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Underground

Depensare il cinema – Gilles Deleuze

Il secondo degli incontri curati da Federico Febbo ed organizzati dal Cineclub Detour, per rimettere in circolo le idee di grandi menti pensanti del ‘900, ha fatto perno sulla figura di Gilles Deleuze, il sommo filosofo francese capace di ridiscutere con successo il concetto di creazione, in svariati campi del fare e del sapere, e non di meno in quello cinematografico.

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Il secondo degli incontri curati da Federico Febbo ed organizzati dal Cineclub Detour, per rimettere in circolo le idee di grandi menti pensanti del ‘900, ha fatto perno sulla figura di Gilles Deleuze, il sommo filosofo francese capace di ridiscutere con successo il concetto di creazione, in svariati campi del fare e del sapere, e non di meno in quello cinematografico.

Attraverso la visione di due documenti risalenti agli stessi anni in cui Deleuze scrisse i suoi due fondamentali testi sul cinema, L’immagine-movimento e L’immagine-tempo, è stato possibile rintracciare alcuni elementi di quel che è stato un vastissimo e rivoluzionario percorso di ricerca.

Nella conferenza dal titolo emblematico “Che cos’è l’atto di creazione” ( Francia, 1987, 46′), tenuta davanti agli studenti di cinema della Femis, il rapporto tra cinema e filosofia cambia di segno dal momento in cui sia dell’uno che dell’altra si parla in termini di creazione. La filosofia non deve cioè riflettere su qualcosa, ma bensì, alla pari ed in modo diverso, essere il frutto d’un percorso della creazione. E se è di questa il compito di creare – fabbricare e non scoprire – concetti e idee, così è nella natura creatrice del cinema fabbricare quelli che Deleuze chiama “blocchi di movimento-durata”, centrando in pieno lo specifico del mezzo in questione, ovvero la sua capacità di presentarci immagini in movimento e dotate di quella temporalità non fissa che apre al mondo della quarta dimensione.

Il cinema è allora atto di un creatore, il quale tuttavia non agisce primariamente in base al piacere, ma per un’autentica necessità di compiere quel determinato atto. Un atto che non ha in sé alcuna volontà di informare o di comunicare alcunché ma che porta, facendo riferimento a quel che si ascolta nei frammenti dell’Abbecedario (Francia, 1987, 35′), a quei “percetti” identificabili come sensazioni-percezioni tanto forti da diventare indipendenti da chi le crea e da giungere a noi come un vero atto di resistenza nei confronti di quel che sono i limiti stessi della creazione. Quei limiti che Deleuze riconosce nei confini dello spazio-tempo, ai quali non il creatore ma l’opera solamente può opporsi con quell’atto di vera rivoluzione, desiderio tanto ovvio quanto arduo, il resistere alla morte.

Salvatore Insana


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