“Da timido e introverso a voce del popolo: questo è il destino di Bertie, alias il futuro Giorgio VI, che dovrà ricoprire un ruolo al quale non avrebbe mai ambito, paralizzato da un’insicurezza cronica”.
Dodici nomination agli Oscar per Il discorso del re del giovanissimo quanto ambizioso Tom Hooper che, dopo aver incassato la vittoria al Toronto Film Festival, rischia di far guadagnare a Colin Firth oltre al Golden Globe anche la fatidica statuetta dorata.
In bilico tra la situazione privato-psicologica del dramma del protagonista e una dimensione più che pubblica, il film, ambientato a ridosso della Seconda guerra mondiale, racconta quanto sia necessario sporcarsi le mani, avvicinandosi ai problemi del popolo, e quanto ciò abbia positivamente influito sulla lotta contro la balbuzie, silenziosa e pacata, di un uomo, il duca di York, vessato e traumatizzato dall’ipocrisia di una vita d’etichetta, che poco si conciliava con il clima uggioso e coloniale della Londra del ’36: assistiamo ai tentennamenti di un individuo apparentemente tutto d’un pezzo, ma dilaniato da un cataclisma interiore.
Da timido e introverso a voce del popolo: questo è il destino di Bertie, alias il futuro Giorgio VI che, all’indomani della cessione del trono da parte di suo fratello Edoardo VIII, incapace di troncare la relazione scandalosa con la pluridivorziata nonché americana Willis Simpson, si ritroverà a ricoprire un ruolo al quale non avrebbe mai ambito, paralizzato da un’insicurezza cronica.
Dopo essere stato tempestivamente posto a guida di un paese terrorizzato dall’imminente scoppio della guerra, Bertie, soggetto fin dalla più tenera età a una grave forma di balbuzie che lo condiziona tanto nelle cerimonie ufficiali quanto nei rapporti con i suoi famigliari, è costantemente appoggiato dalla moglie Elisabetta (Helena Bonham Carter), futura regina madre, donna di polso, ma anche dignitosa coniuge, regalmente lungimirante e paziente, che gli organizza un incontro con uno “specialista della parola”: uno stravagante logopedista (Geoffrey Rush) dai metodi piuttosto fuori dal comune che, nonostante le ostilità iniziali, che in seguito si riveleranno fruttifere, sarà fondamentale non solo ai fini della riacquisizione della voce, ma anche di molto altro da parte del protagonista. Il “dottore” australiano, ormai vincolato da un legame di amicizia profondo, e detentore di una smisurata fiducia da parte di Bertie, diviene lo strumento più efficace per far emergere, in un momento critico della nazione, la vera indole del sovrano: grintosa, fiera e combattiva. La voce del re troverà piena espressione in un discorso alla radio, il primo di una lunga serie.