Unione, fratellanza e libertà sono i temi che emergono in Red Snake (Sœurs d’armes), scritto e diretto da Caroline Fourest. Ma è soprattutto un film sulle donne, sulla loro intraprendenza e sul coraggioso e fondamentale ruolo che svolgono in situazioni anche delicate come la guerra contro l’ISIS. Red Snake porta il cinema a mostrare e riflettere sulla questione curda, sulla loro continua e strenue resistenza allo Stato Islamico. Puntando i riflettori anche sulla minoranza yazida, popolo affine ai curdi ma con religione propria.
Il film è disponibile on demand su Sky Primafila, Chili, Rakuten TV, Apple TV, Infinity, Tim Vision, Google Play.
Trama
Zara, appartenente alla comunità yazida, viene rapita dall’ISIS insieme alla propria famiglia. Dopo essere stata prigioniera di un combattente, riesce a liberarsi ed a fuggire. Spinta dalla volontà di vendetta e dal desiderio di ritrovare il fratello, si unisce a un battaglione di donne guerrigliere, affiliate alla resistenza curda. Insieme affrontano la minaccia degli estremisti islamici, andando anche alla ricerca del fratello piccolo di Zara.
Red Snake – Recensione
Caroline Fourest è una giornalista e scrittrice femminista francese, che ha collaborato con il periodico satirico Charlie Hebdo fino al 2012. Ha alle spalle la realizzazione di numerosi documentari politici e sociali, incentrati soprattutto sui diritti, la guerra e le donne. Red Snake è il suo primo lungometraggio di finzione, ispirato alla figura di Nadia Murad, l’attivista yazida rapita e tenuta in ostaggio nel 2014. Dal 2016 è ambasciatrice ONU per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani e nel 2018 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.
Il fulcro del film è rappresentato dal gruppo di guerrigliere, che provengono da paesi diversi e sono legate a religioni differenti. Persone che, unite, lottano e resistono per la libertà e per i diritti. Ma soprattutto donne, che non accettano l’oppressione e la violenza dei loro carnefici e che riescono a liberarsi e combattere, come Zara. Un risveglio, una ricerca di consapevolezza e potere, nonché un passaggio da vittima a carnefice. Ma anche una trasformazione e un nucleo che si collega al femminismo, come ha detto la stessa Fourest.
L’attività di giornalista e documentarista è ben visibile nel soggetto. Non solo la storia di Nadia Murad, ma anche quella di un popolo intero, i curdi, che continuano ad opporsi e combattere strenuamente l’ISIS e non solo. Un popolo senza patria, che sogna la creazione di un Kurdistan indipendente e riconosciuto. Ma ancor più Fourest punta i riflettori sugli yazidi, una minoranza vittima di un genocidio nel 2014, di cui troppo poco si sente parlare. Uomini uccisi e donne violentate e vendute come schiave; ma molte hanno trovato la forza di fuggire o di unirsi alla guerra come soldatesse. Ed è proprio questo spirito e questa forza che il film vuole promuovere.
Il dramma profondo stemperato da un approccio legato all’avventura
Nell’approccio narrativo del film però il passato documentarista della regista passa in secondo piano. Il dramma della guerra e di quelle storie terribili è edulcorato con sfumature di genere. Red Snakeè soprattutto un film di guerra legato all’action, che tenta di seguire anche la strada della spettacolarità e dell’intrattenimento. Prevale, quindi, l’approccio avventuroso con addestramenti, agguati, combattimenti e città da assaltare. La ricerca del fratello rapito dall’ISIS, ormai da molto tempo, riporta alla mente Sentieri selvaggi di John Ford. Anche in questo caso il bambino potrebbe ormai essersi del tutto integrato con i rapitori.
Se da un lato questo approccio rende il film più universale e archetipico, dall’altro finisce con l’ingabbiarlo in una struttura eccessivamente stereotipata, come anche la figura del “nemico” e il confronto manicheo del bene e del male. Si perde, perciò, eccessivamente il contatto con una realtà terribilmente importante. Dal punto di vista cinematografico incappa in varie pecche come la mancata rappresentazione del passaggio temporale, di fondamentale importanza, e scene d’azione e una regia non sempre ineccepibili. Troppi momenti retorici ed enfatici appesantiscono ulteriormente un film, inno alla libertà, comunque nobilitato dal messaggio di tolleranza e unione.
Nel cast sono presenti anche l’italiana Maya Sansa, vincitrice nel 2013 del David di Donatello come miglior attrice non protagonista per Bella addormentata di Marco Bellocchio, e Amira Casar, vista di recente in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino.