Gagarine, scritto e diretto da Fanny Liatard e Jérémy Trouilh, è stato presentato ad Alice nella città. Il film d’esordio dei due registi francesi era uno dei titoli selezionati per il Festival di Cannes che nel 2020 non si è svolto. Ha trovato, così, spazio nella sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma. Prodotto da Haut et court e distribuito in Italia da Officine UBU, il film è ora su MUBI.
Trama di Gagarine
Gagarine vede protagonista il sedicenne Youri battersi per il suo sogno più grande: salvare dalla demolizione Cité Gagarine. Alla periferia di Parigi, il complesso residenziale, un tempo simbolo di progresso, sta per essere demolito ma Youri, che ci è nato e cresciuto, non vuole rassegnarsi. Mentre gli appartamenti attorno a lui si svuotano, il ragazzo che porta il nome del primo uomo andato nello spazio, mette il talento ingegneristico e una fantasia “cosmica” al servizio di un sogno.
Recensione
L’individuo non può prescindere dal sogno e da un luogo comunitario di appartenenza, elementi che lo formano e indirizzano. Sono questi tre i punti fondamentali racchiusi nel nome e nella storia di Gagarine. Il film mostra la vita di Youri, un giovane francese che abita in un complesso residenziale nella periferia di Parigi. La Cité Gagarine è realmente esistita, costruita negli anni ’60 e demolita nel 2019, poco dopo le riprese del film, costringendo molti nuclei familiare al trasferimento. Gagarine inizia con le immagini di repertorio della sua inaugurazione, con la presenza del cosmonauta russo Jurij Gagarin, il primo uomo andato nello Spazio, dal quale prese il nome.
È ambientato e radicato, dunque, nelle banlieue parigine ma, a differenza di altri film dal tema simile, non ne rappresenta la violenza, la pericolosità e la miseria. Il racconto si sviluppa attorno al senso di appartenenza, al legame che unisce la persona alla propria comunità e al proprio spazio. Un film dal duplice protagonista, Youri e Gagarine, il complesso residenziale, che è un vero e proprio personaggio. La sua presenza è una costante, si staglia nell’inquadratura, appare nei riflessi dei vetri, ne osserviamo le profondità desolate e misteriose. Liatard e Trouilh lo inquadrano dandone risalto geometrico e persino come segno di punteggiatura tra una sequenza e l’altra.
Lo spazio come protagonista
La rilevanza nel racconto è ancora più evidente per il rapporto che il protagonista ha con esso. Youri è nato e cresciuto lì, costituisce tutto il suo mondo ed è come se fosse la sua unica figura genitoriale, visto che abita da solo. Ne conosce ogni angolo, può ascoltare ogni suono e tenta in tutti i modi di risolvere e riparare gli innumerevoli malfunzionamenti prima dell’ispezione che può decretare la demolizione. Un luogo fortemente antropologico che esalta il rapporto tra spazio e persona, con un nucleo sociale decennale, composto da molteplici etnie a formarne una sola. Una comunità che viene spinta allo smembramento in un mondo che, malgrado un’apparente rete di connessioni illimitata, produce individui singoli e isolati. La visione della comunità si spinge anche ad una riflessione sulla comunicazione e sulla lingua, le cui differenze spesso costituiscono un motivo di scontro.
E così sia la Cité Gagarine che il campo rom in cui abita Diana, amica di Youri, sono destinati allo smantellamento. Nel secondo caso anche improvviso, senza che lei abbia il tempo di recuperare le proprie cose. Youri però non si rassegna, dopo aver fatto di tutto per salvare il complesso di edifici non accetta di allontanarsi. Come per Novecento in La leggenda del pianista sull’oceano, non c’è altro per lui, al di fuori di quello che non è un semplice luogo, ma un’emanazione del proprio essere. Il ragazzo ha la passione per lo Spazio e ha la fantasia di diventare cosmonauta. Curiosamente ha lo stesso nome di Gagarin, che va ad unirsi metaforicamente al nome del complesso formando così un intero, una sola figura.
Dualismi che si intrecciano nel racconto
Il sogno dello Spazio va a sovrapporsi al sogno di salvare la Cité Gagarine che rappresenta il suo di sogno, la sua libertà. Lo spazio cosmico che incontra lo spazio terreno, il luogo fisico. A suggello di tale incontro, Youri plasma e modifica l’interno dell’appartamento, facendone la propria astronave. Riproducendo anche la visione di una stella e realizzando una piccola serra con la creazione della vita mediante gli elementi fondamentali nello spazio. Un legame continuo e profondo prodotto allo stesso modo dal tono della narrazione, che mischia realismo e sogno. Il realismo dato dai luoghi, dalle inflessioni del racconto e dalla scelta degli attori, quasi tutti non professionisti e scelti proprio da quell’ambiente, va a fondersi con una tonalità quasi fiabesca, sognante. Un realismo poetico che trova le fondamenta nel cinema francese anni ’30.
Gagarine è, dunque, un film-monumento a ricordo di un microcosmo ormai distrutto. Un esordio brillante, in cui i due registi hanno saputo ben creare un molteplice aspetto di duplicità. Dualismi che contraddistinguono vari aspetti del racconto, espandendosi anche nella messa in scena. La fotografia passa dai colori propri della periferia a forti contrasti, colori intensi, colorazioni in rosso che si associano ai momenti più lirici e sognanti. Liatard e Trouilh, oltre ad inquadrare lo spazio e i luoghi conferendogli un ruolo da protagonisti, spesso muovono la macchina da presa come se fluttuasse in assenza di gravità. Rimarcandone di nuovo il collegamento e raffigurando un ulteriore legame con l’interiorità di Youri e di Gagarine in esteso. Una figura che trova compimento con l’unione della persona, del luogo e del sogno, rappresentato dalla fantasia dello Spazio.
La spensieratezza e la sincerità anche ingenua di un’opera prima di questo tipo trova un corrispettivo nella personalità del protagonista e nei momenti che trascorre con gli amici. Trovando i primi baci con Diana, guidandosi a vicenda nei luoghi rappresentanti la loro massima intimità, comunicando con il codice morse, ballando e passando le giornate con Houssam e Dali, altri due amici. Le interpretazioni degli attori, che sostanzialmente interpretano sè stessi, conferiscono ulteriore leggerezza e valore. È presente, in un cameo, anche Denis Lavant, attore feticcio di Leos Carax.
Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers