Grazie alla sua intensa e complessa interpretazione di Antonio Ligabue, nel film “Volevo nascondermi” diretto da Giorgio Diritti, Germano ha vinto un altro prestigioso premio come l’Orso d’Oro al Festival del cinema di Berlino, ( già Palma d’Oro a Cannes nel 2010 con “La nostra vita” di Daniele Lucchetti, che gli ha fatto aggiudicare anche David di Donatello e il Nastro d’Argento, da non dimenticare il premio Pasinetti alla 71° mostra del Cinema di Venezia per l’interpretazione di Giacomo Leopardi nel film “Il Giovane Favoloso” con la regia di Mario Martone); l’attore romano dalle origini molisane, elemento quest’ultimo che fa ricordare la biografia di Robert De Niro, e ne ricorda anche la tipologia attoriale, è ormai da anni un punto di riferimento del cinema italiano per registi e attori di tutto il mondo.
Il suo trionfo durante questo anno sfortunato per l’arte, a noi appare come un segno di grande resistenza e soprattutto un modo attraverso il quale un’opera possa sopravvivere anche alle avversità più imprevedibili.
Rientra nello spirito di questo giovane, ma acclamato e affermato attore, il concetto di resistenza/ribellione/non adesione alle regole per pura convenzione.
Ho visto il tuo spettacolo e mi ha veramente colpito…
Ah grazie.
Volevo farti i complimenti per Mein Kumpf, un esempio di coerenza politica artistica, essendo germanista ho avuto modo di apprezzarlo
L’hai visto dal vivo?
No, l’ho visto a Trastevere, sono andata al Teatro Argot.
Adesso stanno lavorando a “Segnale d’allarme” e quella era la versione con cui stiamo girando, è una delle poche cose possibili in questo periodo e stiamo prendendo un po’ di date. Stiamo cogliendo questa possibilità, vediamo poi cosa succede.
È perfetto per questo post corona virus come se avessi avuto una premonizione…
Più che io quelli che hanno inventato il visore per la fruizione interattiva.
Però hai dei poteri di intuizione pazzeschi un po’ come il teatro in stile “Blade Runner”, psichedelico e visionario, seppur sovrapposto in modo sostanzioso alla realtà attraverso i tempi.
Ti volevo chiedere di parlare ufficialmente di come ti è venuta l’idea di “Artisti 7607”, questa collecting di attori fondamentale per una nuova visione e organizzazione del lavoro, di come ti sei impegnato per realizzare gli importanti traguardi raggiunti, e di come hai strutturato il tutto insieme ad altri. Infatti siete stati un gruppo, ma tu sei indubbiamente uno dei principali e più importanti fautori. Come vedi il futuro più imminente e come lo inserisci a livello politico sociale?
Allora cerchiamo di spiegarlo in modo chiaro: il lavoro dell’attore è un mestiere per sua natura saltuario, precario, altalenante, intermittente e, rispetto ad altri mestieri artistici, c’è un livello di incertezza maggiore perché vale solo in funzione di una committenza. Non puoi farlo a casa da solo come, ad esempio, un musicista che si può esercitare o come un pittore che può dipingere o, ancora, uno scrittore che può scrivere per poi vendere il suo lavoro.
Noi attori, invece, non abbiamo una fase personale ed espositiva. Lo svantaggio del nostro mestiere in Italia è che, per queste caratteristiche, non vi è nessun tipo di riguardo. Non è inquadrato in nessuna formula particolare. Non abbiamo uno statuto particolare né un inquadramento rispetto ad un contratto di categoria, tantomeno esiste un albo.
Questa situazione crea una condizione molto liquida del sistema e delle modalità di lavoro, si generano delle profonde differenze, è per questo motivo che l’Europa ha pensato a una formula di retribuzione prestabilita, permettendo una distribuzione corretta dei proventi.
Poi ogni stato si è regolato a suo modo, salvo il fatto che ci dovesse essere una formula di redistribuzione del maltolto. Prima funzionava che nel momento in cui si finiva di lavorare, ci veniva pagato il tutto, quindi a prescindere da quello che il film realizzava. Tutti i proventi andavano al produttore, l’attore smetteva di percepire denaro anche quando il film diveniva molto famoso o vinceva dei premi. Non c’era nessuna formula di redistribuzione della ricchezza generata. La Comunità Europea ha stabilito che ci dovesse essere una modalità di redistribuzione di questi soldi, perché il prodotto una volta che viene trasmesso, ad esempio in televisione, acquisisce un valore che è quello assegnatogli dalle pubblicità. A secondo del valore di ciò che va in onda fa pagare una certa cifra, facendo un procedimento inverso si capisce quanto vale quel film.
