È disponibile sulla piattaforma Zalab.org e nella programmazione in streaming de “ilbeltradesulsofà” Dove bisogna stare, film diretto da Daniele Gaglianone realizzato grazie al supporto dell’Associazione Medici Senza Frontiere.
Quattro donne. Quattro storie di solidarietà e altruismo coniugate al femminile. Di questo parla l’interessante documentario scritto a quattro mani dallo stesso regista insieme al documentarista, videomaker e dottore di ricerca in sociologia della comunicazione presso l’Università di Padova Stefano Collizzolli.
Dove bisogna stare di Daniele Gaglianone: Quattro storie di umana solidarietà
Quattro donne che vivono agli estremi di un’Italia che, di fronte al dramma dei migranti in fuga da guerre e povertà tentano il “grande viaggio” verso l’Europa.
Un viaggio pieno di difficoltà, spesso estreme che vede nella nostra penisola un punto di attracco finale o solo passeggero prima di proseguire verso il nord del continente.
Le storie di alcuni di queste donne e uomini in fuga si è intrecciato a quelle di Elena, Georgia, Lorena e Jessica.
Quattro donne di età diversa e di diversa provenienza sociale, accomunate tutte da un unico obiettivo: quello di aiutare chi è in difficoltà. Senza averne un tornaconto personale se non quello – e non è cosa da poco – della riconoscenza, sapendo di avere fatto esattamente ciò che le proprie coscienze dettavano loro in quel momento.
L’approccio di Gaglianone e Collizzolli è quello di un documentario in cui le quattro protagoniste si aprono alla telecamera, ognuna raccontando la propria esperienza: il proprio background e il proprio personale percorso di avvicinamento all’attività di aiuto verso il prossimo. Un cammino che i due autori compiono viaggiando in lungo e in largo il nostro paese, da nord a sud e da est a ovest.
Un viaggio che comincia dalle montagne della Val di Susa. Precisamente da Bardonecchia, terra di confine con la Francia. Luogo di transito per uomini, donne e bambini in cammino verso un paese che non li vuole. Fatica immane nel percorrere a piedi montagne innevate e ostili.
Verso quel Colle della Scala che segna il confine statale prima della discesa verso la città cinta da mura di Briançon, primo luogo d’approdo in territorio transalpino. Meta agognata di chi affronta la traversata in condizioni estreme, spesso con indumenti inadeguati, rischiando letteralmente la vita nella neve e nel gelo di quelle montagne.
Elena
Elena è una figlia di questa valle. Come molti anche lei ha un’esperienza nel movimento NoTav (le cui lotte lo stesso regista aveva raccontato in Qui, 2014).
Per lei che vive a Oulx, a una ventina di chilometri dal confine, è naturale adoperarsi per aiutare chi tenta la traversata. La vediamo quindi ospitare un giovane camerunense salvato in extremis dai volontari, con un principio di congelamento a entrambi i piedi per aver cammino ore nella neve, prima in scarpe da tennis, poi senza le calzature ormai intrise d’acqua.
Lorena
Anche Lorena, psicoterapeuta in pensione di Pordenone, ha deciso di mettersi in gioco per aiutare giovani, soprattutto pakistani, che vivono nella sua città in un’area ex industriale nota come “jungle”. Sono ragazzi provenienti dalle rotte balcaniche, bisognosi di tutto, in particolare di cure.
Lorena li aiuta ormai da qualche anno. Da quando cioè si formarono gruppi di solidarietà di cittadini auto-organizzati che, a fronte delle difficoltà di Croce Rossa e Caritas, iniziarono a prestar soccorso a chi arrivava.
Georgia e Jessica
Così come Georgia e Jessica, due giovani donne rispettivamente di ventisei e ventidue anni.
La prima, di Como, ha deciso di mettersi in gioco il giorno in cui ha visto formarsi nelle vicinanze della stazione della sua città un accampamento spontaneo di uomini e donne, per lo più africani, in attesa di poter tentare, il più delle volte con esito negativo, il passaggio della frontiera Svizzera.
Jessica invece vive a Cosenza. È una ragazza arrabbiata e combattiva. Gestisce una casa occupata dove abitano circa 80 famiglie, molte delle quali composte da migranti senza permesso di soggiorno.
Jessica oltre ad accoglierli – perché per lei uno di bisogni primari di un uomo è quello abitativo – li aiuta nello sbrigare le varie pratiche burocratiche per tentare di mettersi in regola.
Dove bisogna stare? Dalla parte di chi è in difficoltà!
Alternando le quattro vicende e utilizzando la macchina da presa in maniera a volte frenetica, altre volte indugiando sui volti intensi dei protagonisti, Gaglianone riesce a comunicarci un sentimento di grande ammirazione nei confronti delle quattro donne e di solidarietà verso chi è meno fortunato di noi nella vita.
Il titolo del film non è scelto a caso: Gaglianone e Collizzolli si pongono una domanda. E si danno anche una risposta: dove bisogna stare?
Ecco, è proprio lì, fra gli ultimi, fra i diseredati della terra che bisogna stare, come ci dicono le quattro, splendide protagoniste.
Fra le montagne innevate del Piemonte; ai confini di una nazione; nelle case occupate; fra i derelitti che vivono in aree dismesse.
Senza paura di doversi mettersi in gioco perché per tutta la fatica, le ansie e le difficoltà alle quali vanno incontro sicuramente verranno premiate.
Non con soldi o riconoscimenti ufficiali, ma con il premio più bello che si possa ottenere: la gratitudine di altri esseri umani. Quello che fa dire a Elena: “Io lo rifarei”.
E la commozione che nel finale affiora sul volto di tutte e quattro sta lì a dimostrarcelo.