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Su Youtube è disponibile Umberto D. di Vittorio De Sica

È disponibile su Youtube Umberdo D. (1952), diretto da Vittorio De Sica e sceneggiato da Cesare Zavattini. Dopo la favola di Miracolo a Milano, De Sica torna al puro Neorealismo con Umberto D.

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Con Umberto D. Vittorio De Sica torna al puro neorealismo. Un anno prima, con Miracolo a Milano, il regista aveva concesso carta bianca a Cesare Zavattini, suo fidato collaboratore. Di fatto il film risulta un condensato dell’ideologia zavattiniana. E in più occasioni De Sica dichiarò che Miracolo a Milano era un omaggio al suo amico e collaboratore; quest’ultimo si sentì in dovere di ricambiare, realizzando Umberto D, una pellicola dedicata al padre di Vittorio De Sica.

Protagonista è Umberto Domenico Ferrari (Carlo Battisti), uomo anziano che tira avanti con una misera pensione e non riesce a pagare l’affitto di una piccola camera ammobiliata. Trascorre le sue giornata svendendo i pochi suoi averi per racimolare una piccola cifra per saldare un debito con Antonia (Lina Gennari), la padrona di casa, ed evitare lo sfratto. Umberto, senza famiglia, riesce ad avere un vero rapporto solo con Maria (Maria Pia Casilio), la servetta di casa, e con Flaik, il suo inseparabile cane.

Il film si apre con le immagini di una manifestazione non autorizzata di alcuni pensionati che chiedono un aumento della retribuzione. Dopo le prime inquadrature, dalla folla emerge Umberto. Da questo momento, fino alla fine del film, assistiamo al pedinamento del personaggio, operazione che il duo De Sica-Zavattini già aveva messo in atto in Ladri di biciclette (1948). Umberto Ferrari, come Antonio Ricci, viene seguito dalla macchina da presa in maniera ossessiva e così il film non procede in maniera convenzionale ma quasi per sottrazione, soffermandosi con insistenza sui particolari della vita di Umberto. In questo modo ogni sequenza del film acquista una sua autonomia narrativa, essendo perfettamente leggibile, anche separata dal resto del film.

Come la demarcazione netta tra ricchi e poveri in Miracolo a Milano, anche il pedinamento del personaggio è, in gran parte, opera di Zavattini. Il soggettista non è un semplice scrittore della settimana arte, ma un vero intellettuale. Nato come giornalista, ha dimestichezza con il testo scritto, ma di buon grado accetta le nuove tecnologie portate dal mezzo cinematografico, ritenute molto più efficaci nella diffusione del messaggio che si vuole trasmettere. Compone anche delle riflessioni sulla potenzialità del cinema. Per Zavattini il Neorealismo è fondato sul pedinamento del personaggio. La macchina da presa deve seguire il protagonista, lo deve accompagnare nel suo vagabondare, nei suoi incontri fortuiti, fino a farne scoprire l’indole e quindi creare la storia. Gli altri personaggi possono avere rilievo, solo se usati come strumenti di conoscenza del protagonista. È ciò che avviene con Maria. La servetta è l’unica che dimostra un minimo di solidarietà per Umberto. Ma è tramite lei che veniamo a conoscenza che Umberto, nonostante la miseria in cui vive, è un uomo di cultura: “Hai svolto il compito che ti ho assegnato? Ricorda che tutti si approfittano degli ignoranti“. È questo l’avvertimento che il povero vecchietto impartisce alla giovane e ingenua servetta, la quale aspetta un bambino, senza sapere chi è il padre.

In Umberto D. l’esistenza dell’individuo è racchiusa nella sua quotidianità. È una presa diretta della giornata tipo di Umberto, scandita da eventi casuali e ostacoli d’affrontare. In Ladri di biciclette il pretesto per effettuare il pedinamento era la ricerca della bicicletta rubata, in Umberto D. è la ricerca di denaro necessario per evitare lo sfratto. Umberto è un borghese ormai decaduto, che tiene molto alla sua dignità ed eleganza estetica, basti pensare a quando si fa trovare vestito, con tanto di cravatta, dai portantini per essere portato in ospedale. Ma Umberto, comunque, continua ad essere umiliato da tutti, specie dalla sua padrona di casa, che sembra uscita da un film dei “telefoni bianchi” d’epoca fascista. Il regista descrive il mondo della borghesia egoista e avido. Gli ex colleghi, che Umberto incontra in una Roma dominata da edifici barocchi, non fanno una bella figura e nessuno di loro dedica un minimo di attenzione al povero anziano. De Sica non attacca solo i singoli ma anche le istituzioni, come lo Stato, che manda i celerini per far sciogliere una manifestazione organizzata da un gruppo di vecchietti. Ma attacca anche la Chiesa, come la suora in ospedale che “protegge i suoi protetti”.

