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La rivincita di Leo Muscato. Racconto alla Ken Loach tra i muretti a secco della campagna pugliese

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Primo lavoro cinematografico del regista teatrale Leo Muscato, offerto ora da RaiPlay, La rivincita è una storia di nuova povertà ambientata nell’Italia del sud. Un po’ alla Ken Loach, ma tra i muretti a secco della campagna pugliese. Pugliesi sono gli attori Michele Cipriani, Michele Vanitucci e Sara Putignano. Di origine turca la bravissima e convincente Deniz Ozdogan

Avrebbe dovuto uscire il 7 maggio nelle sale. Lo recuperiamo tra gli otto film inediti che manda in onda RaiPlay, dopo Magari di Ginevra Elkann e Bar Giuseppe di Giulio Base.

Resa filmica dell’omonimo romanzo di Michele Santeramo

La rivincita è tratto dal romanzo di Michele Santeramo; sua è anche la sceneggiatura, a quattro mani con lo stesso regista, Leo Muscato. Ci chiediamo come mai abbiano voluto saltare, del libro, proprio la prima scena, che vede i due fratelli, Vincenzo e Sabino (nel film, rispettivamente, Michele Cipriani e Michele Venitucci), uniti come saranno per tutta la narrazione. A parte i dissapori dovuti alle circostanze e non al loro legame, comunque molto forte.

Nonostante sia il 2 novembre e loro si trovino davanti alla tomba dei genitori, la faccia severa del padre e quella rassegnata della madre, l’incipit del libro non è malinconico. Vincenzo ripassa una preghiera, Sabino no per le interferenze della moglie, Angela (Sara Putignano) la cui voce come un mantra nella testa gli ripete di comprare le uova. Già dalle prime pagine sappiamo che gli cucina, tutti i giorni, la frittata. Non è quella della canzone di Rocco Papaleo in Basilicata Coast to Coast, che ha un sapore proustiano, quel “pane con la frittata preparato dalla mamma con il gusto dell’imprevisto che è il sale della vita”. No. È un companatico sempre uguale a se stesso che sa di miseria, dispetto, distrazione.

Oscillazione tra i diversi generi

Il contrasto tra il compianto dei morti e il pensiero fastidioso dell’ inesorabile frittata ai pasti provoca un effetto umoristico, mentre invece La rivincita di Leo Muscato ha un tono decisamente più drammatico rispetto a quello del romanzo. Il limite di questo racconto filmico è proprio un passaggio tra i generi (drammatico melodrammatico e comico), ondeggianti, alla ricerca di un’armonia che non si raggiunge, come invece avviene nell’esordio riuscitissimo del romanzo e nelle pagine a seguire.

Due famiglie legate tra loro in una triste realtà economica

Nel film, i due fratelli vivono in appartamenti che danno sullo stesso pianerottolo. Graniglia di marmo come pavimento, oggi vintage, ma non è questa l’intenzione. Mobilia vecchia, essenziale, brutta tappezzeria alle pareti, atmosfera dimessa. Nessun oggetto costoso, niente di voluttuario. Anche un figlio per Vincenzo e la moglie Maja (Deniz Ozdogan) è un lusso da dover rimandare. Lei, straniera, sa arrabbiarsi davvero, quando ci vuole, sacramentando nella sua lingua. Anche Vincenzo si sfoga urlando, a dire il vero, mentre Sabino e Angela soffocano tutto nei silenzi. Angela poi comunica il disamore nei confronti della vita davanti al figlio, già problematico di suo.

Il giorno che cambia tutto. Lo scivolamento verso una realtà di ulteriori rinunce

Chissà come sarebbero Vincenzo e Sabino, Maja e Angela se non fossero schiacciati dai problemi economici. Poi arriva un giorno in cui cambia tutto, è la prima frase del romanzo. È il giorno dell’esproprio, quello in cui a Vincenzo viene tolta la terra per la nuova autostrada. Da lì le scelte saranno sbagliate o comunque annebbiate dall’ansia del futuro, offuscate dai veleni con cui Vincenzo brutalizza la sua stessa terra. I personaggi scivolano sempre più in un gorgo di rinunce e abbrutimenti, in una sorta di racconto alla Ken Loach tra i muretti a secco della campagna pugliese, nello sfondo di Martina Franca.

Carlo Cerofolini scrive su Taxidrivers: “Sarà per le caratteristiche ancestrali del suo paesaggio o piuttosto per le molteplici contraddizioni che ancora oggi sono specchio di un malessere attribuibile all’intera penisola, fatto sta che il meridione per il cinema d’autore è un luogo di verifiche e consuntivi, quello in cui è possibile tastare il polso del paese, capire se nonostante tutto ce la possiamo fare.”

Malessere che non riguarda solo il Sud dell’Italia, ma tutta la penisola

Non solo il sud, come suggerisce Cerofolini. Abbiamo visto da poco in Favolacce cosa succede, soprattutto quando la disoccupazione si aggiunge a psicologie fragili. Al contrario del film dei fratelli D’Innocenzo, quelli  de La rivincita sanno essere forti a modo loro, si fanno coraggio dicendosi scambievolmente Se non ci aiutiamo in mezzo a noi? Ce la faranno a superare i momentanei conflitti? E, soprattutto, vivranno una rivalsa solo economica, o anche morale? Costretti come sono ad attraversare esperienze buie come il ricatto degli usurai o la vendita del sangue al mercato nero, da parte di Vincenzo. Che avrà anche un’altra infelice pensata: quella di vendersi niente di meno che un rene. Eccoci a ricordare Alberto Sordi del 1963 nel film Il boom di Vittorio De Sica, quel personaggio strambo che offre un occhio per pagare i debiti. Eccoci a sfiorare la commedia all’italiana, anche se dramma e melodramma qui hanno la meglio. Alla felicità ci vuole allenamento e lui non ce l’aveva, dice Michele Santeramo del suo Vincenzo letterario.

Il malessere economico accomuna il nostro Sud anche ad altre realtà europee

E infatti, noi non sappiamo com’era la sua vita e quella degli altri prima del giorno in cui è cambiato tutto. I debiti di Sabino però c’erano già e Vincenzo probabilmente viveva con il poco che la campagna restituiva alla sua fatica. Ora, con la perdita del lavoro, se pure difficoltoso, siamo alla disperazione. E in questo, purtroppo, l’Italia del sud non è solo specchio della penisola tutta, come dice Cerofolini, ma anche di realtà europee. Basti pensare ai due ultimi film francesi di Stéphane Brizé con Vincent Lindon In guerra e La legge del mercato. O agli ultimi di Ken Loach, Io Daniel Blake e lo struggente Sorry, we messed you. Una disgrazia umana collettiva, ancor prima dell’epidemia che ci ha travolti.

La speranza di territori migliori

La speranza però è il vero filo conduttore di questa narrazione, nel film e nel romanzo. Scrive Santeramo: “Gli occhi di chi abita questi posti si abituano a guardare oltre. Dietro la spazzatura c’è ancora un territorio meraviglioso, coperto dal volo dei falchi, fatto di luce e silenzio” Alla fine della visione del film di Muscato resta la consapevolezza, consolatoria, che, continuando a cercare il territorio meraviglioso di cui parla Vincenzo, ce la si possa fare, tutti.

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