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Documentari

LEAVING NEVERLAND. L’oscura verità sul Re del Pop Michael Jackson

Leaving Neverland, il documentario HBO che mette sotto accusa Michael Jackson

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Leaving Neverland, l’oscura verità sul Re del Pop

Leaving Neverland di Dan Reed, documentario HBO presentato al Sundance Festival lo scorso anno (trasmesso in Italia su NOVE, ora disponibile su DPLAY), affida la sua verità, essenzialmente a due sole voci: quelle delle presunte vittime di Michael Jackson, Wade Robson e James Safechuck.

E’ indiscutibilmente vero che l’assenza di una pluralità di voci e punti di vista sia il punto più debole di tutto il film (di ben 236 minuti) ma, al contempo, anche il suo punto di forza. Il documentario “smantella” pezzo per pezzo una cultura (in special modo quella degli anni ’80) che orbita attorno alla fama, alla celebrità.

Un tourbillon di memorie, interviste, immagini e video di repertorio è il filo conduttore che accompagna lo spettatore per quattro ore, in un crescendo di mistero e di orrore. Sarà per quel privilegio concesso a pochi eletti, l’immortalità dei grandi artisti o per l’ombra della sua figura misteriosa e controversa, una cosa è certa: in questo film il fantasma di MJ è più vivo che mai. E ci fa paura, tanta.

Wade e James, due bambini cresciuti nel mito di Mickael Jackson

Quando Wade e James incontrano Michael Jackson, ai loro occhi la popstar più famosa del globo è al pari di una divinità.

Attirare quei ragazzini che tentano di emularlo, soggiogati dal suo fascino e dal suo carisma, per il Re del Pop è un gioco.

Safechuck e Robson, parlando dell’artista, descrivono dinamiche conclamate nei predatori pedofili: far sentire i bambini “speciali”, accattivarsi le famiglie condividendo con loro lusso e fama per poi allontanarli gradualmente dal loro nucleo, manipolare le vittime conquistandosi il loro affetto e la loro fiducia, promettere un “premio finale” per la loro dedizione e fedeltà, imporre loro la segretezza con la scusa di voler preservare l’unicità e l’intimità del rapporto instaurato con loro.

Jackson si avvicina alle due famiglie, Robson e Safechuck, tra il 1988 e il 1989, in concomitanza con il tour mondiale dell’album Bad.

Safechuck è un bambino che proviene da una famiglia umile: il padre netturbino e la mamma parrucchiera.

Nel 1989 incontra il suo mito Michael Jackson sul set di uno spot della Pepsi Cola dove interpreta un piccolo fan che entra di nascosto nel camerino del cantante.

All’improvviso, il bimbo si trova faccia a faccia con la star: i suoi occhi sono pieni di stupore come se avesse incontrato Babbo Natale o qualche creatura fantastica delle fiabe.

Rivedendo quelle immagini ora, Safechuck adulto, riconosce in Jackson l’orco cattivo che gli ha rubato l’innocenza.

C’è una foto risalente al 1988 che ritrae Michael Jackson, allora trentenne con James bambino, su un jet privato. Ai tempi MJ ha organizzato un viaggio alle Hawaii con Safechuck e sua madre e, nel documentario, ascoltiamo chiaramente la registrazione di una telefonata. E’ la voce inconfondibile di Michael Jackson, il quale afferma con un candore inquietante che la parte più bella di quel viaggio è stata “stare con James”.

James ricorda quello come il periodo in cui MJ inizia ad abusare di lui: la star gli intima di tenere quel “segreto” per loro. Se James avesse parlato con qualcuno di quel“rapporto speciale” tra lui e Michael, tutto il loro mondo sarebbe andato in pezzi.

Una vicenda piena di chiaroscuri: non c’è luogo in cui Michael vada senza essere accompagnato dal piccolo James.

Negli anni ’90, Jackson costruisce Neverland, quel paradiso per bambini a Santa Barbara che comprendeva un parco giochi, la mansion della star e perfino uno zoo.

Curioso il fatto che MJ abbia fatto installare nella sua abitazione un sofisticato sistema di allarme pronto ad avvisarlo qualora qualcuno si stesse avvicinando alla stanza o aerea in cui soggiornava.

Wade Robnson ha soli 7 anni quando incontra Michael Jackson..

Il bambino è un “impersonator”, un Michael Jackson in miniatura australiano. Il suo sogno è quello di diventare un ballerino. Jackson lo ingaggia per danzare con lui in tre videoclip Black or White, Jam e Heal the World.

Wade adulto descrive minuziosamente, guardando nella camera di Dan Reed, la prima volta che Michael Jackson abusa di lui. Uno scenario raccapricciante: il bambino nudo sul letto della star, inerme mentre l’uomo lo masturba. Wade ricorda che mentre tutto questo avveniva, il suo sguardo era fisso sul poster raffigurante di Peter Pan, appeso alle pareti della “stanza dell’orrore”. Non è raro che la vittima di un trauma, ponga la sua attenzione su un dettaglio irrilevante, per alienarsi dalla situazione che sta vivendo.

