Notturno e la guerra in Medio Oriente vista da Gianfranco Rosi
Notturno, di Gianfranco Rosi, è un documentario che si pone l'obiettivo di raccontare come la guerra abbia trasfigurato alcuni paesi del Medio Oriente influenzandone la quotidianità. È strato presentato al Festival di Venezia ed è uscito nelle sale cinematografiche il 9 settembre.
Sette anni dopo la vittoria del Leone d’oro con Sacro GRA, Gianfranco Rosi è tornato quest’anno al Festival di Venezia presentando Notturno. Con Sacro GRA e Fuocoammare Rosi si è imposto come uno degli autori di documentari più rilevanti del panorama internazionale, ottenendo importanti riconoscimenti. Questo nuovo progetto è frutto di un lavoro durato tre anni sui confini fra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano, tentando di mostrare il modo in cui la guerra ha trasfigurato quelle aree. Notturno è uscito nelle sale cinematografiche il 9 settembre, distribuito da 01 Distribution.
Trama di Notturno
Notturno è un documentario girato nel corso di tre anni sui confini tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano. Senza seguire un’unica linea narrativa, procede tramite segmenti multipli che mostrano gli effetti della guerra su quella zona geografica, non mostrandola mai direttamente.
Recensione
Se in Dunkirk di Nolan il nemico era presentato in modo nascosto e incorporeo, in Notturno è proprio la guerra a non essere mostrata e ad essere invisibile. Eppure la sua presenza si avverte in ogni istante ed in ogni immagine. È uno spettro che tormenta quei paesi da troppi anni e che è penetrato in ogni spiraglio disponibile, permeando tutti gli strati sociali e ambientali. I confini non sono solo quelli geografici, in cui Rosi ha girato il documentario, ma soprattutto quelli dell’umanità, della tollerabilità e della Vita, che in quelle aree sono stati oltrepassati irrimediabilmente. Notturno si pone l’obiettivo di raccontare questo, di mostrare scenari di quotidianità che appaiono ricolmi di dolore, di malinconica accettazione.
Donne che pregano e piangono per la morte o il rapimento dei propri figli, soldati e soldatesse che pattugliano aree costantemente tese, ragazzi impegnati l’intero giorno con piccoli lavori, pazienti di un istituto psichiatrico alle prese con una rappresentazione teatrale che ricorda gli orrori della guerra. Guerra che, come detto, non viene mai mostrata direttamente. L’unica volta che vediamo azioni di guerriglia è tramite un video in uno schermo, che svolge, quindi, il ruolo di filtro. Ma la percepiamo costantemente, ogni immagine ci ricorda la sua presenza e ogni suono richiama quelli delle armi. Proprio il rumore degli spari e delle mitragliatrici è lo sfondo e la colonna sonora che ci accompagna costantemente. Suoni che si fondono con quelli della quotidianità, come il rumore di un narghilè, che si alterna con gli spari in lontananza. Ma anche i colpi di fucile della caccia e i rimbombi dei tuoni.
La reticenza della parola e il ruolo del movimento
Suoni che richiamano la guerra e che sono ormai parte integrante delle vite di quelle persone. Lo spettatore li distingue e nota il gioco dei richiami, per gli abitanti di quelle aree invece la guerra si è totalmente fusa con le esperienze quotidiane e naturali. Si è imposta come un manto oscuro sovrastando tutto, mentre le persone tentano di proseguire la propria vita. Un ruolo simbolico lo ha anche la parola, che in alcuni segmenti è totalmente assente e che quando è presente è collegata anch’essa a filtri come la preghiera, il canto, il ricordo, il messaggio vocale telefonico, il testo di un dramma teatrale, la radio. Non c’è rimasto più spazio per la parola pura e diretta.
L’aspetto che si manifesta in modo esplicito è quello del movimento, dell’attraversamento e riempimento dello spazio, che, vista la natura del documentario, risalta spesso. Moltissimi dei segmenti che compongono Notturno si basano proprio su movimenti singoli o di gruppo. Il prologo mostra dei soldati che corrono attorno ad un campo, subito dopo vediamo alcune donne che entrano in un edificio. In seguito un gruppo di carcerati si sposta dall’interno verso il cortile e poi ritorna nelle celle. Generalmente osserviamo molti spostamenti con motorini, camionette blindate, canoe e auto lungo ponti e strade allagate. Sono momenti di pura osservazione che sembrano porre il movimento come alternativa all’immobilismo schiacciante dato dalla guerra.
La costruzione visiva e l’enfasi emotiva
Un documentario fatto quindi di confini, di filtri, che coinvolgono però anche l’intera operazione e le persone stesse, lasciando forti dubbi. Gli uomini, le donne, i bambini molto spesso sembrano guidati per raggiungere il fine del racconto. Il senso di osservazione della realtà e l’intenzione di raccontare la quotidianità si scontrano con la costruzione e l’artificio. Le persone sono mosse e inquadrate quasi come pedine, portando all’annullamento dello sguardo intimo su di loro, del sentimento di umanità.
Questa sensazione si rafforza in particolar modo nei momenti in cui le donne piangono la tragica scomparsa dei figli o ascoltano piangendo i messaggi vocali delle figlie rapite dall’ISIS. E ancor più quando i bambini, con l’aiuto dei disegni fatti da loro, raccontano balbettanti e ancora scossi emotivamente le terribili esperienze a cui hanno assistito, incalzati dalle maestre. Emblematici gli stacchi di montaggio con il passaggio tra piani ravvicinati e campi medi, con tanto di silenzio di rinforzo. Una spettacolarizzazione del dolore estrema ed estenuante, drammi e sofferenze reali esibiti ed osservati artificiosamente. Il racconto di quelle zone e di quel tema perde, così, forza e viene presentato con una retorica smodata e con esasperazione emotiva. Si aggiunge, dunque, un altro tipo di confine, quello morale, su cui Notturno si muove pericolosamente, spesso oltrepassandolo.
La cura delle inquadrature è sempre puntuale ed impeccabile, sia nella composizione visiva che in quella cromatica. Il documentario si avvale della collaborazione, alla correzione del colore, di Luca Bigazzi, uno dei più importanti direttori della fotografia italiani, collabotarore soprattutto di Paolo Sorrentino. Le scene notturne hanno grande fascino e Rosi riesce sempre a dare risalto all’ambiente ripreso, impreziosendolo con soluzioni stilistiche allegoriche. Come l’illusione del tramonto data dalle luci della guerra e le finestre del bunker che diventano i suoi occhi sul mondo. Una cura visiva maniacale che rilancia la sensazione di costruzione che diventa spesso effimera, persa tra la poca organicità dei vari segmenti del documentario, e che contribuisce alla mancanza di intima umanità.
Trailer di Notturno
Anno: 2020
Durata: 100'
Distribuzione: 01 Distribution
Genere: Documentario
Nazionalita: Italia, Francia, Germania
Regia: Gianfranco Rosi
Data di uscita: 09-September-2020
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