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Perché KOMMUNISTEN, il film di Gian Maria Straub é una utopia comunista

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Nella sezione Fuori orario di RaiPlay è disponibile Kommunisten (2014), ultimo film del regista Jean Marie Straub, presentato al festival di Locarno.

L’UTOPIA COMUNISTA

Il film, come ogni opera del regista, ha una connotazione ideologica ben chiara, percepibile dal titolo e riconfermata dall’incipit. Con i titoli di testa lo spettatore, infatti, ha modo di ascoltare le note de Auferstaden aus Ruinen, inno della Repubblica democratica tedesca.

Kommunisten, non rientra nel cinema narrativo convenzionale e come tutta la filmografia del regista, rifiuta radicalmente le sue regole e il suo linguaggio. Per questo è molto difficile, e per alcuni aspetti non essenziale, riassumere la sua trama.

Utile e interessante, invece, risulta portare in superficie le modalità con cui l’autore ripropone, nel nuovo secolo, la più grande tragedia del Novecento perpetrata dai regimi nazi-fascisti.

LA STRUTTURA DEL FILM

Il film, da non considerare un testamento artistico del regista, è composto di sei blocchi, di cui solo il primo è inedito, gli altri sono tutti estratti da altri film che il regista ha realizzato, insieme alla sua compagna Daniele Huillet, scomparsa nel 2006.

Le note dell’inno della Repubblica democratica tedesca, portano lo spettatore in un contesto post bellico, ma il regista decide di iniziare Komministen nella Germania nazista, proponendo una delle sue trasposizione, o meglio trasfigurazione, letteraria. Straub, con il primo episodio di Kommunisten, propone un brano tratto da Le temps du mepris, scritto dal francese Andrè Malraux.

Gian Maria Straub, anche per questo suo ultimo film, resta fedele al suo stile, utilizzando una messa in scena scarna ed essenziale. L’interrogatorio ci viene mostrato con la macchina da presa ferma, senza movimenti e la voce del nazista è fuori campo, mentre i due prigionieri comunisti sono fermi e rispondo alle domande, con una recitazione straniante. Il film continua, con lo schermo che diventa nero e una voce maschile interpreta in un francese straziante e strascinato, un brano sulla tortura messa in atto dai nazisti.

Segue un breve dialogo di un uomo e una donna ripresi di spalla, con la macchina da presa sempre ferma dietro d loro. Il tono della recitazione è sempre straniante, senza mai abbandonare il messaggio politico, urgenza primaria del regista.

Straub continua Kommunisten inserendo estratti di altri suoi film, come Operai, contadini (2001), dove attori, non professionisti, immersi in un paesaggio bucolico e con il copione in bella vista, interpretano brani estratti da Le donne di Messina di Elio Vittorini, pubblicato nel 1949.

Successivamente, vengono riproposti estratti di Troppo presto, troppo tardi (1981), Fortini / cani (1976) e termina con La morte di Empedocle (1986); alternando varie lingue europee, soprattutto italiano e francese.

IL MESSAGGIO POLITICO

Quest’ultimo film di Jean Maria Straub, non deve e non può essere considerato una semplice operazione manieristica. Gli estratti riutilizzati acquistano un nuovo valore, mutando il loro significato, in una cornice molto più ampia. Esemplare è una sequenza che il regista inserisce nel finale, estratta da Fortini / cani, dove aveva una funzione introduttiva, ma in Kommunisten acquista un significato diverso e molto più suggestivo. Mostrando un paesaggio naturalistico, con un semplice movimento di macchina, il regista, in campo lungo, ci mostra dei bambini che giocano.

È in questa sequenza, che potrebbe essere estratto il vero messaggio del film: La speranza di salvare un mondo e una società, prigioniera delle regole del neocapitalismo e della globalizzazione selvaggia.

Straub, non ha mai nascosto la sua ideologia comunista e come molti intellettuali della sua generazione, ha fermamente creduto nella realizzazione dell’utopica società marxista.

