‘Roubaix, une lumière’ di Arnaud Desplechin. La disperazione della condizione umana.
Roubaix une lumière, donne, amore, morte, compassione e speranza, tutto accade vive e muore nella Gotham francese. Arnaud Desplechin dirige, e scrive con Léa Mysius, una storia nella quale ancora una volta la macchina da presa abita nella sua città natale. Prendendo spunto dalla realtà di un efferato omicidio, il regista francese profitta per descrivere l'umanità che vi ruota attorno attraverso l'azione di un commissario di polizia. Su MUBI in streaming
In streaming su Mubi, Roubaix une lumière di Arnaud Desplechin, la storia di un delitto efferato spiegata con la psicologia investigativa del commissario Daoud. Un film che sulla linea stilistica del polar indaga senza possibilità di tregua sulle interazioni tra guardie, presunti colpevoli, vittime e innocenti.
Un percorso narrativo decretato da una macchina da presa dai movimenti classici ed eleganti con nel mezzo primi e primissimi piani alla caccia di un segno di umanità perduta o ritrovata. Un’opera sensibile ma che da questa stessa inclinazione fatica ad affrancarsi fino a restarne estenuante prigioniera.
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Roubaix, une lumière di Arnaud Desplechin, la trama: confessione e misericordia.
Nella città di Roubaix la vita non scorre mai facile. Solo chi la conosce a fondo, come il commissario Daoud, può carpirne i segreti e giudicare colpevoli e innocenti. Come Claude e Marie, due giovani amanti intente a sopravvivere a sé stesse, accusate dell’efferato omicidio della loro anziana vicina di casa.
Interpretate da, rispettivamente Lea Seydoux e Sara Forestier, le due donne passano rapidamente dal ruolo di potenziali testimoni a presunte colpevoli. Aiutato da Louis Cotterelle, Antoine Reinartz, il suo giovane collega appena insediatosi a Roubaix, Daoud, che all’intuito investigativo affianca una notevole prontezza di spirito, non è per nulla convinto della loro innocenza e inizia con entrambe un serrato confronto teso a fare breccia nella loro psiche e a ricostruire la verità dei fatti.
L’interrogatorio
Non vi sono possibilità di scampo se si è sottoposti a un interrogatorio del commissario Daoud, magnificamente interpretato da Roschdy Zem. I suoi metodi fanno leva sulla forza delle parole e sulla propria capacità d’introspezione psicologica, accuminata lama che trova sempre il modo di affondare nelle profondità dell’animo altrui. Non ne risultano immuni le due sospettate che da subito provano a depistare le indagini ed evitare quell’approccio disarmante. In tal modo il focus nevralgico dell’intera storia diventa l’interrogatorio delle due donne che si trasforma in un punto di svolta sospeso in un tempo definito dalla narrazione dei fatti e compiuto solo dalla verità espressa. Sentimenti ed emozioni di tutti i protagonisti si saturano quasi a dare forma a un’unica materia frutto di un destino comune circoscritto dalla presa di coscienza, dalla consapevolezza della propria fragile umanità.
Roubaix, une lumière di Arnaud Desplechin: il polar sulla condizione umana
Non vi è pace in un mondo perimetrato dalla quotidiana presa di coscienza della difficoltà della condizione umana. La stessa giustizia resta lì inerme in attesa del verdetto che la nostra natura che ci spinge ogni giorno al domani ha già emesso. In concorso al Festival di Cannes del 2019, Roubaix, une lumière prende spunto da un episodio di cronaca di cui la periferia della città è stata teatro nel 2002. Lo stesso documentato e reso pubblico, con l’accento sugli interrogatori delle due donne, da un lavoro di Mosco Boucault ispiratore di parte della dinamica della pellicola di Desplechin.
Arnaud Desplechin ai microfoni di Taxidrivers:
Mi sono molto ispirato a un film di Alfred Hitchcock, The Wrong Man (Il ladro, ndr) perché il regista inglese, considerato a tutti gli effetti il maestro della finzione, aveva girato un film in cui invece non c’era alcun elemento di fantasia. Per quel lungometraggio Hitchcock si era ispirato a un fatto di cronaca letto sul New Yorker aderendo al massimo alla realtà. Decise infatti di girare a New York, la città in cui si erano svolti i fatti e a me piace pensare che l’abbia fatto sotto un’influenza di tipo rosselliniano.
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