Farsa degli equivoci basata sullo scambio di due coppie di gemelle alla loro nascita. Una volta adulte, le ritroviamo mischiate: l’avida Sadie (Bette Midler) e la dolce Rose (Lily Tomlin) Shelton crescono tra agi e lussi in quel di Manhattan; la sognatrice Sadie (sempre Midler) e la pratica Rose (sempre Tomlin) Ratliff, invece, sono radicate nelle campagne di Jupiter Hallow. Per una serie di coincidenze, si ritrovano tutte e 4 all’Hotel Plaza di New York. Prima regia in solitaria di Abrahams senza l’appoggio di David e Jerry Zucker. I risultati sono blandi, ciononostante qualche risata scappa. C’è anche Michele Placido: è Fabio Alberici, corteggiatore di Sadie Shelton.
Classico Disney tra i più trascurati, forse per gli strascichi bellici che imponevano tirature di cinghia a una produzione in odore di riciclo (vedi il Grillo parlante di Pinocchio che fa da ponte tra le due storie, o Topolino e soci impiegati nel secondo episodio). Eppure il magnetismo non manca. L’uso sapiente di uno sfavillante Technicolor fa il resto, e non è poco.
DopoEcco il film dei Muppet, ritroviamo Kermit, Fozzie e Gonzo nelle vesti di reporter per un quotidiano statunitense. Volano (o meglio precipitano) a Londra per intervistare Lady Holiday (Diana Rigg), stilista di alta moda, derubata dei suoi gioielli. In tutto ciò si inserisce Miss Piggy, che vuole diventare indossatrice. Seconda avventura cinematografica per le creature pelose di Henson, che alza il tiro con coreografie in omaggio a Bubsy Berkeley; dialoghi sempre più fulminanti: «Mi scusi Lady Holiday, ha intenzione di assumere altri maiali?» «Be’, le assicuro che ci penserò due volte»; e comparsate celebri da (ri)assaporare – in particolare quelle di John Cleese e Peter Falk.
Il primo lungo dedicato alle questioni relazionali tra Pippo (padre pasticcione e amorevole) e Max (figlio alle prese con i turbamenti dell’adolescenza), ma solo con alcuni personaggi della serie televisiva Ecco Pippo da cui è tratto. Pietro e P.J. li ritroviamo, mancano Peg e Carabina (moglie e figlia di Pietro), il cane Tigre e il gatto Cialda. Divertente nonostante qualche eccesso zuccheroso, specie in alcuni frangenti canori. Un prodotto pregno di quella cultura pop anni 90 in debito verso Beverly Hills 90210 e con espliciti riferimenti all’icona di Michael Jackson.
Capostipite del fortunato franchise contenente altri 4 lunghi per il cinema, uno per la televisione e una serie televisiva mai arrivata in Italia (interrotta dopo 5 episodi) con Herbie, la Volkswagen bianca n. 53. Già dai titoli di testa assaporiamo il gusto di quelle commedie slapstick di un tempo: merito anche di caratteristi come il diabolico David Tomlinson, sulla scia di Jack Lemmon di La grande corsa; e Buddy Hackett, le cui espressioni stralunate rimandano ai personaggi di Hanna-Barbera.
Commedia gradevole, un po’ datata, sull’eterna battaglia tra marito e moglie e i loro rispettivi cani. Suzanne Pleshette, dopo i corvi di Hitchcock (è la maestra Annie Hayworth di Gli uccelli) deve vedersela con Brutus, il danese del titolo, quando in un impeto di frenesia le sfonda il letto su cui è sdraiata. Dean Jones, per decenni legato alle produzioni Disney, sovvertirà l’etichetta di «bonaccione» col malefico dottor Varnick di Beethoven(1992).
Casey, teppistella orfana di Los Angeles, entra in contatto con Harry Bundage, truffatore che ha scoperto l’esistenza di un tesoro nel maniero inglese Candleshoe. Aiutata dall’uomo, la ragazza si spaccia per la nipote scomparsa di Lady St. Edmund, proprietaria della dimora. Una volta creduta dall’anziana, Casey si mette alla ricerca del bottino, ma il maggiordomo Priory vigila con discrezione. DopoTaxi Driver, Quella strana ragazza che abita in fondo al viale e Casotto, Jodie Foster ritorna alla commedia innocua per famiglie, leggera e spensierata; trovando come comprimari di classe gli ottimi Helen Hayes e David Niven.
Disney+ arricchisce il proprio catalogo con un titolo sempreverde, tratto dal romanzo di Eleanor H. Porter. Hayley Mills, onorata con un Oscar speciale per il ruolo e nome di punta di casa Disney (Il cowboy col velo da sposa,Giallo a creta), entrò di diritto nell’Olimpo dei bambini prodigio.
I tre caballeros (1944, di Norman Ferguson, Clyde Geronimi, Jack Kinney)
Con Saludos Amigos (1942) forma il dittico celebrativo per la politica di buon vicinato tra Stati Uniti e America Latina, durante la presidenza Roosevelt. Paperino, José Carioca e Panchito ci accompagnano lungo Brasile, Messico e Argentina: una strada fatta di paesaggi incantevoli e bellezze esotiche, tra cui spicca Aurora Miranda, sorella della più famosa Carmen.
Chris Parker, babysitter sconsolata della periferia di Chicago, deve occuparsi di Sara, Brad e il loro vicino di casa Daryl. Ma, per una serie di circostanze, i 4 si ritrovano a vivere l’avventura di una notte in centro città. Esordio da regista per Columbus (pochi anni prima di sbancare con Mamma, ho perso l’aereo) dove Elisabeth Shue comincia a masticare – con bravura – la posizione di attrice protagonista. Un lavoro dai toni rassicuranti (Chicago sembra più un parco giochi che una metropoli pericolosa), quando uscì fu un buon successo. Debutto al cinema per Penelope Ann Miller, è Brenda l’amica di Chris.
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