Black Money di Ji-yeong Jeong apre il Korea Film Festival 2020
Prima europea per un giallo particolare che si addentra in un sistema corrotto fino in fondo. Black money non è solo un film che mostra un fatto realmente accaduto, ma è anche, in parte, un film di denuncia dove lo spettatore può solo immedesimarsi con i personaggi e cercare una verità insieme a loro.
Con questo giallo che mostra tutte le macchinazioni di un sistema corrotto si è aperta la 18esima edizione del festival che ogni anno si svolge a Firenze.
Black money. La trama.
Il film si apre con la morte di due amanti che hanno costruito documenti falsi per portare alla svendita di un’importante banca di Corea e una finanziaria americana. Non si riesce, però, ad interrogarli. Una sera, infatti, un camion pirata uccide l’uomo. La donna, invece, viene trovata morta in un secondo momento e si pensa ad un suicidio. Il responsabile sembra essere il procuratore Yang, accusato dalla vittima di abusi sessuali. Questi, per provare la propria innocenza, farà di tutto, cercando di andare a scavare nelle radici di un sistema che scoprirà essere interamente corrotto.
Un bulldozer buono.
Il procuratore Yang, protagonista della vicenda, tratta da un fatto realmente accaduto, risulta il perno attorno al quale ruota l’intera storia. Soprannominato da colleghi e non con l’appellativo di “bulldozer”, mette sempre in pratica i suoi modi un po’ sopra le righe. Ma sono solo una facciata, dietro la quale si nasconde l’unico personaggio positivo dell’intera storia. O almeno l’unico, insieme ai suoi fidati collaboratori, intenzionato ad andare fino in fondo per scoprire la verità e smascherare i colpevoli.
Un’indagine continua ed avvincente.
Quella che Ji-yeong Jeong mette in scena con Black money è un’indagine che sembra non finire mai (come suggerisce anche la didascalia finale che richiama al reale fatto di cronaca avvenuto). Visto e considerato anche l’alone di pregiudizi che c’è intorno alla figura dei pubblici ministeri in Corea e il fatto che si tratti di una tematica particolarmente apprezzata nel paese, c’era il serio rischio che Black money si rivelasse un qualcosa di già visto. Invece l’approccio sicuro e coraggioso del regista e l’interpretazione di Jin-woong Cho, nel ruolo del protagonista, hanno creato un’ottima commistione. Alla fine quello che emerge è un buon prodotto, interessante e in grado di mostrare, quasi dall’interno, un sistema complesso. Un sistema, però, che, al contempo, viene anche messo completamente a nudo. Se da una parte fa riflettere lo spettatore, che inevitabilmente si immedesima nei personaggi e nella vicenda narrata, dall’altra parte fa riflettere in generale sulla portata di una vicenda del genere narrata in questo modo.
Un buon cast ben assortito.
Uno dei punti di forza del film è anche la scelta degli interpreti. L’intero peso della vicenda poggia sulle spalle di Jin-woong Cho. L’attore, da sempre noto al grande pubblico per ruoli più “cattivi”, si è fatto valere in un personaggio tutt’altro che semplice. Oltre a questo tanti altri personaggi interpretati nel migliore dei modi da attori che hanno fatto, di un particolare elemento, il punto di forza del proprio ruolo. Dal viscido a quello dal cuore d’oro, dal braccio destro sempre a servizio alla mamma, a tratti, un po’ chioccia. Insomma una vasta gamma di personaggi che hanno contribuito a rendere il film un prodotto degno di aprire una prestigiosa manifestazione come il Korea Film Festival.
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