Già presentato nella sezione ‘Panorama Italiano’ ad Alice nella Città 2019 (Festa del Cinema di Roma), “Stay Still” (Stillstehen) racconta la scelta di Julie, e probabilmente di tanti giovani della sua generazione, di restare immobile, come forma di resistenza, per non farsi schiacciare dall’ingranaggio delle operose “formiche” nella loro corsa cieca ad un frenetico fare privo di senso.
Ma questa ‘scelta’ sfugge di mano alla giovane donna, che porta sempre guanti di lattice e commette, senza apparenti emozioni, atti di piromania ed altre azioni palesemente evidenzianti una seria psicolabilità, a causa delle quali entra ed esce da una lussuosa clinica psichiatrica. Qui Julie conoscerà Agnes, infermiera e mamma quasi per caso che, al contrario di Julie, tiene molto all’approvazione sociale, ed è in continuo, caotico movimento pur senza una bussola che le indichi la rotta da seguire.
Opera prima al lungometraggio della regista di origini italiane, naturalizzata tedesca, Elisa Mishto, video-artista laureata in cinema e semiotica, ex pugilessa e fondatrice, nel 2009 di una società che promuove incontri di pugilato (la Festsaal Kreuzberg Boxing), il film è girato con grande cura estetica, rigore stilistico e dando conto di una sospensione del tempo, cinematografico e narrativo, che rispecchia l’algido imbarazzo psichico della protagonista, proveniente da una classe agiata, a vivere una vita ‘ordinaria’, sentita inconsapevolmente come ingiusta e sbagliata.
“Qualche anno fa, mentre giravo un documentario sulle istituzioni psichiatriche, “States of Mind”– racconta la regista – mi sono imbattuta in qualcosa che mi ha profondamente colpita: l’immobilismo dei pazienti delle cliniche che trascorrono spesso le loro giornate aspettando di prendere le medicine, o il pranzo, la visita di un familiare o, semplicemente, di stare meglio e, mentre aspettano, non fanno niente. Alcuni di loro vorrebbero, ma non ne sono in grado, altri si rifiutano ostinatamente di entrare nelle fila dei membri attivi e produttivi di una società. Spinti forzatamente verso la periferia delle comunità in cui vivono, vedono il mondo da una prospettiva diversa e si chiedono se lavorare è un privilegio o un obbligo o quale sia il nostro valore come esseri umani, se non si è in grado di ‘fare’ ma solo di ‘essere’.I pazienti di una clinica psichiatrica sono personaggi un po’ felliniani, che possono sconvolgere la realtà e plasmarla ai propri bisogni. ”
Julie e Agnes sono dunque considerate ‘formiche ribelli’ poiché, dal loro incontro di persone così profondamente diverse e disfunzionali ma bisognose l’una dell’altra – Julie testarda e sarcastica ereditiera che celebra l’ozio e Agnes, giovane e ingenua infermiera – nascerà un’ostinata opposizione al ‘fare’ e all’eseguire cieco, un desiderio di mettere a ferro e fuoco l’ordine costituito della clinica e non solo, quasi un monito a lottare, con ogni mezzo, per i cambiamenti che ciascuno vorrebbe vedere realizzati.
Il film, che fa riflettere su quanto possa essere “sconvolgente e doloroso ma anche liberatorio e politicamente radicale, l’atto di non fare nulla, in una società ossessionata dal produrre e consumare”, è stato realizzato in coproduzione fra Italia e Germania, i due Paesi che la regista sente più vicini, e in particolare prodotto da Martina Haubrich per Cala Film e e Andrea Stucovitz per Partner Media Investment.
Fondamentale apporto al film è la musica di Sascha Ring (Apparat), una delle principali artiste della musica elettronica europea contemporanea, che ha già lavorato in vari film italiani, vincendo di recente anche un David di Donatelloper le musiche di “Capri-Revolution”.
Nel cast, insieme alle due bravissime protagoniste in ruoli per nulla scontati, Natalia Belitski come Julie e Luisa-Celine Gaffron come Agnes, anche Martin Wuttke, Jürgen Vogel e il ‘nostro’ Giuseppe Battiston,sempre abilissimo ad adattarsi ed a rendere credibili i tanti personaggi differenti che interpreta.
Durata: 90'
Distribuzione: Istituto Luce-Cinecittà
Genere: Drammatico
Nazionalita: Germania, Italia
Regia: Elisa Mishto
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