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Incubi ad aria condizionata. Conversazione con Carlo Lavagna regista di Shadows

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Presentato in anteprima all’ultima edizione di Alice nella città, Shadows continua a sviluppare una poetica, quella del regista Carlo Lavagna, in cui l’importanza dell’elemento psicanalitico si unisce al mistero della suspense narrativa. Dal 19 novembre on demand.

 

Il senso di Shadows, il tuo secondo lungometraggio, si palesa fin dai titoli di testa, in cui vediamo la protagonista emergere dal buio dello schermo, colta sul punto di svegliarsi da un incubo. Il film viaggia su questo eyes wide shut, con il riferimento tutt’altro che peregrino al cult di Stanley Kubrick: Shadows infatti si muove tra sogno e realtà e ancora  tra figure archetipe ed elementi psicoanalitici. Volevo chiederti se la mia  affermazione sulle forme e sulla struttura del film ti pare plausibile.

Assolutamente plausibile. Di archetipi ce ne sono molti, a cominciare dalla presenza di un luogo isolato per continuare con quelle della caverna e del bosco. C’è l’imperatrice madre. Se poi vogliamo anche parlare di archetipi presi dai tarocchi, il numero aumenta. Il riferimento a Kubrick non è così peregrino, se consideriamo la valenza svolta dall’albergo.  Avevamo bisogno di un un’ambientazione chiusa, ma che avesse lo spazio necessario per dar modo alle ragazze di muoversi. Si tratta di una struttura abbastanza grande, ma non enorme. Caratteristiche che, insieme al fatto di essere circoscritto, ne fanno  un po’ uno specchio dell’anima delle protagoniste. C’è poi il luogo dell’intimità rappresentato dalla casetta costruita in cima all’albergo; quelli della condivisione materna sono invece la loro camera e ancora il bosco.

L’albergo è uno dei protagonisti del film. Inquadrato in campo lungo e caratterizzato da numerose vetrate, esso appare più una gabbia che un luogo amico. La peculiarità del suo spazio ti dà modo di esprimere non solo la sensazione di claustrofobia, sintomo della costrizione subita dalle ragazze.  L’ampiezza degli ambienti infatti ti consente di materializzare gli incubi della protagonista.

Esatto. La difficoltà del film in generale era la claustrofobia del luogo e il fatto che fosse una storia ambientata sostanzialmente di notte, con tre sole attrici in scena. Sotto il profilo della regia, Shadows ha delle complessità non indifferenti. Bisognava muoversi in questo campo minato, riuscendo nel contempo a rendere il film piacevole e straniante nella sua visione. Senza il raggiungimento di questi effetti, Shadows poteva essere un film a rischio.

Come detto, Shadows si confronta con simboli e metafore che riguardano anche il significato dei nomi assegnati alle protagoniste: se Alma è, nell’accezione latina del termine, l’anima delle cose, colei a cui è affidato il compito di creare, rimandando in questo alla funzione svolta dal personaggio di Mia Threapleton – figlia di Kate Winslet –  all’interno della storia,  Alex è colei che protegge, funzione  effettivamente svolta dalla ragazza nei confronti della sorella. Questo gioco di parole suggerisce ancora una volta la presenza di una duplice dimensione e, senza svelare troppo, il fatto che nel film tutto nasce dalla paure più nascoste, quelle che di norma impediscono alla vita di fluire. Ti pare una lettura plausibile?

Assolutamente plausibile. Come  giustamente dici, Alex è colei che protegge. In più è un nome androgino e dunque doppio per antonomasia, come del resto lo sono molti aspetti all’interno della storia. Shadows è costruito su questo gioco di riflessi, che era mia intenzione far riverberare nel modo che tu  hai colto.

Al pari di Arianna, l’acqua è elemento psicanalitico, in quanto  sinonimo di scoperta e di rinascita personale. Succede ad Arianna così come ad Alma.

