Prodotto da Nymphéa Productions e Filmin’Tuscany., Anna Rosenberg di Michele Moscatelli è un’opera kammerspiel finemente sceneggiata da André Delauré, scrittore francese di romanzi thriller e polizieschi.
E queste atmosfere ci sono tutte, indubbiamente, in quest’opera recitata da soli tre attori, claustrofobicamente rinchiusi dentro un ufficio di polizia. La stella, o la bella, è la nostra Claudia Gerini, che recita a suo agio in francese nei panni di Anna Rosenberg. La bestia è il capitano Jacques Duval, il gelido ma sudatissimo Christophe Favre. Il terzo, che è lì ma è come se non ci fosse, è Pasquale Greco nei panni di Marco Scavino.

Anna Rosenberg di Michele Moscatelli: la trama
Integerrima ed elegante, sale le scale seguita morbidamente dalla macchina da presa, nella scena più dinamica di tutto il film. Dal momento che accederà a quell’ufficio, le pareti si chiuderanno su di lei fino a farla scomparire. Descritta nella sua dignitosa e cosciente bellezza, la Gerini porta la sua donna al confronto con quest’uomo, algido e disgustoso.
L’interrogatorio si dichiara sin da subito essere uno spietato affondo, a tratti disturbante, che il capitano si gusta verso l’anima della propria vittima, mentre il collega assertivo e senza un’opinione presenzia più come fosse un tifoso che un testimone.
Via via che l’intreccio si dipana, questa madre e donna con qualche sfuriata a suo carico, viene svestita di tutta la sua storia, di ciascun più intimo dettaglio, rigirato e ingigantito senza alcuna premura. Osservata come avrebbe potuto esserlo solo la Julia di Orwell, sciorinata dagli archivi misteriosi come fosse niente più che una pratica.
Il problema dei vostri archivi è che loro non dimenticano, non sono umani, sono di materiale grezzo, come questi muri.
Conosciamo Anna battuta dopo battuta: madre, disoccupata, scrittrice. La sua colpa è di avere un pensiero, una sua morale diversa da quella che “l’ordine” vorrebbe fosse mantenuta. E di averne fatto romanzo nei suoi libri. È a quel punto che il capitano si rivela nel suo tentativo di individuare una colpa, una intenzione maligna, dietro il pensiero atipica della donna.
Lo stress e la tensione del sopruso nei confronti di una donna si ribaltano, cambia la musica: la donna diventa un’assassina, un’iniettatrice di male, una sollevatrice di folle, e il cerchio si stringe attorno al suo collo. Spuntano dei cadaveri.
Ma non è Anna l’assassina, il suo pare piuttosto un reato di pensiero. Ciò che la Rosenberg ha formulato e fatto storia, ciò che la sua penna ha creato, è quello che Duval considera la colpa, la ragione sufficiente per evirare e sradicare questo pensiero reazionario.
Terrore e disgusto nell’interpretazione di Christophe Favre
Christophe Favre è un contraltare eccellente al candore e alla femminilità di Claudia Gerini. Ridondante nei modi, madido, banalizzato volontariamente da un rotolo di carta igienica con cui si tampona la fronte. L’apice è raggiunto da questo dettaglio su cui Moscatelli insiste: il capitano accusa personalmente la donna per quello che rappresenta e che si presume possa fare, mentre “penetra” il collo di una bottiglia con il dito. È disgustoso e disturbante, alle soglie dell’irritazione. Una donna spogliata e attaccata fisicamente (anche se in forma virtuale), che tuttavia gestisce la tensione e le accuse con dignità.
Il pubblico è accompagnato costantemente da questa colonna sonora assillante (firmata da Fabien Garosi): la musica non abbandona mai il dialogo, con un uso quasi tradizionalista del suono di contorno. La tensione incalza, la macchina da presa usata a mano si avvicina e rimbalza tra uno e l’altro. Mentre il capitano Duval si guadagna un primo piano strettissimo alla Sergio Leone ben prima della sua sfidante, Anna rimane in piano medio e solo più tardi ci sarà permesso avvicianrci.
Dopo 35 minuti il film ha già ubriacato di parole, è pesante, si vorrebbe tirargli un pugno, a quel viscido. Ma l’invettiva continua e Anna Rosenberg di Michele Moscatelli, diventa a tutti gli effetti l’abusata della situazione.
Sono vacanze per vostro marito quando state zitta.
Una riflessione densa sul pregiudizio e la responsabilità
Quale responsabilità ha un pensatore in quest’era in cui le persone sono esposte e vacillano tra il giusto e lo sbagliato? Quanto si può essere perseguibili per le proprie idee se queste “inducono” atti che nuocciono ad altri? Dove finisce quindi la libertà di pensiero e inizia il rispetto dell’altro? La posizione che il capitano sostiene non è banale: e altrettanto difficile è prendere posizione dandosi una ragione e dando una ragione alla propria coscienza.
“I suoi scritti sono concime.”
“Nessuno l’ha obbligata a leggerli”
“Possono finire nelle mani di chiunque”
Ma, nulla di tutto questo giustifica neppure minimamente la follia del gesto finale. Eppure, sappiamo in cuor nostro che quella filippica sulla moralità dei suoi romanzi, sarà ciò che scagionerà le mani nude che hanno ucciso. Sarà ciò che legittimerà il morto, che consacrerà Anna Rosenberg a vittima di femminicidio impunito. E che fosse donna a quel punto, non è che l’aggravante.