His House: su Netflix un buon horror di impegno sociale
Disponibile su Netflix, His House è tra i nuovi e migliori horror offerti dalla piattaforma streaming, che utilizza la lente dell'horror per trattare di tematiche attuali e delicate quale l'immigrazione.
Presentato al Sundance Film Festival, distribuito da Netflix, dove è disponibile dal 30 ottobre, His House è un horror psicologico assolutamente notevole e sorprendente.
Bol (Sope Dirisu) e Rial Majur (Wunmi Bosaku) sono appena giunti dal Sudan in un sobborgo londinese, dove viene loro assegnata un’abitazione fatiscente. I problemi sorgono nel momento in cui le pareti cominciano a rivelare interstizi e falle che celano oscure presenze.
His House | Da Jordan Peele al tema dell’immigrazione
Paragonato da alcuni ai lavori di Jordan Peele, il film scritto e diretto da Remi Weekes – qui al suo debutto nel lungometraggio – integra il genere cinematografico con tematiche di un’attualità e una complessità disarmanti. L’immigrazione in primis.
Volendo evitare spoiler su una trama di per sé alquanto interessante, non possiamo non evidenziare le derivazioni negative legate alla questione. Uomini e donne costretti a scappare dalla loro terra, dalle loro case, a compiere gesti estremi e a conviverci.
His House spinge a una riflessione profonda e dolorosa. Il fatto che riesca a farlo anche attraverso la lente dell’horror lo rende un’opera quasi unica. La narrazione conduce lo spettatore a comprendere meglio le cose in maniera graduale. Inevitabilmente si viene condotti in questo vortice di distruzione e disperazione al fianco dei protagonisti.
Tra mostri e demoni personali
Bol e Ryal acquistano così spessore; emerge la loro umanità più vera, concreta e attraversata da sentimenti diversi. L’amore li tiene legati, ma sotto c’è altro: il bisogno di sentirsi a casa, far parte di una famiglia, avere uno scopo. Il senso di appartenenza gioca un ruolo di grande forza, nelle varie sfumature che può assumere.
L’uomo e la donna dipendono l’uno dall’altro, in senso fisico e spirituale. Quando il primo comincia ad avere le allucinazioni, la seconda ne subisce le conseguenze. Se la coppia si sfalda, le fondamenta cedono.
L’appartamento fa da specchio alla situazione. Lentamente, inesorabilmente, le crepe si allargano e ne vengono fuori esseri dai tratti mostruosi. Ma chi sono i veri mostri?
Dall’altra parte della “staccionata”, chi offre ospitalità, rifugio, non sembra mostrare rispetto, o la giusta dose di comprensione e disponibilità. I protagonisti si ritrovano a lottare contro molteplici elementi avversi. Non esclusivamente sovrannaturali.
Oltre il semplice horror
La chiave psicologica interviene infine a chiarire alcuni passaggi, ma non tutti. Quelli che appartengono alla sfera della realtà, dell’attualità, purtroppo non hanno bisogno di tante spiegazioni. Vanno semplicemente e drammaticamente considerati per quello che sono.
Viviamo in una società intollerante, egoista, violenta. In uno scenario del genere diventa fondamentale trovare un’ancora di salvezza, un appiglio per non sprofondare nell’abisso, che un giorno o l’altro si potrebbe aprire sotto i nostri piedi.
La metafora dell’acqua, delle onde, contribuisce a rendere ciò in immagini. Come in ogni horror che si rispetti, His House esibisce e gioca con un’atmosfera densa, viscosa, dove si percepisce una minaccia costante. L’uso oculato del sonoro fa il resto. Se dal punto di vista tecnico, ciascun reparto collabora all’ottimo risultato finale, parte della riuscita del progetto è da ascrivere al buon cast (proveniente dal piccolo schermo).
Dopo essersi distinto in Gangs of London, Sope Dirisu incarna un altro personaggio tormentato dai segreti e dal passato, mentre la bravissima Wunmi Mosaku sveste i panni della decisa Ruby di Lovecraft Country e si ammorbidisce per dare vita alla sua Rial.
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