IO TI CERCHERO’: Gianluca Tavarelli e Alessandro Gassman in una fiction riuscita
Il recupero tardivo di un rapporto padre-figlio si fa viaggio verso la consapevolezza, ricerca di una verità che le trappole della mente hanno nascosto troppo a lungo
Ci sono registi che riescono a raccontare storie drammatiche e leggere con la stessa identica disinvoltura. È il caso di Gianluca Tavarelli, che ha diretto la fiction Io ti cercherò, in onda su Rai Uno dal 5 ottobre, ora recuperabile su RaiPlay (prodotta da Publispei e Rai Fiction).
Tavarelli e i suoi racconti drammatici
Siamo ancora divertiti per alcune scene de Il giovane Montalbano, ottima narrazione lieve, intensa e a tratti spassosa. Come se Tavarelli avesse voluto prendersi una pausa da quella che è ormai una consolidata competenza narrativa: rendere la sofferenza dell’anima in tutte le sue sfumature. Nelle serie tv (Paolo Borsellino, Maltese-il romanzo del Commissario, Non mentire), e nei lungometraggi.
Tra tutti, Taxidrivers ha recensito il suo penultimo film, vicenda struggente della coppia interpretata da Isabella Ragonese e Francesco Scianna (Una storia sbagliata). Anche qui, come per Io ti cercherò, viene raccontato il dolore dell’assenza, un lutto che paralizza, ancora più intollerabile quando si rievocano momenti passati di felice quotidianità.
“Una storia sbagliata” di Gianluca Tavarelli
Alessandro Gassman nelle parti drammatiche
È il caso di Valerio (Alessandro Gassman) che ricorda scene familiari di sedici anni prima, il falò sulla spiaggia, le feste in casa, il figlio Ettore, ancora bambino, e la loro intesa. Una complicità poi bruscamente interrotta, fino a non sapere più nulla della sua vita. Alessandro Gassmann lo preferiamo nelle parti drammatiche. Anche se bisogna riconoscergli una certa naturalezza nelle commedie: non gigioneggia, non eccede, non emula le doti da mattatore del padre Vittorio. Senza dubbi, però, le sue performance migliori sono quelle drammatiche.
Io ti cercherò lo vede esordire nelle scene di un padre che ha appena ricevuto la notizia della morte dell’unico figlio (Luigi Fedele). Gassman sa rendere benissimo la disperazione, l’assillo di un’idea inaccettabile, quella del suicidio, per il quale il caso sarebbe da subito risolto.
Io ti cercherò: gli eventi
Sara (Maya Sansa), la sua cara amica vicequestore, gli comunica le prime crepe di queste certezze, gli anelli mancanti, i dettagli che non coincidono. Ci mette un po’ Valerio a crederle, avvolto nel supplizio inflitto dagli eventi e autoinflitto dalla colpa.
Ma Sara è molto convincente. Valerio comincia così a indagare rispolverando la sua esperienza di poliziotto, sospeso per accuse infamanti, che noi spettatori pensiamo subito non vere. Chissà se nell’ultima puntata, oltre a scoprire gli assassini del figlio, riuscirà anche a riabilitarsi. Chissà se la morte di Ettore è collegata al passato di Valerio. O al passato stesso di Ettore che, per il desiderio di giustizia ereditato dal padre, ha pestato i piedi a qualcuno. Ne sarebbero prova i testimoni che sembrano impauriti, e ambienti sordidi incompatibili con l’ideologia del ragazzo.
La prima significativa svolta nel racconto è quella in cui Valerio si convince di prove sicure, più di qualunque indizio poliziesco: ciò che rimane di Ettore confligge con la vita di chi vorrebbe morire. L’amore di Martina (Zoe Tavarelli), il centro sociale, la dedizione agli altri. Aiutato da Sara, da amici e colleghi con cui è rimasta intatta la fiducia, iniziano le indagini. E una storia di genere giallo-poliziesco in cui vari tasselli della vita passata s’intersicano tra loro: un percorso umano, che guarda in faccia tutti gli errori, le dimenticanze, le responsabilità, ora che il tempo per recuperare se ne è andato.
Una grande storia, e piccola
È una storia grande come grandi sono i sentimenti forti dell’anima e il destino che vuole beffarsene, ma piccola come le scelte rinunciatarie di Valerio, i tranelli della coscienza suoi e un po’ di tutti. Le riprese dall’alto, tantissime fin dall’inizio e ripetute, sembrano mettere in luce la nostra insignificanza.
