EMA di Pablo Larraín: il corpo e la carne come chiave ardente per la libertà
Ema parla di una generazione che si lega a nuovi interessi e nuovi pensieri. Ed è da quel punto di vista che sono affrontati temi come quello della famiglia e delle relazioni.
Basta scorrere la filmografia di Pablo Larraín per accorgersi che il suo è un cinema che si lega fortemente ai personaggi che racconta. Dopo Neruda, il regista cileno è passato a ritrarre personaggi femminili. Prima in Jackie, con la moglie di John Fitzgerald Kennedy, Jaqueline. Adesso è il turno di Ema, nel film omonimo, presentato al Festival di Venezia 2019. Sono ritratti di due donne molto diverse tra loro, ma con in comune una grande forza interiore.
Ema| L’uscita in Italia
Dopo la presentazione al Festival di Venezia 2019, il film è stato proposto in anteprima su MioCinema il 13 giugno. Uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 2 settembre, distribuito da Movies Inspired.
Ema di Pablo Larrain é stato presentato in anteprima in streaming su Miocinema
Ema| Trama
Ema è una giovane ballerina di reggaeton ed è sposata con Gastón, un coreografo più vecchio di 12 anni. I due abitano a Valparaíso ed hanno adottato Polo, un bambino di 6 anni. Si sono però rivelati incapaci di gestire la personalità problematica del bambino, che così è tornato dagli assistenti sociali. Questo ha creato una crisi nel rapporto della coppia, fino alla separazione.
Ema| La recensione
Il film inizia con la ripresa di un semaforo in fiamme. E proprio il fuoco è un simbolo che arde costantemente, rappresentando l’energia e l’anima della ragazza. Ema è ingabbiata dalla mancata maternità, da un rapporto insalubre, dalle scelte musicali del marito/coreografo. Decide quindi di agire a modo suo, di liberarsi in maniera esplosiva. Lo fa usando il proprio corpo, con il reggaeton, la danza che ama, e con rapporti sessuali sia con uomini che con donne.
Ema è anche e soprattutto il racconto di una generazione
L’inizio è quasi respingente, l’antefatto non è subito raccontato, non capiamo cosa sia successo e non vediamo nemmeno il bambino. Inizia con litigi, insulti e con una danza sperimentale che ha come sfondo una specie di Sole. Simbolo anch’esso dello spirito ardente di Ema, pronto ad esplodere in atti incendiari. E la narrazione procede respingendo l’empatia, non celando atti estremi, contradditori, oscuri del personaggio. Le persone che incontra Ema sono soggette al suo ardore e se le si avvicinano troppo rimangono scottate. Lo stesso avviene per lo spettatore. Eppure non si può non rimanere ammaliati da quella creatura al tempo stesso dolce e seducente.
Ema è anche e soprattutto il racconto di una generazione che si lega a nuovi interessi e nuovi pensieri. Ed è da quel punto di vista che sono affrontati temi come quello della famiglia e delle relazioni. È in tal senso che viene presentato il reggaeton, osservato non solo come simbolo generazionale ma anche come simbolo di libertà. Non è un caso che venga spesso sottolineata la differenza di età tra Ema e Gastón, che appartiene quindi ad una generazione differente. Il marito ricopre il ruolo di coreografo/regista, una posizione quindi di potere che va a rappresentare il rapporto di genere. Il fuoco di Ema va ad opporsi anche a questo, demolendo una relazione in cui viene spesso disprezzata, riprendendola poi e trasformandola mediante la propria volontà.
Il raggiungimento della libertà attraverso il corpo
Larraín non si addentra molto nella psicologia dei personaggi e nelle loro emozioni, non siamo in grado di leggere i pensieri e i piani di Ema. Mostra invece gli impulsi, gli istinti, l’energia della ragazza e lo fa in particolare attraverso le espressioni del corpo, che diventa protagonista. Il corpo femminile, che viene spesso strumentalizzato dalla visione maschile, in Ema diventa espressione di massima libertà e anche di controllo. Libertà che si manifesta soprattutto con il ritmo, la sensualità, il lato quasi selvatico del reggaeton, ballato molto spesso per le vie e per le strade. Lo stesso vale per gli atti sessuali, con cui finisce per attrarre e controllare tutti i maggiori personaggi. È un film, quindi, dalle molteplici performance fisiche. La danza, il sesso e i momenti in cui Ema usa il lanciafiamme. Tutti e tre modi per esprimere la propria vitalità e il proprio fuoco, metaforicamente e letteralmente.
Si compone un ritratto fatto di pura energia, puro ritmo, di istinti, che avvolge lo spettatore pur non risparmiando i lati ambigui, sporchi, ostici. Un ritratto impreziosito dall’ottima interpretazione di una sorprendente Mariana Di Girolamo, al suo esordio cinematografico. Pur essendo esile di corporatura riesce a dominare lo schermo, nel suo ruolo di donna fatale e seducente. Gastón invece è interpretato dal messicano Gael García Bernal, attore di stampo internazionale già presente in altri film di Larraín.
Ema risulta sempre al centro sia della narrazione che dell’immagine
Il corpo di Ema è un elemento chiave anche dell’immagine, poiché la protagonista risulta sempre al centro dell’inquadratura. La macchina da presa assume, perciò, la funzione di uno sguardo soggettivo che la segue, la anticipa, la affianca. Uno sguardo che è sempre in movimento con l’eccezione dei primi piani frontali, attraverso i quali ci poniamo direttamente in comunicazione con i personaggi. Nonostante questa costruzione visiva, non si crea una mancanza e un forte legame con il fuori campo, come invece avviene nel cinema di László Nemes. Sono inquadrature centripete, che si realizzano e completano attorno ad Ema, così come tutto il film.
Pablo Larraín rivolge, quindi, notevole attenzione anche al lato visivo, con grande cura per la composizione delle immagini. L’estetica del film ricorda quella del videoclip e la colonna sonora va a formare un tappeto continuo ed ipnotico. La fotografia alterna la colorazione sporca dei vicoli di Valparaíso e un’illuminazione accesa e fatta di vari colori. Luci quasi al neon che svolgono spesso una funzione puramente espressiva, andando a colorare e risaltare volti e corpi. Larraín cerca, così, di affascinare e colpire lo spettatore non solo con lo sviluppo narrativo, ma anche con il lato visivo, le musiche, le coreografie, in quella che diventa un’opera multisensoriale ed ipnotica.
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