«Ancora non è ufficiale, ma è probabile che l’anno prossimo a Hollywood mi diano l’ Oscar alla Carriera… ne sono felice!»: così Dario Argento, in un’intervista rilasciata a una testata italiana qualche tempo fa, faceva sapere di essere in odore di premiazione, di quelle importanti, che lasciano un segno indelebile. Chissà quante volte, d’altronde, il maestro del brivido italiano si sarà chiesto come sarebbe stata la sua carriera se avesse realizzato i suoi film in America.
E di capolavori, lo si può affermare senza dubbio alcuno, ne ha realizzati non pochi: Profondo Rosso (1975) e Suspiria (1977), in primis, senza dimenticare il primo periodo thriller, con L’uccello dalle piume di cristallo (1970), Il gatto a nove code (1971), 4 mosche di velluto grigio (1971). Dario Argento, poi, fino a un certo punto della sua carriera ha condotto un’interessantissima indagine sul rapporto tra sguardo e immagine, tra visibile e invisibile, tra campo e fuori campo (in Opera, 1987, in particolare). Anche in alcuni suoi film considerati minori è sempre presente questa ricerca, circostanza che non può essere trascurata e che, a maggior ragione, legittima l’importante riconoscimento di cui dovrebbe essere insignito nel 2021.
In attesa del suo ultimo film, Occhiali Neri, le cui riprese sono state rimandate a causa della pandemia, non possiamo fare a meno di condividere con il regista la gioia per questa prestigiosa attestazione ufficiale di stima. Una vita dedicata al cinema, che trova, infine, il meritato riconoscimento.
Luca Biscontini