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Unknown – Senza identità

«”Unknown” è un thriller psicologico ad alto contenuto d’azione, diretto per il grande schermo dal regista spagnolo Jaume Collet-Serra».

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Dopo un incidente stradale a Berlino, dove si trova per tenere una conferenza scientifica, il dottor Martin Harris (Liam Neeson) si risveglia da un coma lungo quattro giorni per scoprire che la moglie (January Jones) non lo riconosce più e che un altro uomo (Aidan Quinn) si è impossessato della sua identità. È questo l’incipit di un thriller psicologico ad alto contenuto d’azione, adattamento cinematografico del romanzo Out of My Head di Didier van Cauwelaert, e diretto per il grande schermo dal regista spagnolo Jaume Collet-Serra (La maschera di cera, Orphan).

Da solo e in un paese straniero, ignorato dalle autorità scettiche e perseguitato da misteriosi assassini, il protagonista si ritrova disorientato, stanco e in fuga. Costretto a chiedere aiuto ad un’immigrata clandestina (Diane Kruger) e ad un ex funzionario della Stasi (Bruno Ganz),   il dottor Harris si ritrova scaraventato in un’avventura infernale che lo porta a mettere in dubbio la sua sanità mentale e la sua stessa identità.

La trama del film ricorda molto Frantic (come non pensare alla scena sul tetto come ad un omaggio dichiarato alla pellicola di Polanski) e i più recenti “Bourne movies” di Paul Greengrass, in cui la ricerca di ricordi e identità perduti e una buona dose di action costituiscono il centro focale della storia. Pur non possedendo la cifra stilistica degli illustri predecessori sopra citati, Unknown è caratterizzato da un buon ritmo, sostenuto da adrenaliniche scene d’azione (in particolare inseguimenti ed incidenti automobilistici), sebbene la scena del combattimento finale, nella sua propensione alla Schwarzenegger modello Terminator, risulti involontariamente comica ed esagerata.

La trama del film si rivela ben congeniata. La soluzione finale dell’enigma, poi, riesce a risolvere i vari interrogativi lasciati aperti fino a quel momento dalla sceneggiatura, rendendo plausibili persino alcuni snodi narrativi a forte contenuto telematico che all’inizio appaiono poco plausibili, per non dire impossibili, in epoca di social network.

Berlino, fredda e grigia, risulta essere la città ideale per evocare quelle sensazioni di straniamento, smarrimento ed  inquietudine di cui si fa carico il film, magistralmente resi da Liam Neeson, la cui intensa interpretazione salva il film da una mediocrità nella quale sarebbe stato quasi sicuramente confinato. Ma anche il resto del cast all-star fa il suo dovere: January Jones (protagonista della pluripremiata serie televisiva Mad Men) attraversa il film con una sofisticata eleganza solo apparentemente ingenua, Diane Kruger incarna il prototipo di donna dell’Est determinata ed indurita dalla vita, ma profondamente fragile dietro una scorza di impenetrabilità, mentre Frank Langella rappresenta l’emblema dell’ambiguità posta a premessa di giochi di potere. Una menzione meritano anche i sottoutilizzati Aidan Quinn ( già al fianco di Neeson in Mission e Michael Collins) e Sebastian Koch (Black Book).

Federico Larosa

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