La Comunità Europea ha stabilito tutto in una formula che viene reiterata nell’emanazione dello statuto di “Artisti 7607”. Il nome ricorda il 7 giugno 2007, la data in cui viene pubblicato lo statuto degli artisti, e quindi degli attori, che li inquadra a livello lavorativo.
In questa logica tutto cambia, infatti c’è una legge europea che stabilisce che le televisioni, quindi le emittenti, devono distribuire gli introiti dovuti agli attori interpreti di un’opera. Mentre prima la legge italiana obbligava a pagare quote solo agli autori: dal quel momento si stabilisce che anche gli attori, interpreti ed esecutori devono prendere una quota relativa a quanto valore, quel passaggio televisivo di quel film in quell’orario, ha generato.
In tutta Europa nascono delle società di collecting che amministrano questi soldi, ricevendoli dalle emittenti e li distribuiscono agli attori.
In Italia, negli anni novanta, nacque la società IMAIE. Un gruppo di attori per tanto tempo ha cercato di capirne il funzionamento e abbiamo pensato alla possibilità di creare una società di collecting per conto nostro.
Grazie al decreto Monti, che ha aperto alla liberalizzazione, tutto ciò è stato possibile e abbiamo strutturato questa società di collecting, all’inizio con pochi iscritti ma adesso ne contiamo oltre 2500.
La prefettura ha deciso di estinguere il vecchio IMAIE (per approfondire leggi il Decreto del Prefetto di Roma n. 33962/606/2009 Area IV – URPG in data 30 aprile 2009 – estinzione “Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori – IMAIE”).
Quando l’ente è stato estinto sembra che ci fosse una “considerevolissima somma accumulatasi nel tempo, pari a 118 milioni di euro al 31/12/2007 da distribuire alla categoria degli artisti”. (Citiamo dal documento ufficiale della Prefettura di Roma RELAZIONE ALLEGATA AL PROVVEDIMENTO DI ESTINZIONE IMAIE)
Tutto questo mentre in Italia si facevano le battaglie per l’aumento del FUS.
Oggi esistono la nuova IMAIE, 7607 e altre piccole società di collecting.
La più grande battaglia e rivoluzione che continuiamo a fare è sulla creazione di un database con tutte le informazioni e di un approccio diverso che costringa l’emittenti, come previsto per legge, a fornire i dati del trasmesso.
Tutto questo processo ha portato a una consapevolezza degli artisti di un guadagno che è 4/5 volte superiore rispetto al passato.
Ci sarebbe molto da dire soprattutto dell’approccio di chi non conosce la nostra categoria, quindi abbiamo trasformato questi soldi in assistenza legale, fiscale e formazione.
L’altra grande rivoluzione è il pagamento dei provini, addirittura pure i self tape: abbiamo capito e trovato il modo di realizzare queste cose, che in passato erano state chieste anche al sindacato, quando e se si riusciva a incontrare qualcuno di loro dato che sembrano essere sempre in via di estinzione. Abbiamo trovato il modo di realizzare queste cose nei fatti senza passare per nessuno e questa è una doppia soddisfazione, una forma di democrazia diretta, di gestione dei problemi chiave e frontali. E non demandando a qualcuno, è facile ma anche molto rischioso.
Cambiamo argomento.
Non mi sembra il caso di tralasciare il fatto che ero a Berlino alla proiezione di Favolacce, sei stato intenso, bravissimo. Sono rimasta molto colpita, ho conosciuto i fratelli D’Innocenzo che abbiamo intervistato qualche giorno fa, sono dei giovani registi molto talentuosi.
Qual è la tua opinione sulla sceneggiatura che credo sia rivoluzionaria per la comunicazione, per le pause, del detto e non detto. Il tuo ruolo era piuttosto difficile, interpretavi un essere ostico, dal vissuto pessimo, con un rapporto distonico con i figli. Cosa ne pensi del loro scritto? Hanno vinto l’Orso d’Argento. Cosa pensi della loro sceneggiatura? Come l’hai vissuta?
Non solo! Tra l’altro, come tutto il cinema che amo, loro non sono così affezionati alle loro sceneggiature. Scrivono in maniera egregia, lo hanno fatto anche per i film non loro. Hanno un’esperienza anche come sceneggiatori, però non sono così affezionati alla scrittura perché sono consapevoli e sono della scuola che invece il cinema sia altro, che sia qualcosa fatto di corpi, di immagini, cosa che in parte si scopre anche facendolo.
Non dovendo dimostrare niente a nessuno sono quel che sono. Hanno messo a frutto la loro esperienza, non devono far finta. Purtroppo siamo immersi in qualcosa in cui per lavorare dobbiamo far finta di essere altro per essere accettati, ma questo non vale per loro.
