Il golden boy del cinema tricolore Checco Zalone (all’anagrafe Luca Medici) è passato nel 2019 dietro la macchina da presa per dirigere Tolo tolo. Un esordio visto nelle sale cinematografiche nel Gennaio successivo e accompagnato nei titoli di testa dalla Vagabondo di Nicola Di Bari. Titoli di testa che arrivano, però, soltanto dopo un lungo prologo atto ad introdurre lo stesso Zalone nei panni di un imprenditore altamente sognatore. Un imprenditore che, fallito il tentativo di avere successo aprendo un ristorante di sushi nel sud Italia, decide di andare a cercare fortuna in Africa. Dove fa conoscenza con il cinefilo Oumar, la bella Idjaba, e il piccolo Doudou, ovvero Souleymane Sylla, Manda Touré e Nassor Said Birya. Tre individui di colore insieme a cui, a causa della guerra in corso sul posto, si vede costretto a fare ritorno nella sua patria.
Percorrendo la tortuosa rotta dei migranti e filtrando attraverso gli stilemi della commedia, di conseguenza, una tanto chiacchierata realtà nostrana d’inizio terzo millennio.
Realtà che riesce ad affrontare addirittura in maniera più convincente rispetto a tanti film seriosi. E anche rispetto all’infinità di documentari messi chiaramente in piedi nel solo fine di sfruttare finanziamenti statali. Perché il Checco nazionale fa ricredere i molto poco intelligenti benpensanti che non hanno esitato a definirlo “razzista” a causa del suo videoclip promozionale Immigrato. Un pezzo immediatamente trasformatosi, come di consueto, in esilarante tormentone proto-Toto Cutugno.
Tormentone che va ad affiancarne altri durante la oltre ora e mezza di visione sceneggiata da Zalone stesso al fianco di Paolo Virzì. Oltre ora e mezza comprendente nel cast anche il citato Di Bari e la ex starlette delle commedie sexy Barbara Bouchet. Senza contare il politico pugliese Nichi Vendola brevemente coinvolto nella parte di se stesso.
Mentre, come c’era da aspettarsi, lo spettatore viene piacevolmente intrattenuto e spinto a ridere, ma evitando di far scadere Tolo tolo nella facile retorica. Del resto, da un lato si ricorda che tutti abbiamo il fascismo dentro e che, quando viene fuori, lo si può combattere soltanto usando l’amore. Dall’altro si precisa che la contraffazione non si deve mai fare se non si è cinesi (!!!).
E non mancano neppure le critiche più o meno scorrette (quindi efficaci) mosse su diversi fronti.
Dall’attacco all’ipocrisia del giornalista Alexandre Lemaitre alias Alexis Michalik all’irresistibilmente divertente scalata al potere del Gramegna di Gianni D’Addario. Un Gramegna vestito come Giuseppe Conte, dal linguaggio analogo a quello di Matteo Salvini e che gode di una carriera simil-Luigi Di Maio. Con tanto di situazioni oniriche cantate e più o meno evidente retrogusto neorealista per concedere spazio anche a piccole emozioni. Fino a tirare in ballo un mix di animazione e live action in evidente omaggio al classico Disney Pomi d’ottone e manici di scopa.
Il videoclip di cui sopra e quattro minuti di backstage fanno da extra al blu-ray di Tolo tolo, edito da Warner.