Coinvolgente racconto ambientato nella Corea del Sud dei giorni nostri: Kim Ji-young: Born 1982 di Kim Do-young spinge a galla l’intero malloppo di pregiudizi, preconcetti e costrutti sociali che affliggono l’universo femminile in Corea del Sud. Il pubblico delle donne tenderà a simpatizzare con Ji-young, a trovarsi improvvisamente ad avere molto in comune con una coreana: cambia la cultura, ma le dinamiche sono sempre le stesse. Inutile dire che, in quanto madre, in diversi momenti mi sono sentita al posto di Ji-young e del suo pressante dovere.
Kim Ji-young: born 1982 : la trama
Ji-young (Yu-mi Jung) è una neo mamma di una bimba di poco più di un anno. Prima di essere madre, è stata moglie, donna in carriera, sorella, figlia. Tutti ruoli che ha rispettato a modo, calandosi perfettamente e aderendo alle richieste della società. L’arrivo della figlia però, dissesta la sua normalità e intacca l’equilibrio fasullo in cui viveva.
Lentamente si espongono ferite mai rimarginate e la sua emotività traballa: inizia così, se messa sotto pressione, ad avere episodi di sdoppiamento della personalità che preoccupano il marito. E nello specifico, incarna altre donne della sua famiglia, con sboccata onestà.
Riconoscendo la propria inquietudine ma non l’albore della malattia, Ji-young tenta di conquistarsi il rientro al lavoro, ma non trova un sostegno per la cura della figlia.
A quel punto, per amore, il marito si offre di prendersi il congedo parentale. Pare sia davvero la soluzione, fino a quando la società che sta là fuori con tutto il suo carico da 90, si ri-materializza con violenza: la suocera la accusa di mettere i bastoni tra le ruote alla carriera del figlio; la presa di coscienza della perdita economica ingente la demotiva – in Corea del Sud il salario di una donna è pari al 63% di un pari livello uomo – ; l’impossibilità di ricoprire i ruoli di massaia e madre la fa rinunciare.
“Grazie di renderti conto che le cose sono difficili per me.”
Jung Dae-Hyun (Yoo Gong), il marito , la ama molto. Ma si percepisce la presenza di un muro comunicativo e interpretativo, che impedisce al padre di entrare realmente in empatia con la madre e compagna. C’è una sovrastruttura che ingabbia le menti, una camicia di forza che impedisce la connessione.
Qui e là vengono inseriti i luoghi comuni, si materializzano situazioni o personaggi modello per tessere l’intero paradigma maschilista. E’ una rappresentazione finemente curata, in cui ciascuna presenza femminile si fa veicolo di una condizione, ogni situazione di una realtà verosimile se non già concretamente vissuta. Il senso di oppressione e di incomprensione di tutto l’universo femminile ha un inizio, nel film, ma non una fine.
Ji-young è la madre che cerca il riscatto; il suo capo la donna in carriera che ha rinunciato ad educare i figli; la madre di Ji-young, la donna di un’altra generazione, dimessa alla famiglia patriarcale; la collega è la single libera; la sorella la zitella perenne. Non c’è una condizione ideale, c’è solo una situazione di rinuncia, compromesso e adattamento.
La normalizzazione della violazione del corpo
Ci sono due momenti pulsanti nel film Kim Ji-young: Born 1982 di Kim Do-young, che vengono trattati come sequenze di vita, perché tali sono. Entrambi hanno a tema il corpo violato.
La scena più significativa vede una Ji-young ragazzina seguita da un suo coetaneo malintenzionato. Chiede l’aiuto del padre che non arriva repentinamente. Così, è la signora sensibile appena incontrata sull’autobus che interviene. Il padre, al contrario, alla fine l’ammonisce: come se la responsabilità di essere presa di mira come oggetto del desiderio, sia stata della ragazzina. “Se una roccia rotola verso di te, devi stare ferma? Se non la eviti è colpa tua.”
Questi continui avanti e indietro tra la vite, ribadiscono il destino comune di queste donne: lasciare indietro se stesse. Essere le sfavorite – la Corea del Sud è, come altre nazioni in Asia, un posto dove ancora fino a poco tempo fa era ben tollerato l’aborto selettivo.
Kim Do-young, con cura del dettaglio, usa la luce e lo sbilanciamento delle inquadrature per affermare questa enorme pesantezza del vivere. Gli scompensi emotivi sono scompensi fotografici. Le tensioni verbali sono macchine a mano che tengono a fatica la bolla. Le rinascite intellettive sono tramonti con luci calde o nevicate con luci brillanti. Ji-young stessa, nella sua degenerazione psicologica, è un corpo magro intrappolato in un cappotto lungo e sformato. E il suo corpo, poco curato, e quanto mai criticato per questa mancanza di presentabilità.
Kim Ji-young: born 1982 : il libro
L’autrice Cho Nam-joo ha, con questo suo terzo libro, sbaragliato la concorrenza (oltre un milione di copie vendute!). Questa è la storia emblema del movimento #MeToo in Corea del Sud, e senza alcuna sorpresa. Convoglia in sé tutto quello che è la condizione attuale della donna, e sposta finalmente il fuoco sul paradigma imposto (il dover essere, fare, dire, pensare…). Dà in pasto al pubblico questa donna di mezza età, al fine di sminuzzarne i trattamenti ingiusti con cui è stata nutrita negli anni. Smembra la sua famiglia felice, scavando e riesumando le infelicità diffuse.