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Il mondo del cinema italiano per Jafar Panahi e Mohammad Rasoulov

Il mondo del cinema si stringe intorno a Jafar Panahi – regista iraniano sostenitore del movimento d’opposizione al regime condannato a sei anni di prigione e privato per vent’anni di alcuni «diritti civili compresa la realizzazione di film, la redazione di sceneggiature, i viaggi all’estero e la facoltà di rilasciare interviste a media locali e stranieri» – e a Mohammad Rasoulof, connazionale regista a cui è toccata la stessa sorte.

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Il mondo del cinema si stringe intorno a Jafar Panahi – regista iraniano sostenitore del movimento d’opposizione al regime condannato a sei anni di prigione e privato per vent’anni di alcuni «diritti civili compresa la realizzazione di film, la redazione di sceneggiature, i viaggi all’estero e la facoltà di rilasciare interviste a media locali e stranieri» – e a Mohammad Rasoulof, connazionale regista a cui è toccata la stessa sorte.

La manifestazione, organizzata al cinema Barberini il 28 febbraio scorso da Cinecittà Luce e Articolo 21 in collaborazione con Le giornate degli Autori, 100Autori, Anac, Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, ha voluto sensibilizzare l’attenzione pubblica intorno alla grave violazione della libertà umana e professionale perpetrata dalla Repubblica Islamica iraniana. Il mondo del cinema italiano ha raccolto registi, autori e artisti dinanzi a un pubblico ricettivo e commosso per alzare la voce affinché le autorità iraniane rettifichino l’ inaccettabile decisione, restituendo a Panahi e Rasoulof la libertà fisica e di pensiero. Panahi raccontava il suo Paese attraverso l’occhio delicato della sua macchina da presa, osservava l’asimmetrico rapporto tra uomo e donna senza propaganda o condanna riprendendone, con discrezione, atteggiamenti e comportamenti evitando sempre l’eccesso della rappresentazione.

Nel corso della manifestazione sono intervenuti Luciano Sovena (Amministratore Delegato Cinecittà Luce), Beppe Giulietti (membro della Commissione Cultura), Ugo Gregoretti (regista, giornalista, drammaturgo), Ahmad Rafat (giornalista, scrittore) Marco Müller (direttore della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia), Andrea Purgatori (Coordinatore 100 Autori). In molti hanno ricordato, per affinità di pensiero e di repressione, il periodo fascista e la repressione culturale insita nell’ideologia di regime, quando bisognava «impedire a quel cervello di funzionare per almeno vent’anni» (p.m. fascista Isgrò nei confronti di Antonio Gramsci). Purgatori ha augurato al nostro Bel Paese di trasformarsi in sostenitore dei diritti fondamentali in Iran, Gregoretti ha ricordato l’arringa finale pronunciata da Panahi sulla paradossale e simbolica situazione per cui lo spazio dedicato ai suoi premi nel museo del cinema di Tehran è più ampio della sua cella, e Marco Muller ha evidenziato i numerosi e produttivi soggiorni in Italia di Panahi, autore fortemente ispirato al nostrano neorealismo.

Anche Bernardo Bertolucci e Stefania Sandrelli sono intervenuti nel corso della serata leggendo, rispettivamente, la lettera aperta scritta da Panahi in occasione della Berlinale – che ha visto per l’intera sua durata una sedia vuota a lui destinata nella giuria – e il pensiero di Babak Payami. Ecco un estratto del messaggio di Panahi: «Nel mondo di un cineasta realtà e finizione interagiscono. Un cineasta usa la realtà come ispirazione, la dipinge coi colori dell’immaginazione, creando film che sono la proiezione delle sue speranze e dei suoi sogni (…) Mi hanno condannato a vent’anni di silenzio. Eppure nei miei sogni auspico a gran voce un’epoca di tolleranza, in cui potremo rispettare le opinioni altrui e vivere l’uno per l’altro (…) Auspico che i miei colleghi cineasti di tutto il mondo realizzino dei grandissimi film, in modo che quando uscirò di galera, sarò ispirato a continuare a vivere nel mondo che hanno sognato».

L’incontro a sostegno del regista iraniano è stato arricchito dalla proiezione di un’intervista allo stesso Panahi (emblematico il pensiero sulle denominazioni iraniane tutte soggette all’etichetta ‘della Repubblica Islamica iraniana’, ad esclusione del cinema, libero perché definito semplicemente iraniano), del cortometraggio The Accordion (la cui visione ha commosso la sala, e con particolare impeto le donne iraniane) e del lungometraggio Il cerchio, vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia 2000.

La manifestazione per la liberazione di Panahi è sostenuta con tenacia e sentimento dai partecipanti e dagli organizzatori, intenzionati a dimostrare il proprio dissenso al regime iraniano anche in altre città italiane (la tappa successiva è quella torinese).

Francesca Vantaggiato

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