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This is us: arriva la 5 stagione della serie che parla di noi
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4 anni agoon
Arriva la 5 stagione di This is us , il serial drama ideato da Dan Fogelman nel 2016 è una vera e propria saga familiare. Racconta infatti di Rebecca e Jack (rispettivamente Mandy Moore, notissima cantautrice statunitense, e Milo Ventimiglia, ex star di HEROES) in attesa della nascita dei loro tre gemelli: dopo il parto però uno dei bimbi morirà, e contemporaneamente il caso vuole che i pompieri trovino un trovatello davanti la caserma, portandolo in ospedale. Il bambino verrà adottato dalla coppia.
DALL’INIZIO
This Is Us nasce con una precisa identità narrativa: le storie della coppia principale -Jack e Rebecca- alternate a quelle dei loro figli adulti -Randall, Katie e Kevin- andando avanti e indietro nel tempo creando così un effetto straniante sul racconto tra piani temporali differenti.
Il successo ha baciato la creatura di Fogelman facendo sì che la serie andasse avanti fino ad oggi, 2020, con una quinta in onda e una sesta già confermata, variando ovviamente sulla struttura: lo slittamento dei piani temporali è stato mantenuto, ma all’interno del racconto sono stati creati degli anelli di congiunzione tra l’oggi e il ieri anticipando alcuni contenuti e creando un effetto suspense sul come e sul quando sarebbero avvenute cose che gli spettatori già sapevano.
Questo ha fatto sì che la storia della famiglia Pearson subisse delle piccole modifiche in corso d’opera, senza però snaturare il concept originale: ma contemporaneamente, una certa ripetitività di situazioni a lungo andare soffocanti.
NOI COME NOI
Detto così, lo stile del racconto sembra più complicato di quanto in realtà è: la sapienza della sceneggiatura sta infatti nel rendere incredibilmente scorrevole la narrazione, rendendo allo spettatore nello stesso tempo semplice ed accattivante la visione. Il problema più che altro sta a monte, proprio nella resa emotiva della messa in scena.
This Is Us parte, già dal titolo, come qualcosa che deve parlare di noi: la nostra realtà e l’immagine che proiettiamo, perché noi siamo una storia vera ma anche a volte parte di una fiction. Un quotidiano dove tutto capita qui e ora, nella stessa dimensione, nella stessa scena: un presente perenne, insomma, con una sorta di continuum spazio-temporale azzerato dove l’adesso è inscindibile dal prima e dal poi.
Tutto quest’impianto teorico è estremamente affascinante, e coinvolgente, e stilisticamente molto interessante specialmente se messo a confronto con la realtà che viviamo, fatta di un incredibile mole di suggestioni e stimoli visivi che fanno sì che a volte sia inscindibile il reality show dalla vita vera, il passato dal futuro.
Peccato che This Is Us, nel momento in cui si fa storia, perda il fascino teoretico e diventi, troppo spesso, una soap opera sotto mentite spoglie, una realtà trasfigurata dalla magia del racconto visivo che si traduce in una narrazione zuccherina e lontanissima dalla vita vera. Fogelman scrive e Glenn Ficarra e John Requa dirigono: la categoria è quindi il family-drama che a volte sta stretto al serial, che svicola la sfacciataggine del clichè con un intelligente montaggio alternato.
Ma l’obiettivo di voler raccontare la vita senza troppi orpelli diventa un’affannosa e affannata ricerca del quotidiano in una visione idilliaca anche della tragedia: i personaggi soffrono ma lo fanno sempre a tema, gli attori (tutti bravissimi) si interscambiano i volti e le età ma restano ancorati ad una recitazione fatta di faccette e smorfie che dopo cinque stagioni sono diventate stucchevoli.
Dove la prima stagione lasciava il beneficio del dubbio in un interstizio tra teoria e pratica; la seconda e soprattutto la terza confermano i dubbi e le incertezze scivolando in una narrazione che gira sempre intorno ad una ostentata bontà di fondo.
Facciamo un paragone semplificatore ad esempio con un’altra serie rimasta nel cuore dei fan come Brothers & Sisters: senza la pretesa di Fogelman di raccontare la vita vera, l’opera in cinque stagioni di Jon Robin Baitz non era esente da una linea di cattiveria di fondo che rendeva accettabile ogni compromesso con i clichè del family-drama.
Il problema di This Is Us è quasi l’opposto, invece: la presunzione di voler essere il ritratto degli Stati Uniti e anche l’evoluzione della società, dell’essere umano e della sua dimensione sociale e privata scivola facilmente su una patina di buonismo e buonsenso che dirottano il racconto verso lidi lontanissimi da quella vita vera che vuole mostrare. Certamente, resta sempre l’intelligenza con cui vengono scritti i salti temporali e descritte le situazioni che tra conflitti, viaggi nel futuro e innamoramenti si ripiegano in continuazione, come un pendolo che va indietro per andare avanti e alla fine torna sempre al suo punto d’origine.
Ogni puntata inizia e finisce sempre, infatti, nello stesso posto, come un racconto che deve espandersi ma si ferma e ricomincia, come se l’unica possibilità di mobilità fosse il guardarsi indietro per dare un senso alle frustrazioni che logorano i personaggi.
La formula, come si diceva all’inizio, funziona: e a voler passare sopra alla quantità di melassa che da cinque anni si rovescia in tv, va detto che This Is Us è almeno onesta, perché fin da principio non nasconde la sua inclinazione al dramma fuori luogo, alla passione per i clichè romantici, ed infatti dalla quarta stagione si cerca di proporre qualcosa di nuovo: che sono stati prima tre personaggi nuovi (poi rivelatisi un riflesso di quelli già noti, come a confermare quanto detto sopra), e in questa quinta disponibile come sempre su Fox dei canali Sky si sceglie invece di avvicinare la serie all’attualità più vicina, inserendo –non senza forzature stonate- il dramma del Covid e il Black Lives Matter. Che, si può affermare con relativa sicurezza, saranno affrontati e superati con la perseveranza della bontà ottimistica di cui è afflitto l’insopportabile Jack di Ventimiglia.
Che così, di punto in bianco (perché la puntata 5×01 riprende esattamente dove ci eravamo lasciati con la 4×18), piombano nella vita di Katie, Randall e Kevin rendendo difficile ogni immedesimazione e ancora più fastidiosa la volontà di essere come noi. Insomma, una proposta intelligente che però non perde il vizio del filmino familiare che è bello ma alla fine annoia.