Umberto D. di Vittorio De Sica

Oltre ad Umberto, l’altro personaggio positivo è Maria. Sono questi gli eroi del film, ma non sono le loro azioni a renderli tali. Questi non fanno nulla, oltre che vivere la loro quotidianità. A renderli eroi è la macchina da presa di De Sica che sottolinea la loro sofferenza. Ciò avviene senza virtuosismi d’effetto, ma con uno stile semplice, mostrando la nuda verità. Il regista li riprende nei loro atti più semplici, come il mettersi a letto di Umberto e le faccende domestiche di Maria. Ma la macchina da presa ci mostra anche gli atti pietosi: il tentativo di Umberto di elemosinare qualche spicciolo, oppure i momenti di sconforto, quando torna a casa e trova le sue cose ammassate e la sua stanza sventrata. E De Sica ce lo mostra attraverso il buco della parete. È questo uno dei pochi movimenti d’effetto, all’interno di un film con una regia essenziale, spoglia, come la storia che racconta. Solo nel finale, per coinvolgere maggiormente lo spettatore, il regista si concede qualche primo piano. Ad Umberto, quando è alla ricerca del suo fidato cane nel canile, oppure quando medita il suicidio per la prima volta e il regista ci comunica la sua intenzione con una soggettiva.

Il risalto che De Sica dedica alle azioni più banali, senza alcuna importanza, sarà molto apprezzato dai critici di Cahiers du Cinema, come Francois Truffaut e Jean-Luc Godard. E anche questi adotteranno lo stesso procedimento nei loro film, basti pensare A bout de souffle (1960). L’effetto di verità, di presa diretta in Umberto D. , viene dato anche dalla recitazione spontanea, che De Sica poteva ottenere solo con attori non professionisti. Il regista si impegna molto per cercare le facce giuste. Per il ruolo di Umberto scelse Carlo Battisti, noto docente di glottologia, che non ebbe più contatti con il cinema. Diversamente andò con Maria Pia Casilio, scoperta da De Sica, ma che continuò a lavorare come caratteristica nel cinema. E possiamo ritenere recitazione anche quella del cagnolino Flaik. Quest’ultimo non va considerato un semplice abbellimento narrativo, ma è un personaggio a tutto tondo. È grazie a Flaik che Umberto rinuncia al gesto estremo, ed è sempre merito del cane se si salva nella sequenza finale. Ed è sempre attraverso Flaik che il regista crea l’atmosfera di speranza nell’ultima sequenza; quando i due si allontanano in campo lungo mentre giocano e davanti la macchina da presa passa un gruppo di bambini.

Umberto D. è senza dubbio uno dei migliori film di De Sica e una tappa fondamentale, forse conclusiva, dell’intera stagione neorealista, ma fu un completo fiasco al botteghino. Gli spettatori, ormai avvezzi al cinema americano, non compresero le intenzione del regista. Inoltre, il film ebbe non pochi problemi con la censura e fu al centro di un duro confronto politico. Nel gennaio del 1952, quando Umberto D. arrivò nelle sale cinematografiche, un giovane esponente politico di nome Giulio Andreotti, allora sottosegretario alla cultura, con un ruolo di rilievo nella commissione di censura, scrisse un articolo pubblicato sulla rivista D.C, Libertas, in cui accusava il film e il suo regista di spirito anti-italiano:” Se è vero che il male si può combattere anche mettendone duramente a nudo gli aspetti più crudi, è pur vero che se nel mondo si sarà indotti, erroneamente, a ritenere che quella di Umberto D. è l’Italia della metà del secolo XX, De Sica avrà reso un pessimo servigio alla sua patria”. Queste furono le parole del futuro capo del governo, che non si limitò ad attaccare il film sulla stampa, ma mise in atto un vero boicottaggio nei confronti della pellicola, che venne esclusa da ogni Festival di una certa importanza.

Dopo quasi 70 anni dall’uscita del film pare superfluo rammentare sua bellezza estetica e poetica, ma è utile affermare che Umberto D. era ed è un film attualissimo. Erano e purtroppo sono ancora tanti gli Umberto Domenico Ferrari, che dopo una vita di lavoro sono costretti a sopravvivere emarginati dal resto della società.

  • Anno: 1952
  • Durata: 89'
  • Distribuzione: CG Entertainment
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Vittorio De Sica
  • Data di uscita: 21-January-1952

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