Quella volta è la prima di una lunga serie di violenze, quasi tutti gli abusi escludevano la penetrazione sessuale data la tenera età delle vittime.

Nelle memorie di Robson c’è un altro oggetto simbolo di quelle violenze subite, di quel rapporto malato e segreto: un anello.

Ai tempi, Jackson si reca in una gioielleria col piccolo Wade, per acquistare un anello per una presunta compagna, anello che la star regala al bambino. Un corteggiamento perverso, il simbolo che sancisce un’unione e ne rafforza l’importanza e l’esclusività.

Ancora oggi Wade custodisce quell’anello in una scatola perché sebbene il trauma della violenza sia stato metabolizzato, il potere e la fascinazione che MJ ha esercitato su di lui per un arco di tempo lunghissimo, sono duri a morire. Anche oggi che lo stesso Jackson non c’è più.

Per Wade, Michael Jackson è il Dio diventato carnefice; la sua figura resta ammantata di quell’aura di grandezza che per molti anni lo ha assolto da ogni colpa.

La relazione tra MJ e le famiglie delle sue presunte vittime

Ad assolvere Jackson, per molto tempo, sono stati, in primis, le sue vittime e le loro famiglie che si sono affidati a Jackson con una fede così cieca da annullare ogni loro discernimento o sospetto.

Sono stati gli stessi genitori dei bambini, ammaliati dalla figura mitologica di Jackson, a consentire che i loro figli dormissero con un adulto sconosciuto.

Il punto cruciale è che quello sconosciuto era, al momento, la persona più celebre del mondo.

Non solo, quell’uomo così inaccessibile a tutti, era diventato un membro di quelle famiglie, anzi si può affermare che le madri di Wade e James avessero una sorta di istinto protettivo nei confronti di Michael.

Jackson agisce da abile manipolatore, si conquista la fiducia delle famiglie a poco a poco.

All’inizio della frequentazione tra le famiglie e la celebrità, la madre di James, Stephanie, non acconsente a lasciare da solo il figlio in una camera d’hotel con Michael, e la madre di Wade nega al cantante di portare in giro per il mondo, per un anno intero, il suo bambino. Quei divieti, negli anni, vengono meno, perché Jackson li ha conquistati, li ha sedotti con una vita di agi e notorietà.

Per le sue vittime e i suoi fans, Jackson è una sorta di “angelo sceso sulla Terra”, un uomo asessuato e senza età, un talento “bigger than life” a cui non è concesso dire di no. Ai loro occhi tutte le sue stramberie, i suoi eccessi, le sue ambiguità, persino il suo passato tortuoso diventano peculiarità di un personaggio straordinario, un Peter Pan che vuole solo rendere felici tutti i bambini del mondo. Ma questa è la vita vera, non un racconto di Roald Dahl.

Michael Jackson: l’infanzia negata e la fama mondiale

Se guardiamo, al Michael uomo, se lo spogliamo delle sue vesti scintillanti, lo priviamo della sua maschera che ne annulla i lineamenti, e spegniamo i riflettori per un attimo, ci accorgiamo che MJ non è altro che una vittima. MJ era un ragazzino abusato da un padre violento, cresciuto in una famiglia disfunzionale, una “macchina per fare soldi” costretto ad eccellere come performer, già ai tempi dei Jackson 5.

Michael era un uomo abusato che, ad un certo punto della sua vita, viene investito da una fama e da una ricchezza spropositata.

Il confine labile che separa la vittima dal carnefice, la preda dal predatore si assottiglia ancora di più se si dispone di un potere illimitato come quello che possedeva la popstar.

Persino il concetto di Male nelle mani di Re Mida Jackson si trasformava in oro che luccica.

Abbagliati dal quel luccichio, Wade, Robson, i protagonista di questa fiaba oscura, sono caduti nella tana del lupo. Una tana piena di orrori ma confortevole, terrificante ma rassicurante allo stesso tempo.

Gli oscuri segreti di Neverland

Nel momento in cui l’incantesimo si è rotto, Wade e Robson si sono destati dal loro incubi. Oggi non sono più i bambini soggiogati di Neverland ma due adulti, due padri di famiglia che, senza cercare la compassione a tutti i costi, si sono raccontati in modo intimo, a tratti sommesso con un’emozione appena accennata ma vibrante, la voce rotta, le mani nervose. Colpisce sentirli dire che stringere i loro figli tra le braccia, ha riattivato il trauma di un’innocenza violata, dando loro la forza di confessare quel terribile segreto, una volta per tutte.

E’ vero, il regista Dan Reed con Leaving Neverland non ci ha fornito prove concrete sulla presunta colpevolezza di Michael Jackson ma ci ha dato un’opportunità: ascoltare le testimonianze dirette di due ragazzi le cui vite, forse, sono state segnate indelebilmente dal trauma e dalla vergogna.

Possiamo considerare la popstar “innocente fino a prova contraria” ma i ragionevoli dubbi, quelli che il documentario di Reed ha insinuato, non possono essere ignorati.

LEAVING NEVERLAND

  • Anno: 2019
  • Durata: 236
  • Distribuzione: HBO
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: USA, UK
  • Regia: DAN REED
  • Data di uscita: 25-January-2019

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