Tranne la prima che vede Ettore e Martina sul terrazzo della casa di lui, al Pigneto, in un letto con la coperta colorata all’uncinetto (come quelle che una volta facevano le nonne), mentre parlano tra loro di altri pianeti, di invasioni, ridono, scherzano, si promettono amore giocando. Poi, Ettore rimane solo a guardare la città dall’alto avvolto nella stessa coperta. Una scena così tenera a contrasto della violenza che verrà.
Le riprese dall’alto
Spesso il regista ricorre alla ripresa dall’alto velocissima fino a inquadrare, per esempio, Valerio sul terrazzo di suo fratello Gianni (Andrea Sartoretti) anche lui poliziotto, mentre fuma nervosamente e non ascolta il consiglio accorato di affidarsi alle autorità e non indagare da solo.
Gassman guarda verso il basso mentre è sul balcone, sul terrazzo, su un ponte, visto a sua volta da dimensioni ancora più alte. Una verticalità da capogiro, come la narrazione che a momenti si fa convulsa, accompagnata dalla bellissima musica di Ralf Hildenbeutel. Una colonna sonora elettronica, con evocazioni classiche, capace di accompagnare, sottolineandolo, ogni passaggio emotivo.
Paesaggio mimetico di una Roma irriconoscibile
Ad amplificare l’angoscia di Valerio, poi, un paesaggio simile alle periferie di altre grandi città. Qui siamo in una Roma del tutto inedita, fatta di svincoli, sopraelevate, tangenziali dal traffico intenso, visto anch’esso molto dall’alto, o che sfiora i protagonista quasi ad avvertire lo smog che toglie l’aria.
Ricordano l’ambientazione dell’ultimo film di Robert Guédiguian, Gloria Mundi, in cui il regista marsigliese ha abbandonato i luoghi della città di mare a lui così cara, per sostituirli con spazi anonimi, dentro i quali immerge una storia senza la consueta benevolenza nei confronti dei suoi personaggi. Scivolando in un pessimismo che non gli conoscevamo e che ci ha spiazzato.
Anche Tavarelli ha lasciato il lungomare di Trapani dove il commissario Maltese camminava da solo, o quello di Marinella che ha visto il giovane Montalbano tornare nel rifugio della sua bellissima casa. L’appartamento di Valerio qui è provvisorio come tutta la sua vita, quello del fratello con vista sul cavalcavia. Il terrazzo buono solo per stendere i panni o cercare la solitudine di una sigaretta.
“La città un po’ alla volta si svela dalla periferia al centro, facendo da palcoscenico e da sfondo allo scorrere delle vite dei personaggi” (Gianluigi Tavarelli).
Al contrario dell’ultimo Guèdiguian però l’empatia di Tavarelli non viene meno, e siamo oppressi esattamente come Valerio da uno spazio, brutto, dove ci si sente solo di passaggio. Che dire di quella orrenda statua della Madonna, davanti alla sua casa di Anzio, che anziché proteggerlo sembra posizionata lì come una beffa?
Location volutamente spente
Scene spesso al buio, location volutamente incolori. Il mare, quello del presente, grigio. Solo la casa di Ettore riflette l’estro di un ragazzo fuori dal comune. Perché nessuno, a parte noi che lo sappiamo fin da subito, possa credere alla menzogna del suicidio.
Il racconto è curato in ogni dettaglio nella scrittura (Massimo Bavastro, Leonardo Fasoli, Maddalena Ravagli), e nella regia. Con un’alternanza di situazioni dolenti, intrecci credibili e azioni che lasciano con il fiato sospeso. Nello stesso tempo, Io ti cercherò ha avuto molti, meritati, ascolti perché non è una fiction patinata.
Anzi, ricorre a una fotografia un po’ sporca, per ottenere l’ effetto documentario più vicino possibile alla realtà. Macchina sempre a mano, addosso ai personaggi, ai protagonisti e alla loro pena.
io ti cercherò
Anno: 2020
Durata: otto episodi di 50 minuti circa
Genere: Drammatico
Nazionalita: Italia
Regia: Gianluca Tavarelli
Data di uscita: 05-October-2020
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