Ma la sua ideologia è sempre stata lontana dalla semplice e nociva propaganda, come dimostra la sua filmografia. Il suo comunismo si allontana da quello reale dell’Unione Sovietica, delle grandi purghe staliniane e del mito della personalità.

Il comunismo di Straub, è un comunismo antico, potremmo definirlo atavico, che da millenni caratterizza l’uomo e la sua perenne aspirazione ad una società giusta e egualitaria.

È un comunismo puro, il suo, come è pura la voce e le risate dei bimbi, nella sequenze finale di Kommunisten. Ma il regista è forse consapevole che la sua è una visone utopica e fa seguire, alle voci speranzose dei bambini, un grido straziante, il vero finale, estratto da La morte di Empedocle.

Kommunisten è, di sicuro un’opera intellettuale, con cui il regista invita lo spettatore a riflettere sul presente e il futuro della nostra società, attraverso il passato. La sua è un opera poetica, dove riesce a conciliare perfettamente immagine e parola in un registro lirico.

IL CINEMA D’AVANGUARDIA  DI STRAUB

Quest’ultimo film di Straub, conferma la direzione avanguardista della sua produzione cinematografica, iniziata quasi sessant’anni fa, quando nel 1962, durante il festival del cortometraggio di Oberhausen, insieme ad altri giovani cineasti, firma un manifesto che auspicava la nascita di un cinema impegnato socialmente e libero da dinamiche commerciali.

Caratteristiche, queste, che hanno sempre posto Straub dinanzi a grossi problemi di distribuzione, non solo in Italia.

L’unico film di Straub, con un minimo di distribuzione nel nostro paese è stato Sicilia ! (1998), dove il regista, insieme alla moglie Daniel Huillet, riadattano, al loro linguaggio cinematografico, brani de Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini.

Ma Straub e Huillet, si pongono loro stessi al di fuori della cinematografia convenzionale e commerciale, anzi la rifiutano drasticamente. Il loro, è un discorso che rimanda al cinema preindustriale, quando si andava al cinema e si creava un’intelligenza collettiva. Con l’avvento del cinema industriale, con la sua produzione in serie, prima in vhs e successivamente in dvd, questa intelligenza collettiva, è quasi scomparsa del tutto, facendo dello spettatore un essere isolato.

La visione cinematografica di Straub e Huillet è svincolata da ogni regola commerciale. Questi sognano un cinema, dove le loro opere circolano senza apporre il marchio autoriale.

L’unica loro esigenza è quella di portare alla conoscenza il messaggio ideologico, politico e il pensiero dei grandi uomini della letteratura e della filosofia.

È certo difficile tratteggiare parametri univoci della filmografia dei due cineasti, ma in ogni modo, nei loro film, hanno sempre mostrato la volontà di trasfigurare, con la loro rilettura, opere non adatte al grande schermo. È questo successo in Othon (1970), con l’opera omonima di Corneille, con Fortini / cani (1976), con I cani del Sinai di Franco Fortini e in Quei Loro incontri (2006), dove vengono riadattati I dialoghi con Leucò, di Cesare Pavese.

Questa complicata operazione artistica, mesa in atto da Straub – Huillet, è sempre accompagnata da una regia spoglia, dove viene evitato qualsiasi effetto virtuoso, ritento illusorio, mirato alla creazione di un mondo artificiale.

Il cinema, secondo Jean Maria Straub, è uno strumento che deve essere utilizzato essenzialmente per vedere e sentire meglio il mondo e chi fa questo mestiere, con altre finalità, è un mascalzone.

Il suo cinema, solo erroneamente, potrebbe essere considerato un cinema teatrale. È pure vero, che i suo attori sono quasi sempre fermi, davanti la macchina da presa, e molto spesso rivolti di spalle, ma in tutti i suo film è sempre presente una condensazione del tempo e dello spazio, possibile solo con il linguaggio cinematografico, che il regista dimostra di conoscere alla perfezione, senza mai scendere a compromessi.

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