Ho notato dell’invidia da parte di alcuni della categoria, li ho difesi a spada tratta, ho detto ad alcuni critici che sono superficiali, dei qualunquisti che non riescono a intuire il nuovo cinema italiano come dovrebbe essere. Meno male che ci sono riusciti altrimenti con questi pressapochisti avremmo un cinema scarsissimo. Per fortuna si riescono a fare questi film e sono contentissima che ci fossi anche tu dentro.
Pure io.
Eri perfetto. Loro non devono dimostrare niente
Siccome siamo tutti immersi in questo sistema dove bisogna far finta per essere accettati e lavorare, loro, invece, sono riusciti a fare una carriera per quello che sono e questo li pone fuori dal comune. Sembrano fuori contesto. Sulla sceneggiatura sono così bravi che qualsiasi regista apprezzato lo avrebbe potuto dirigere e ne avrebbe fatto un film completamente diverso: la sceneggiatura era talmente perfetta e puntuale che non si nota la mano di un regista piuttosto che di un altro, come i classici, li puoi rifare ogni volta con una propria interpretazione. La storia aveva quella tipologia, quella ampiezza, non cadeva in nessun cliché che sarebbe stato tipico di quello o quell’altro.
C’è qualcosa di Pasolini ma in un senso moderno e senza mai imitarlo, rientra nelle loro corde…
Al di là della scrittura è proprio la messa in scena. Scrivono delle cose talmente belle che qualsiasi altra persona sarebbe incollato a quello e vorrebbe che si girasse ciò che loro hanno scritto. Invece abbiamo completamente stravolto tutto in fase di ripresa, personaggi che non ci sono più, scene non girate e altre che non c’erano, in modalità completamente diversa. Perché la vita è più forte di quello che ti immagini, se ci vai dietro come fanno loro, escono delle cose che appartengono più dell’essere umano che degli attori.
Ci sono dei personaggi che hanno detto che erano estremizzate le caratterizzazione degli attori, quel che emerge è che molti non conoscono la realtà delle classi piccole borghesi che stanno nelle periferie delle grandi città, alienate ancora di più del proletariato. Vivono una realtà parallela pensando di stare bene e invece vivono un malessere profondo. Quelli che lo hanno accolto bene sono quelli che hanno un’attenzione sociale.
È un film anche non per tutti, non dal punto di vista sociale, non penso che sia un film sociale, ma dal punto di vista cinematografico
Le immagini sono bellissime…
Vi sono delle immagini disturbanti, quindi credo che tante persone non apprezzino quel tipo di cinema, non è un film natalizio.
Dico sociale perché parla dell’infanzia, pochi riescono a entrar così nelle corde di un bambino in maniera nichilista, poi uno vede sempre bambini felici, gioiosi, invece hanno un’attenzione anche alla parte pedagogica, impressionante per essere così giovani. Mi ha lasciata di stucco perché è un tipo di analisi molto matura
Sono molto colti, leggono tantissimo, sentono tantissima musica, sono attenti ai fumetti, da quel punto di vista mi hanno non sorpreso dato che si dovrebbe essere sorpresi del contrario
Uno si abitua al contrario ultimamente…
Non hanno bisogno di mostrarlo.
Non sono radical chic, ma due puri, naturalmente talentosi. Congratulazioni per aver vinto l’Orso d’Argento come migliore attore in Volevo nascondermi, credo sia stato piuttosto difficile da interpretare. Cosa ti è rimasto del personaggio? Cosa ti ha lasciato in eredità?
Tantissime cose difficilmente definibili, più che altro quel che mi è mancato è l’incontro col pubblico. È stata una situazione stranissima per due motivi. Primo perché per la prima volta in vita mia sono in testa ai box office, secondo perché era con 3000 euro d’incasso…il film è uscito per 2/3 giorni e poi è arrivata l’emergenza Covid…c’era solo il mio film, i pochi che andavano al cinema lo vedevano.
Sì, spiace molto che si sia interrotta la proiezione di questo film bellissimo, con cui hai vinto un premio tanto importante…
Con i premi non ci si fa molto…
Ma dai, non è così! Ti ha dato una grandissima soddisfazione in un panorama internazionale…
Se non fosse arrivato il premio il film sarebbe rimasto nel dimenticatoio…
Credo che lo prenderanno tutti i festival… ma fonti ci dicono che ad agosto potrebbe essere di nuovo in sala, te lo auguro con tutto il cuore perché questo tipo di cinema italiano deve essere visto in tutto il mondo. L’ultima volta ti ho visto di persona con le “Bestie Rare” (ndr la sua band musicale)…
Anche con loro si è interrotto, mi sarebbe piaciuto fare la tournée.
Saluto Elio Germano pensando che l’arte possa sopravvivere nella sua forma più dignitosa e alta, solo attraverso un grande impegno civile: grazie per averlo consentito.
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