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Le Myth Dior: Matteo Garrone ha diretto un cortometraggio per la celebre maison francese

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Su una musica che rivisita, accentuandone il versante ritmico, le Gymnopédies di Erik Satie, Matteo Garrone realizza un breve film per l’ultima campagna di Dior in cui mito, favola e sogno s’intrecciano. È un fulmineo viaggio nell’iconografia pittorica quello diretto dal regista romano, sullo sfondo di un paesaggio bucolico in cui Natura e Cultura coesistono in uno stato di armoniosa osmosi. Gli abiti della famosa casa di moda francese diventano in Le Myth Dior l’occasione per fornire movimento a ciò che è statico, come se si fosse voluto scandire il passaggio dall’immagine fissa delle arti classiche a quelle in movimento del Cinema.

Le ninfette de La Nascita di Venere di Botticelli, Narciso che si compiace della sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua, Le disavventure di Sileno di Piero di Cosimo, la sirena, la donna lumaca, la statua che si muove e altro ancora: Matteo Garrone rivisita una consistente quota di immaginario quasi per scuoterlo dal torpore in cui da tempo ristagnava. L’abito, allora, diviene l’oggetto che riattiva il desiderio, provocando un’emozione nuova, disegnando orizzonti inediti su cui posare lo sguardo. Ciò che, dunque, poteva assumere i tratti dell’ennesimo spot, sebbene d’autore, per vendere merci, con la grazia del regista de Il racconto dei racconti si tramuta in un messaggio di speranza, in un invito a rigenerare lo sguardo, a non rassegnarsi all’immobilità.

Guardando i dieci minuti di Le Myth Dior viene in mente tanto cinema, da quello di Wes Anderson e Guillermo Del Toro a quello del Peter Weir di Picnic ad Hanging Rock e del Ridley Scott di Legend. Ma anche e soprattutto dello stesso Garrone: impossibile non pensare a Tales of Tales o al più recente Pinocchio, prova quest’ultima, a dire il vero, un po’ opaca. Con un guizzo visivo vivido, Matteo Garrone conferma, quantunque si sia già spesso verificato in passato, come Cinema, Arte e Industria possano trovare un felice momento di incontro, stimolando riflessioni non banali e, soprattutto, non assumendo un atteggiamento impositivo, quello per intenderci che vorrebbe far degradare l’umanità a una schiera indistinguibile di ottusi consumatori.

Luca Biscontini

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