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FESTIVAL DI CINEMA

#Torinofilmfestival – “Il buco in testa”: Antonio Capuano racconta perché Maria S. ha voluto incontrare l’assassino di suo padre.

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il buco in testa

La scia dei morti e del dolore causati dagli scontri ‘politici’ degli anni Settanta, che coinvolsero molte più persone di quelle assassinate, lascia tracce che arrivano fino ai giorni nostri. Tanti i familiari delle vittime coinvolti da episodi tragici, ma pochi fra questi coloro che hanno voluto incontrare chi tolse la vita al padre, al marito, al fratello. Fra questi c’è Antonia Custra, figlia di un vicebrigadiere di Pubblica Sicurezza, Antonio Custra, di 25 anni, del III Reparto Celere, assassinato a Milano nel maggio del 1977 durante una manifestazione, appena due mesi prima che Antonia nascesse: lei, il padre non l’ha mai conosciuto eppure, per tutta la vita, ha cercato di riempire un vuoto, di dare un senso a quella morte, sentendosi sempre irrisolta, senza riuscire a trovare pace e stabilità, fino alla sua scomparsa prematura, avvenuta nell’agosto del 2017 a soli 40 anni.

Il buco in testa”, ultimo film del regista Antonio Capuano, presentato in anteprima mondiale, fuori concorso, al TFF e prodotto da Eskimo e Rai Cinema, si ispira liberamente alla vera storia di Antonia (nel film chiamata Maria S.) la quale, tra mille indecisioni e tormenti, decide di andare a Milano per incontrare Mario Ferrandi, l’uomo condannato per l’omicidio del padre: la ragazza, giunta a prendere questa decisione dopo un lungo travaglio, sceglie di dare parere favorevole quando Ferrandi chiese e ottenne la riabilitazione.

Dimmi il motivo per cui vuoi fare un film sulla mia vita”, disse la ragazza. Eravamo al telefono – racconta il regista Capuano – io non la conoscevo, né l’avevo mai vista, avevo solo sentito la sua voce alla radio, un’intervista. Era nata nell’autunno del 1977, in una cittadina della fascia costiera a sud di Napoli, orfana di padre. Un padre ammazzato prima che lei nascesse. Il racconto che ne faceva era semplice, spedito, quasi allegro. I media le stavano prestando attenzione, perché questa ragazza – dopo 30 anni! – aveva voluto incontrare, caso unico, l’assassino del padre. “Lo volevo guardare negli occhi”, diceva. “Forse sarei riuscita a liberarmi dall’odio che mi blocca da quando sono nata. Ho un buco in testa, dal quale ancora non riesco a venir fuori.”

Girato a Torre del Greco, a parte le scene nel capoluogo lombardo, il film è affidato ad attori provenienti dal teatro, ed emergono nell’opera elementi di forte teatralità, come il rivolgersi della protagonista direttamente agli spettatori, i monologhi diffusi, ed una regia che segue gli attori, in particolare la protagonista, da vicino, nella sua ricerca di significato.

Nel film, Maria S. vive vicino al mare, in provincia di Napoli. Ha un lavoro precario, nessun amore e una madre praticamente muta, ferma al giorno in cui, poco più che ventenne, è divenuta vedova. Un giorno apprende che l’omicida del padre ha un nome, un volto, un lavoro: ha infatti scontato la sua pena e vive a Milano. Si tinge i capelli e prende un treno veloce per andare a incontrarlo, porta con sé una pistola, pensando “adesso so chi odiare”, ma si trova di fronte un uomo complesso, pacato, che ricorda di aver sparato ad una massa indistinta non alla persona singola che disgraziatamente morì nell’episodio del ’77, un uomo che ha pagato, e non solo con 30 anni di carcere, il male fatto, carnefice e vittima al tempo stesso del suo gesto.

La vita di quella ragazza “nata morta” come lei diceva di sé, bisognava farla conoscere, rivivere continua il regista quell’emozione, quella storia, dovevo trasferirla, muoverla avanti Mi misi subito a cercare i suoi recapiti e le telefonai. Le dissi che l’avevo sentita alla radio e quanto mi era piaciuta. Le dissi il mio nome, cognome, quello che faccio. Lei mi ringraziò, sembrava semplice e franca. Poi le dissi che avrei voluto, dalla sua storia, tirar fuori, potendo, un film. Lei cominciò a difendersi, sottrarsi. Diceva che la sua storia era troppo brutta. ”Non tengo la testa per queste cose, e poi da che so’ stata a Milano e l’ho incontrato… mi pare, non lo so, che qualcosa sta cambiando. Come se averlo conosciuto mi avesse squagliato tutti i brutti sentimenti.” Ma se non raccontiamo queste cose al cinema a che ci serve il cinema? dissi ad Antonia.”

Capuano, giunto alla maturità artistica, propone una lettura dei personaggi e della realtà a più livelli, mostrandosi interessato a sapere dove sono adesso, cosa fanno e come vivono i protagonisti della “lotta armata” degli anni ‘70, in Italia e in Europa, ma al tempo stesso contestualizza i loro traumi e cerca la loro verità nell’oggi, nell’intreccio delle esistenze tra causalità e caso. Perfettamente calata nel ruolo, che interpreta con calore e versatilità, l’attrice tarantina Teresa Saponangelo, nota per numerose fiction televisive ma soprattutto per le tante esperienze teatrali.

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