Siamo sul set di Giulia dove abbiamo incontrato il regista Ciro De Caro e l’attrice protagonista Rosa Palasciano. All’autore di Spaghetti Story abbiamo chiesto di raccontarci la genesi della storia e quella del personaggio da cui il film prende il titolo.
Tu sei un po’ il nostro Kevin Smith nel senso che come il regista di Clerks sei passato alla storia per un film, Spaghetti Story, capace di arrivare al successo con una produzione a dir poco autarchica. Rispetto a quell’esordio è cambiato qualcosa? Te lo chiedo anche rispetto a Giulia il film che hai appena terminato di girare.
Per fortuna grazie a Spaghetti Story riesco a trovare più soldi. Parliamo sempre di budget molto bassi perché realizzare un film rimane ancor oggi un mezzo miracolo. Però ne vale la pena in quanto raccontando cose personali e storie a cui tengo questa condizione mi fa sentire più libero, facendomi amare quello che faccio. Per farti un esempio con il mio modo di lavorare posso permettermi di cambiare in corso d’opera sia il copione che le scene e se succede qualcosa d’imprevisto di poterlo inserire nel film. Di solito sono queste le situazioni in cui il realtà si manifesta alla massima potenza quindi sono ben felice di farne partecipe lo spettatore. Se si gira con molti più soldi la maggior parte di quanto ti ho detto non si può fare. I produttori tengono tutto sotto controllo e vanno un po’ nel panico quando si prende una direzione alternativa a quelle prevista. Sono d’accordo che può essere una scelta pericolosa ma è anche bella.
Tra l’altro essere indipendente ti permette di scegliere gli attori più adatti per il tuo film.
Si, è vero. D’altronde questa è la cosa per cui mi scontro di più poiché di norma il produttore vuole vendere il film e per farlo punta al nome altisonante. Al contrario di me che invece decido in base alla compatibilità dell’interprete per un determinato ruolo. Magari quello indicatomi da altri è anche bravo ma c’è la possibilità che non riesca a darmi le stesse cose di quello scelto da me. In quei casi sei costretto a fare tutta una serie di piccoli compromessi – come può esserlo quello di togliere una battuta non opportuna – che però tolgono verità al tuo lavoro.
Oltre a essere la protagonista del film Rosa Palasciano ne è anche cosceneggiatrice. Il vostro è stato un connubio cercato a tutti i costi se è vero che prima di riuscire a realizzare Giulia avevate già scritto un altro film e collaborato alla realizzazione dell’esilarante corto dal titolo Odio l’estate. L’insorgere di vicissitudini produttive rispetto al progetto già avviato e la diffusione della pandemia non sono riusciti a fermarvi.
In realtà i corti fatti insieme a Rosa sono tre perché dopo Toi No Plus e Odio L’estate quest’inverno ne abbiamo girato un altro di prossima uscita. Nel caso specifico lo scopo è stato anche quello di testare la troupe del film e di sperimentare alcuni aspetti del personaggio poi confluiti in Giulia. Di Rosa oltreché del suo modo di essere attrice mi piaceva il viso e lo sguardo quindi avevo voglia di provare insieme a lei delle soluzioni che poi ci hanno portato a scrivere un lungometraggio rimasto per il momento nelle mani del produttore. Sappiamo che nel cinema le cose procedono molto lentamente e che i tempi si allungano se un film viene fatto con determinati criteri. Per realizzarne uno si possono impiegare anche due anni. Noi però avevamo voglia di raccontare qualcosa subito ed è così, in maniera molto naturale che è nata la storia di Giulia. Rispetto alla prima versione della sceneggiatura la quarantena ci ha dato modo di riflettervi in maniera più profonda e dunque di poterla modificare laddove serviva.
Nello specifico e per quello che si può dire qual è la storia di Giulia?