Nella storia c’è una vera e propria rinascita che porta alla risoluzione del film attraverso la riscoperta di se stessa da parte di Alma. Metaforicamente, si tratta di un nuovo battesimo, necessario a farla entrare nella nuova vita. Come sappiamo, il rito prevede di immergersi nell’acqua per poi uscirne. In Shadows questa cosa accade in maniera quasi didascalica.

Parlando di meccanismi di genere, mi ha colpito il rigore con cui riesci a celare fino all’ultima scena le ragioni del mistero che sta dietro alle paure di Alma.

Perché per me fa più paura quello che non vedi: è il terrore in sé a provocare spavento, non la sua materializzazione. Per contro, nel momento in cui reifico l’elemento terrorizzante, secondo me questo finisce per svilirsi, a meno che  non sia un elemento catartico. Nel nostro caso una liberazione c’è, ma questa si compie con la fine dell’elemento che induce paura. La morte virtuale di questo perturbante produce il rilascio di energia. In poche parole, la rinascita di cui si parlava.

Efficace è anche il modo  in cui  la narrazione riesce a stare in bilico tra sogno e realtà. Spesso la protagonista è colta nel momento di risvegliarsi, anche se non siamo mai certi del livello di realtà in cui ci troviamo: se cioè quello che vediamo succede davvero o se è solo frutto dell’immaginazione (onirica) di Alma.

Anche questo fa parte della distopia del film. La domanda era come rendere un luogo distopico in maniera non del tutto intellegibile. La risposta è stata quella di creare queste scatole cinesi fatte di sogni non sogno e di realtà non reali. Se ci pensi, nel momento in cui ci hanno chiuso in una casa per tre mesi a causa del covid, a cambiare è stata  la nostra percezione del tempo e nello specifico lo scarto tra la  veglia e il sonno. Almeno a me è successo così. Shadows sembra  un film distopico, ma  è realista: la differenza è che lo è da un diverso punto di vista. Questo per dire che per me era essenziale creare una dimensione capace di fare da filtro tra il sonno e la veglia.

Shadows è immerso in in atmosfera da incubo, che sembra il riflesso delle esperienze più intime della protagonista. L’incubo nell’antichità era considerato una presenza malefica maschile che opprimeva le persone. Considerando che i personaggi sono solo donne e che le protagoniste sono adolescenti, è chiaro che alcune paure hanno una matrice di natura sessuale: penso a quando le ragazze leggono furtivamente il giornale pornografico, oppure alla madre che non dà loro da mangiare, rimandando a una privazione di tipo carnale. D’altronde, nei tuoi film ci sono spesso riferimenti all’eros dei più giovani.

La tua interpretazione è plausibile. In Shadows c’è sempre qualcosa di inespresso, comunque sottaciuto.   . L’incubo è a monte ed è la precondizione  del film nel  momento in cui entriamo nei suoi meandri, nelle sue sfumature, nei risvegli, nell’alternanza tra giorno e notte.

Per come Shadows è girato, diventava fondamentale la bravura delle attrici. Poi, è vero che il film è girato per lo più in interni, ma filmarlo nei luoghi previsti dalla sceneggiatura gli infonde una luce e un’energia che altrimenti non avrebbe.

Per quanto riguarda l’Irlanda mi sono trovato benissimo, perché le persone erano meravigliose. La luce è pazzesca, il cambiamento di tempo incredibile. L’Irlanda è il posto più variabile che abbia mai visto e questo ha reso un po’ difficili le riprese per via dei continui cambiamenti di luce. La scelta di girare lì è stata dettata dal fatto che si trattava di una coproduzione con quel paese. In realtà e per fortuna, non me ne sono pentito!

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Shadows di Carlo Lavagna

  • Anno: 2020
  • Durata: 100
  • Distribuzione: Vision Distribution
  • Genere: horror, thriller
  • Nazionalita: Italia, Irlanda
  • Regia: Carlo Lavagna
  • Data di uscita: 19-November-2020