguardo sulla politica.

L’AMERICA AI TEMPI DI TRUMP

D’altronde, siamo in piena era Trump: perché The Good Fight è la serie statunitense che più apertamente -insieme ad American Horror Story: Cult– ha esplorato i riflessi oscuri dell’elezione trumpiana, oltretutto con coraggiosa contemporaneità e senza peli sulla lingua. Quello che emerge dalla storia è un’America impazzita tra compromessi morali, tensioni sociali e razziali sempre più forti e il senso di scoramento della protagonista assoluta Diane – perché in fondo, sulle spalle della Baranski si regge l’intera serie che senza di lei e la sua interpretazione sempre sull’orlo dell’emozione pronta ad implodere ed esplodere perderebbe di senso.

THE GOOD FIGHT

“Reddick v Boseman” Ep 108– Episodic coverage of THE GOOD FIGHT. Pictured: Delroy Lindo as Adrian Boseman. Photo Cr: Patrick Harbron/CBS ©2017 CBS Interactive, Inc. All Rights Reserved

Il fulcro della serie dei King continuano ad essere interrogativi etici e complessi dalle molteplici sfumature. Davanti a questi vengono posti come in una scacchiera i personaggi aspettando poi che la reazione venga naturale e spontanea, facendo emergerne il carattere di ognuno.

IL #METOO, IL RAZZISMO E ALTRE STORIE

In The Good Fight la questione morale implica necessariamente decisioni difficili e altrettanto pericolosi quanto inevitabili danni collaterali: come ad esempio nella terza stagione, dove nel passato del fondatore dello studio legale Reddick, Boseman & Lockhart vengono ritrovati scheletri di molestie sessuali inaccettabili in piena epoca #metoo, mentre contemporaneamente il pensiero dichiaratamente liberal di Diane, che ha sempre vissuto con ovvia sofferenza il clima politico statunitense, si trasforma da malessere ad ossessione dai contorni grotteschi. Tutto questo anche grazie ad una regia sempre precisa e tagliente come un rasoio (come d’altronde i dialoghi): basta ricordare la sequenza dove Diane riflette sulla sua crisi coniugale mentre guarda l’ematoma presente sulla spalla dle marito, rendendo l’inquadratura del trauma fisico una ferita simbolo della crisi del personaggio.

 

 

THE GOOD FIGHT

  • Anno: 2017
  • Durata: 4 stagioni, 41 episodi (in corso)
  • Distribuzione: Amazon Prime Video (st.1), Tim Vision
  • Genere: legal drama
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: aavv

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