Il film racconta le giornate estive di una donna che a un certo punto senza averne consapevolezza decide di liberarsi dalla dipendenza per lei più inutile, quella dagli uomini. Nel farlo incontra dei personaggi più pazzi di lei che la coinvolgeranno in situazioni di diverso tenore, ognuna delle quali diventerà parte del suo percorso di consapevolezza. Nello specifico si tratta di uomini fuori di testa che però a confronto della follia del tempo finiscono per sembrare più normali di quello che sono.
Leggendo qualche notizia sul film mi pare si tratti di una commedia. Un po’ la storia un po’ le tue parole, mi viene da pensare a qualcosa a metà strada tra Woody Allen e Noah Baumbach. Soprattutto il secondo ha fatto parecchi lungometraggi con al centro personaggi femminili eccentrici e un pò fuori dalle righe, pronti a fare delle città e della sua umanità i protagonisti di un grande romanzo esistenziale
Innanzitutto grazie per il paragone. Di solito faccio sempre fatica a definire un film in termini di commedia. Di fatto questa lo è però nel dirlo ho paura che le persone si aspettino qualcosa a cui sono purtroppo abituate e cioè di vedere un film comico. Nella commedia il riso è solo una delle componenti perché le storie sono spesso piene di amarezza e di piccoli drammi.
Le foto scattate sul set sono la testimonianza di come la pandemia stia influenzando la nostra vita. Sarà così anche per quella dei personaggi? In termini narrativi ne hai tenuto conto oppure no?
Si, certo, il film è ambientato nel nostro tempo e in una situazione di realtà uguale a quello dei nostri giorni. I personaggi portano la mascherina quando devono, c’è chi ha paura di toccare gli altri e così via. Questa condizione non è proprio il tema del film ma appartiene alla storia di oggi. La sceneggiatura è stata riscritta durante la quarantena perché mi dava fastidio girare un film in cui non si tenesse conto di quello che è successo. Senza parlarne troppo e non elevandolo mai a tema il virus e le sue conseguenze sono comunque presenti.
Immaginavo che aveste scritto il film prima del lockdown. In ogni caso volevo domandarti fino a che punto la storia è stata ispirata dal momento contingente e quanto invece da motivi altri?
Giulia nasce da altro. Abbiamo iniziata a scriverlo con Rosa l’hanno scorso ma la cronaca ci ha costretto a tenere conto degli avvenimenti accaduti. Il motivo ispiratore però non ha niente a che fare con il virus e con quanto accaduto dopo la sua diffusione. Ciò detto la realtà che viviamo influisce sull’ambiente e i personaggi del film.
Giulia è stato girato a Roma e d’intorni. In quanto tempo lo avete realizzato e quando pensi sarà pronto?
Il film è ambientato a Roma, Fregene e per una piccola parte in Toscana. Per girarlo abbiamo impiegato tre settimane e due giorni. Quando sarà pronto non lo so. A differenza di Acqua di marzo in cui avevo una scadenza e il montaggio doveva essere fatto in poco tempo a causa di scadenze produttiver, per Giulia voglio prendermi tutta la calma possibile. Desidero rivedermelo per rifletterci sopra e per fare con calma delle modifiche, magari dopo averlo lasciato perdere per un paio di settimane. A occhio e croce per montarlo ci vorranno almeno tre mesi. La mia fortuna è di aver trovato produttori che mi hanno dato la libertà desiderata.
Ne vogliamo dire i nomi?
Si, sono Maurizio De Arcangelis, Ugo Baistrocchi e Michael Fantauzzi. Diciamo che non hanno mai fatto i produttori di professione. Mi hanno dato completa fiducia incitandomi a fare solo il film che volevo. Da loro ho avuto solo sostegno e la possibilità di lavorare senza limitazioni, sempre tenendo conto che stiamo parlando di un film low budget.
Le tue parole fanno ben sperare rispetto alle difficoltà e alle paure che il cinema ha in questo difficile periodo di risalita.
E’ vero, hai ragione. Me lo auguro anche per gli esiti del film.