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Dal Vietnam a Hollywood: OLIVER STONE apre la stagione del Floating Theatre a Roma

Serata di apertura con Oliver Stone al Floating Theatre Tim Vision, ideato da Alice nella Città. 

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Serata di apertura con Oliver Stone al Floating Theatre Tim Vision, ideato da Alice nella Città. 

Il regista americano ha dialogato con il pubblico sui suoi primi quarant’anni di vita raccontati nella biografia Chasing the light, dei suoi legami familiari, e del percorso di vita e professionale che lo hanno portato al successo con film molto difficili e dalla tormentata gestazione produttiva e distributiva. A seguire, ha presentato il suo capolavoro Wall Street (1987), film a cui è particolarmente legato.

La rassegna del Floating Theatre Tim Vision ideata da Alice nella Città presenta un cartellone di film italiani e internazionali che accompagneranno le serate romane in questi due mesi, prima del via della Festa del Cinema di Roma, di cui Alice nella Città è ormai un appuntamento immancabile.

Inseguendo la luce, dal Vietnam a Hollywood

In uscita nei prossimi giorni, per l’Italia con La Nave di Teseo, Chasing the light (Cercando la luce) l’autobiografia dello sceneggiatore e regista statunitense, che farà tappa il 25 agosto al Pesaro Film Festival e alla Mostra del Cinema di Venezia, dove riceverà il premio alla carriera.

Mi stavo avvicinando ai trent’anni ma ero al verde

Inizia così il primo capitolo, con un’importante digressione sulla traduzione dall’inglese (letteralmente: non avevo un soldo e ero disperato), reclamando per la mancanza dell’aggettivo “disperato” nella versione italiana, così importante e così evidente dai suoi primi film.

Dopo essere tornato dal Vietnam, dove aveva combattuto come volontario, e aver scoperto che la guerra era una farsa e non la nobile causa che l’amministrazione dell’epoca aveva voluto far credere, inizia a fare mille lavori (tra cui il guidatore di taxi).

Salvador e Platoon

A questa età riconsideri tutto, anche i tuoi film (…) e come sei arrivato a diventare un cineasta e la fatica che hai fatto per entrare nel mondo del cinema

C’è un verbo che Oliver Stone ripete spesso quando racconta dei suoi primi tentativi di entrare nel mondo del cinema, to struggle.

Salvador

Salvador e Platoon, entrambi del 1986, sono due film legati tra loro, li chiama fratello e sorella, per molti aspetti: il tema della guerra, quella civile in Salvador e quella del Vietnam in Platoon, ma anche le vicissitudini produttive e distributive (Platoon fu in 7 cinema in 3 città) che li hanno resi una sfida, un gioco d’azzardo che è stato possibile vincere grazie all’intervento di un gambler come l’inglese John Daily, produttore esecutivo di Platoon.

Devi essere un giocatore d’azzardo per fare questi film

Il successo e la consacrazione

E nonostante le difficoltà incontrate, Oliver Stone, classe 1946, a quarant’anni ha raggiunto il successo e anche il riconoscimento: già reduce dell’Oscar nel 1978 per la miglior sceneggiatura non originale con Midnight Express di Alan Parker, la consacrazione arrivò proprio con Platoon, Oscar per la miglior regia.

Platoon

E qualche anno dopo, Hollywood, dove “è sempre difficile dire ciò che si vuole”, riconobbe l’Oscar per il miglior film a Born on the Fourth of July, la storia vera del veterano Ron Kovic (interpretato da un convincente Tom Cruise), dove mette in scena i fantasmi con cui gli ex combattenti sono costretti a convivere, senza alcun appoggio da parte della nazione che li ha spinti alla guerra.

Wall Street, Oliver Stone nel nome del padre

Mio padre è stato a Wall Street per quarant’anni, era un uomo onesto e per questo non ha mai fatto soldi.

Quello era il mondo in cui Oliver Stone era vissuto, quella era la mentalità con cui era stato tirato su: business is business (parole che Gordon Gekko pronuncia come se fossero una vera e propria dichiarazione di guerra).

L’idea del film gli venne perché suo padre diceva spesso che non c’erano film sull’ambiente degli affari, gli unici in circolazione non facevano altro che prendere in giro quel mondo.

Oliver Stone scrisse una storia in cui un giovane broker, Bud Fox, (interpretato da Charlie Sheen, e il cui personaggio gli era stato ispirato proprio dalla figura di suo padre) si lascia affascinare dallo spietato Gordon Gekko al punto da voler diventare come lui, fino a che non si rende conto sulla sua pelle che vuole tornare a lavorare onestamente.

Come sarà andata la vita di Bud Fox lo scopriremo 23 anni dopo nel sequel Wall Street Money never sleeps (2010).

Wall Street: il fascino del male secondo Oliver Stone

Nonostante l’arco di trasformazione, e di redenzione, lo compia Bud Fox, personaggio principale del film, all’epoca in molti si fecero attrarre dalla figura di Gekko, trasformandolo addirittura dell’eroe del film e alcuni intraprendendo addirittura la carriera di broker.

Un film chiaramente nel nome del padre (a cui è dedicato), dove oltre al conflitto del giovane Bud Fox che si ritrova in un mondo dove l’abuso di informazioni confidenziali può spingerti oltre la legalità per fare soldi facili, c’è anche quello tra lo stesso Fox e il padre (Martin Sheen, suo padre anche nella vita reale).

Il mancato riconoscimento che Bud sente di non avere da suo padre lo ritrova in Gordon, che però ha appena fiutato la sua preda è ha messo in moto la strategia della fascinazione.

Proprio come fa il geco con le sue prede (da qui il nome Gekko)

La solitudine

Torna nuovamente, come già aveva fatto qualche giorno fa in un’intervista al New York Times, sul suo percorso di crescita.

Un percorso di crescita non facile il suo, caratterizzato dal divorzio dei suoi genitori, che gli ha lasciato, oltre a un forte senso di solitudine, anche la convinzione che l’amore è collegato alla falsità e alla perdita di fiducia.

Se i miei genitori si fossero conosciuti veramente prima di sposarsi, non sarebbero mai stati insieme e io non sarei mai esistito (…). I ragazzini come me nascono da una bugia originale, e vivono un falso, soffriamo proprio per questo quando sentiamo che non possiamo più fidarci di niente e di nessuno. Gli adulti diventano pericolosi, l’amore o non esiste, oppure non può sopravvivere.

Fellini e Bertolucci: la prima volta di Oliver Stone

“Scrivere è conoscere me stesso”: se Fellini aveva conosciuto se stesso attraverso i suoi film, per Stone scrivere le sue memorie è un modo per compensare quello che, secondo lui, non è riuscito a fare nelle sue storie per il grande schermo.

Il suo ricordo, molto dolce, di Federico Fellini e Bernardo Bertolucci è legato a momenti diversi della sua vita.

Il primo lo fece appassionare al cinema italiano e europeo quando aveva 14 anni e vide per la prima volta La Dolce Vita: 

quella sensualità e quell’erotismo che i film americani non hanno e che trovi solo nei film europei

Il secondo lo conobbe personalmente un anno e mezzo prima che Bertolucci morisse: Oliver Stone stava pensando a un nuovo film e Bertolucci, già sulla sedia a rotelle e in condizioni di salute precarie, gli disse che vedeva la fame nei suoi occhi.

E aggiunse che quella fame avrebbe voluto averla ancora lui.

 

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