Un futuro prossimo e distopico in una Corea del Sud travolta da una grande crisi economica. È in questo scenario che si svolge Time to Hunt, film di Yoon Sung-hyun presentato al Festival di Berlino del 2020 e disponibile su Netflix. I protagonisti sono quattro ragazzi che organizzano un colpo in una sala da gioco, scatenando reazioni imprevedibili e violente. Nel cast troviamo Choi Woo-shik, salito alla ribalta con il grande successo di Parasite.
È una Corea in cui una crisi economica ha portato a un’enorme svalutazione monetaria. L’ambiente descritto è quello delle periferie, che appaiono dominate dalla povertà, dalla violenza, dal degrado. Un mondo simil post-apocalittico che offre poche speranze a chi lo abita. La società lascia del tutto abbandonati i giovani, che come unica soluzione vedono la criminalità. È per questo che i protagonisti decidono di organizzare il furto. Non sono nuovi a queste attività, uno di loro è appena uscito di prigione. Ma i soldi del precedente colpo hanno perso valore per via della svalutazione. Per ovviare a questo devono, perciò, cercare di ottenere dei dollari americani e uno dei pochi posti che ne ha in abbondanza è una sala da gioco. Ma la via della criminalità è ancor più difficoltosa e densa di pericoli, non portando altro che a una spirale di violenza.
In Time to Hunt l’aspetto sociale si integra bene con gli elementi del genere
La prima parte di Time to Hunt tende al dramma sociale, avvicinandoci al gruppo di amici, alle loro vite e allo scenario generale. Il loro sogno è quello di fuggire dal paese, che ormai non offre più niente. La rapina innesca poi l’azione, che da quel momento ha un costante crescendo. Si passa in seguito al thriller con venature horror quando un killer, assoldato dai proprietari della sala da gioco, inizia a dare la caccia ai protagonisti. Un antagonista che sembra sorgere direttamente dall’oscurità e che rappresenta tutta la violenza, la corruzione, l’ottenebramento di una società allo sbando. È una struttura narrativa, perciò, in continua evoluzione tra generi diversi e che vede un progressivo aumento di ritmo e di tensione, fino all’apice raggiunto con la sparatoria nel pre-finale.
È un mondo distopico che sembra in realtà appartenere alla contemporaneità. Alcune sfumature della vicenda non possono che richiamare alla mente fatti che stiamo vivendo in questo 2020. L’elemento della distopia finisce così con il riassorbirsi, rimanendo comunque sullo sfondo. L’aspetto sociale del film appare efficace, senza prendere il sopravvento e ben integrandosi con gli elementi del genere, ricordando il cinema di John Carpenter.
Il ritmo è incessante e la scenografia riveste un ruolo essenziale
Dal momento in cui parte l’azione, il ritmo cresce inesorabilmente, non concedendo mai tregua. La suspense è dosata benissimo da Yoon Sung-hyun, regista e sceneggiatore, e l’inseguimento lascia costantemente con il fiato sospeso. Le scene d’azione sono girate in modo sapiente, complice un montaggio lucido e serrato. Grande attenzione è rivolta anche al sonoro e, in particolare alla fotografia, che ricorda i lavori di Roger Deakins, con forti contrasti, luci al neon e illuminazione tenue.
La scenografia in Time to Hunt ha un ruolo essenziale, sia nel descrivere lo scenario distopico del film, sia nel dare risalto alle scene d’azione. Tre delle sequenze più importanti si svolgono in un parcheggio sotterraneo, in un ospedale deserto e in un palazzo abbandonato. Luoghi che riconducono al cinema horror e che, insieme a corridoi e vicoli ricorrenti, donano un aspetto labirintico in cui è difficile trovare ma è facile essere trovati. L’ambiente, così, diventa quasi un personaggio. È sempre più complicato scappare; dal paese, dal killer, che sembra sempre in grado di rintracciarli, dalle loro condizioni.
Neppure nei sogni il protagonista si rivela al sicuro; anche quelli sono raggiunti dalla violenza e dall’oscurità innescate. Lo scenario sociale, lo sviluppo narrativo, la costruzione visiva e scenografica e persino i sogni vanno a formare un reticolato claustrofobico. Oltretutto da quando l’azione si fa concreta e inizia l’incubo dei protagonisti, il cielo viene inquadrato pochissime volte e sempre di taglio; quasi mai si mostra limpido e luminoso. Solo una volta il protagonista alza lo sguardo, seguendo un aereo nel cielo. Simbolo del desiderio di fuga e libertà.
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