ll documentario della regista e sceneggiatrice Patrizia Fregonese De Filippo ci proietta in una sorta di porta temporale tra presente e passato, attraverso le immagini di repertorio e le interviste di giovani e giovanissimi.
Il periodo storico scelto e messo a confronto e in relazione con il presente è un momento fondamentale della vita culturale e sociale della storia contemporanea: il ’68.
Colpisce la delicatezza e l’eleganza con cui la regista romana riesce a comporre il mosaico di visi e biografie di una moltitudine di persone, che se non fosse per la consapevolezza di un tempo reale, sembrerebbero appartenere a delle epoche lontanissime.
Il tema centrale sono “i sogni” e nello specifico quelli di uguaglianza e libertà portati avanti con le proteste degli studenti e dei lavoratori del periodo sessantottino, guidate dal fervore politico e dall’ideologia più pura e autentica: fasce sociali che avrebbero voluto cambiare il mondo e in parte ci sono riusciti, seppur scontrandosi con il sistema capitalistico di sempre.
Oggi le forme di rivolta e di evoluzione sociale sono sostituite da una sorta di limbi pseudofelici, in cui i giovani si rifugiano e tra i più noti, oltre al divertimento più canonico, spiccano il Cosplay, ovvero il travestimento in celebri e meno celebri personaggi d’animazione e dei fumetti.
Questa tendenza è messa a fuoco in modo approfondito dal film “Che fine hanno fatto i sogni” attraverso un’indagine attenta senza essere volutamente critica, ma solo manifestando una sana curiosità generata dai reali motivi che hanno spinto intere generazioni di oggi a investire tanta passione nell’immedesimarsi in personaggi di fantasia.
La maggior parte dei ragazzi intervistati dimostrano di non avere aspirazioni altissime, ma rivolgono il loro sguardo verso mondi “Unconventional” come le competizioni di videogamers professionisti, oggi miliardari, oppure sport estremi come lo spericolato “parkour”, nato sui tetti parigini già da una trentina d’anni.
Colpisce la ricerca che ha condotto Patrizia Fregonese verso delle forme d’espressione comportamentale e mentale, che stanno sempre di più facendo breccia nel cuore delle giovani generazioni, le quali a differenza di quelle dei genitori o nonni, non basano le loro passioni sull’ideologia o l’impegno sociale, ma sulla fantasia e l’evasione.
Tutto questo assieme alle loro interviste ricche di sospensioni di pensiero o di dolci incertezze, non fanno che condurci verso una riflessione inevitabile: ”Che fine hanno fatto i sogni?”
La verità è che nel valido documentario già selezionato per i festival internazionali, salta all’occhio un’enorme cambiamento nella manifestazione degli interessi dei giovani di oggi rispetto agli impegnati e scalmanati ragazzi degli anni 60/70, che oggi appaiono sempre più lontani come se quelle emozioni dovute al desiderio di libertà e liberazione dalle ingiustizie siano state cristallizzate in un’immagine ormai diventata storia e forse non nota come noi adulti pensiamo che sia.
Un nuovo modo di sognare e comunicare l’idea di perfetta felicità sembra si stia sostituendo del tutto alle immagini di manifestazioni, molotov, occupazioni e lotte sindacali, un mondo in cui l’aspirazione alla felicità ha dei parametri molto meno pretenziosi, come se si volesse evitare una delusione inevitabile o forse è colpa degli adulti se i nostri ragazzi hanno dovuto rinunciare a un mondo che sanno inglobato e poi fagocitato inesorabilmente dalla società crudele.
Allora avanti con i Supereroi forse loro potranno salvarci dal male.