Bling Ring di Sofia Coppola non é un film sulla adolescenza. Vediamo perché
Bling Ring di Sofia Coppola va apprezzato quanto o più di Somewhere per ciò che non è, per la resa di quel "sonno esistenziale" che già la regista aveva evocato fin da Il giardino delle vergini suicide. Non è un film banale, semmai un film sulla banalità (del male). Da vedere
Bling Ring, un film del 2013 diretto da Sofia Coppola. Il film, prodotto e scritto dalla stessa regista, narra la reale vicenda di una banda di giovani ladruncoli operanti nella zona di Los Angeles che tra il 2008 e il 2009 compì numerosi furti soprattutto in case di personaggi dello spettacolo.
I media diedero alla banda il nome di Bling Ring, letteralmente “banda dello sfarzo” (ma anche “anello sfarzoso”).
Per ricercare i giusti attori a cui far interpretare i protagonisti, la regista Sofia Coppola, le direttrici di casting Nicole Daniels e Courtney Sheinin e il produttore esecutivo Fred Roos hanno impiegato oltre un anno per arrivare a scegliere Emma Watson, Taissa Farmiga, Israel Broussard e le esordienti Claire Julien e Katie Chang.
Sinossi
Ossessionati dalla fama, dal successo e dal denaro, cinque adolescenti – Nicki (Emma Watson), Sam (Taissa Farmiga), Marc (Israel Broussard), Rebecca (Katie Chang) e Chloe (Claire Alys Julien) – usano internet per individuare gli indirizzi di ricchi e noti personaggi dello star system. L’obiettivo è intrufolarsi nelle loro abitazioni e derubarli di beni ed oggetti preziosi.
Bling Ring di Sofia Coppola va apprezzato quanto o più di Somewhere per ciò che non è, per la resa di quel “sonno esistenziale” che già la regista aveva evocato fin da Il giardino delle vergini suicide. Non è un film che prende posizione, né una da adulta e moralista né una giovanile e che si fa “tentare” dallo sballo dei protagonisti; risulta distaccata e quasi fredda, cronachistica, una scelta in linea con il tono da inchiesta (di Vanity Fair) e che si fa espressione di questo senso di vuoto, di questa assenza che il film della Coppola, senza esaltazioni né spettacolarizzazioni, riesce a rendere.
Non è un film sull’adolescenza: i protagonisti avrebbero anche potuto essere adulti, ma la scelta di questa fascia di età è dovuta all’interesse di rimanere fedeli, nell’analisi, ad una modernità triste e esplicitamente svuotata. Non è una semplice critica a un mondo o a un’ossessione, ma prende la fama e il divismo come mezzi di espressione più profondi di assenze incolmabili e tutte figlie della modernità. Non annoia lo spettatore, benché metta in scena una voluta ridondanza in cui si ritorna a falsi miti e a falsi obbiettivi. Non è un film banale, ma che tratta di tematiche banali. La musica è ancora fenomenale, stravolge i canoni hollywoodiani e stordisce come aveva fatto in Marie Antoinette; la regia non sembra voler dire più nulla, rassegnata all’idea di una diffusa disumanizzazione, da cui va escluso il protagonista Marc (non per questo più innocente delle altre protagoniste), e in questo modo la Coppola evita generalizzazioni.
Da certe scene scoppietta un’ironia assai cruda e tagliente e non c’è certo la voglia semplice e risibile di mettere alla berlina miti giovanili (Emma Watson si scorda di Hermione, ed è irresistibile), anche se avrebbe potuto essere funzionale ad altro. Non c’è niente, dietro Bling Ring, solo giovani individui che rubano dalle case delle star, e che cercano nella fama di riempire un vuoto che, oggettivamente, non sarebbe riempibile. Se fosse stato un film moralista, la fama (ottenuta alla fine a qualunque costo) non avrebbe soddisfatto le protagoniste: in questo caso l’umanità, implicitamente rassegnata, se la fa bastare. Dopotutto, è un film sulla fine della felicità. E Sofia Coppola non può farci niente. L’impotenza dell’arte, e la sua grande umiltà.
Anno: 2013
Durata: 90'
Distribuzione: Lucky Red
Genere: Drammatico
Nazionalita: USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, Giappone
Regia: Sofia Coppola
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