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Il mockumentary di Hitoshi Matsumoto: Big Man Japan

Big Man Japan di Hitoshi Matsumotosi rivela essere un film eccentrico e sopra le righe capace di spaziare fra tre generi diversi.

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Big Man Japan (disponibile su Prime Video) scritto, diretto e interpretato da Hiroshi Matsumoto è un mockumentary con toni che virano al trash dal sapore giapponese

L’immaginario di Big Man Japan

La vicenda ruota intono a Masaru Daisato sesto discendente di una dinastia capaci di trasformarsi in giganteschi guerrieri, per combattere gli eccentrici e grotteschi mostri che ciclicamente attaccano il Giappone. L’immaginario cinematografico e, insieme fumettistico, ci hanno da sempre abituati ad assistere alle gesta di eroi che combattono mostri di ogni genere. Basta pensare a quante volte abbiamo assistito alla distruzione da parte di “cattivi” di metropoli e notare, con grande stupore, che il giorno dopo tutto fosse magicamente sistemato senza danno alcuno. Abbiamo mai riflettuto sul perché, ad esempio, i vestiti di Hulk si strappano in mille pezzi al contrario delle sue mutande? Quello che accade è una sospensione dell’incredulità e Big Man Japan riflette proprio su questo: il quotidiano dilemma del supereroe.

Big Man Japan - film: guarda streaming online

Big Man Japan e il dilemma quotidiano del supereroe

Il regista per avviare questa sua analisi tratteggia un protagonista come un anti-eroe: un uomo di mezza età che più che amato dal popolo è bensì odiato e disprezzato, non solo è anche tratteggiato come un uomo solo, apatico, separato e costretto a vedere sua figlia massimo due volte l’anno. Daisato inoltre vive in condizioni di miseria e, per racimolare qualche soldo, è costretto a fare del suo corpo un cartellone pubblicitario durante i combattimenti. La sua casa è tappezzata da scritte e manifesti che ne deridano l’operato; insomma più che un eroe Daisato si dimostra essere un vero fenomeno da baraccone.

Nel protagonista vivono, al contempo, due anime: l’eroe più realistico da un lato e quello più patetico e triste dall’altro. Il regista non si ferma a dipingere un anti-eroe, ma va oltre e anche il contesto che circonda Daisato prende un sapore artificioso, apatico e consumistico. Esplicativo in tal senso è la modalità in cui è ripreso il rito che precede la trasformazione dell’eroe: ripresa con un totale distacco empatico per diventarne piuttosto, un simbolo che alcune cose devono essere fatte perché si devono fare o meglio ancora, come dice uno degli attanti:“basta che funzioni no?”; rimarcando come anche la stessa figura dell’eroe sia ormai un prodotto da noleggiare per la classe media.

Il rifugio di Long John Silver: Big Man Japan (Dai Nipponjin ...

Lo stile

Per amplificare il tema trattato il regista decide quindi di girare un film con le sembianze di un documentario permettendoci, ancora di più, di vedere la noiosa e ripetitiva vita del protagonista; il film procede per accumulo di elementi, che vogliono demolire la figura dell’eroe classico. Gli stessi effetti speciali che, ad oggi ci appaiono antiquati, finiscono per essere elementi che appesantiscono la visione.

Gli improbabili e grotteschi mostri che Daisato è costretto a combattere divisi fra mostri strangolatori con invidiabili parrucchini, zoomorfe creature dal gigantesco occhio, teste con una sola gamba o fiori dall’odore fetido, finiscono per sovraccaricare visivamente il tutto. I found footage divengono richiami allo stile del documentario, con l’intento di scimmiottare le gesta dei personaggi illustri del passato.

Il film proprio per questo risulta pesante e non esita a perdersi in chiacchiere, ma Big Man Japan è in grado di mischiare, con grande originalità, tre generi: il documentario, i monster movie e il reality TV. Il primo è facilmente individuabile nella gestualità della camera a mano e nel tono investigativo, interrogatorio e talvolta didattico che il corso del film assume, il secondo è chiaramente esplicitato con la presenza della componente mostruosa e, infine, il terzo irrompe sfacciatamente alla fine del lungometraggio.

Big Man Japan Live Ending - YouTube

Il “finale reality” in Big Man Japan

Big Man Japan cambia prepotentemente registro nel finale, per trasformarsi in un inaspettato e assurdo reality paragonabile, tangibilmente, ai Power Ranger (Haim Saban, 1993). Per quanto possa apparire bizzarro e irrazionale, questo cambio stilistico-visivo è suscettibile a diverse interpretazioni semantiche.

Uno dei possibili significati può essere quello che Daisatu, “sconfitto” dal Mostro Rosso, viene aiutato dalla famiglia robotica che simboleggiano gli eroi giganti che ha visto da bambino e verso i quali prova ammirazione; sconfiggendo così il Mostro Rosso Daisatu viene portato in una sorta di Paradiso dove scopre che le vite degli eroi, che lo hanno salvato, sono disfunzionali tanto quanto la sua.

Altra interpretazione può essere che lo stesso Daisatu sia in realtà un attore in uno spettacolo televisivo e, il vissuto cinematografico precedente, sia una sua invenzione per gonfiare la sua immagine come attore di uno spettacolo fallito. A prescindere da quale sia il vero significato questo finale lascia aperte molte domande: dove inizia e finisce il reale? Il cinema è più reale della finzione? Il documentario è un genere di finzione? Dove inizia la vita reale, ammesso che ne esista una, da quella recitata? L’unica risposta sembra il reality che nella sua componente spiccatamente finzionale, si tramuta in una realtà rappresentata: un perfetto paradosso.

  • Durata: 113 minuti
  • Distribuzione: Phantom Film Shochiku
  • Genere: Documentario - Monster Movie - Reality TV
  • Nazionalita: Giapponese
  • Regia: Hitoshi Matsumoto
  • Data di uscita: 02-June-2020

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