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Netflix Film

The Lighthouse: mito, folklore e follia nel film di Robert Eggers

La recensione di The Lighthouse, il secondo film di Robert Eggers. Ora su Netflix

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The Lighthouse è sbarcato su Netflix.

L’horror cinematografico americano per troppi anni è rimasto cristallizzato con b-movie standard, dagli stilemi ripetuti e sbiaditi, con poca inventiva e qualità. Ma nell’ultimo periodo stiamo assistendo ad un risveglio autoriale del genere, con giovani registi che mostrano audacia, talento visivo e che tornano a collegarsi alla società e alla profondità dell’animo umano. È il caso, ad esempio, di Ari Aster e Jordan Peele, che, con film come Hereditary, Midsommar, Scappa – Get Out e Noi hanno affascinato tanto la critica quanto il pubblico, proponendo film dall’immaginario e dal contenuto audaci. È il caso anche di Robert Eggers, che “inaugurò” questo periodo nel 2015 con The Witch. The Lighthouse è il suo secondo film, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes del 2019 e arrivato finalmente anche in Italia, on Demand, il 19 maggio scorso.

Eggers ha preso spunto da un racconto incompiuto di Edgar Allan Poe, intitolato proprio Il faro, sviluppando poi la storia in modo autonomo ed attingendo a racconti popolari. The Lighthouse è girato in bianco e nero, in 35mm e utilizzando il formato 1,19:1, usato solo in alcuni film del periodo del muto e che rende l’inquadratura ancor più tendente al quadrato rispetto al classico 4:3. Tutto è pensato per una maggior fedeltà visiva all’immaginario di inizio secolo scorso. Come anche il ricorso a particolari lenti utilizzate negli anni ’30, che producono un bianco e nero più denso.

The Lighthouse – Trama

Ambientato a fine Ottocento, narra di Ephraim Winslow (Robert Pattinson), un boscaiolo in cerca di una nuova vita, che si reca su un piccolo isolotto remoto nell’oceano al largo delle coste del New England, per lavorare come custode del faro. Insieme a lui c’è Thomas Wake (Willem Dafoe), un marinaio anziano e burbero che da anni svolge il ruolo di guardiano in quel luogo. I due uomini, che sono anche gli unici personaggi, devono così vivere a stretto contatto per quattro settimane, attendendo la nave che riporterà indietro Winslow.

Il ragazzo deve dedicarsi alle riparazioni, alle pulizie e ai lavori manuali. L’unica cosa che Wake gli vieta è di occuparsi e addirittura salire a vedere la luce del faro; quello è compito esclusivamente suo. La nuova vita per Winslow si dimostra estrema; sporcizia, degrado, lavoro fisico estenuante. E la situazione si aggraverà ulteriormente con lo scoppio di una tempesta, che renderà le condizioni climatiche proibitive. Non scivolare nella follia diventerà difficile.

The Lighthouse – Recensione

Sin dall’inizio, ancor prima che compaiano le immagini, siamo accolti dal suono del faro che ricorda il verso di una oscura creatura. Un presagio sinistro che ci cala in un mondo orrorifico. Tale suono ci accompagna per tutta la durata e insieme ai versi dei gabbiani rappresenta quasi la totalità della colonna sonora. Winslow è preda di incubi che man mano diventano vere e proprie allucinazioni che coinvolgono strane creature marine.  L’ostilità del luogo è da subito tangibile e gli stessi uccelli sembrano fonte di malvagità. Ma “porta sfortuna uccidere un gabbiano”, ripete Wake. Le condizioni peggiorano e di conseguenza i rapporti tra i due uomini si fanno più rigidi.

Più il film procede e più ci porta a mettere in dubbio tutto quello che sappiamo. Prima è il fattore temporale a cedere; non siamo più certi di quanti giorni siano passati, non sappiamo più quanto tempo trascorra da una scena all’altra. Poi a scricchiolare sono le identità dei personaggi. Veniamo a conoscenza di particolari oscuri del loro passato, soprattutto di Winslow; dettagli che contraddicono quanto detto in precedenza. Infine sono le immagini stesse a perdere consistenza. Quello che vediamo è reale o è un’allucinazione? Dobbiamo credere a quello che ci viene detto? Così tutto l’universo diegetico è come se crollasse su sé stesso.

L’ossessione e il tormento come temi principali

Winslow ha un passato da cui sta scappando, un passato con cui non ha fatto i conti e che continua a tormentarlo. Neanche fuggendo nel più remoto dei luoghi possiamo essere al riparo da noi stessi. Le aspre condizioni di vita e climatiche è come se rispecchiassero il tumulto interiore dei personaggi. Il loro tormento è reso visibile anche dalle ombre che scavano i loro volti e che ingigantiscono la loro figura. Sono emblematici i due momenti in cui viene inquadrato Winslow in piedi, con l’ombra che si erge alle sue spalle coprendo la parete e invadendo anche il soffitto. Le inquietudini si trasformano in scontri verbali e fisici crescenti; sprazzi di Bene e Male, luci e ombre.

Altro tema fondamentale è l’ossessione, in particolare per la luce del faro, sviluppata da entrambi i personaggi. È un’ossessione per il vecchio guardiano, che pretende di essere l’unico ad occuparsene e a guardarla. E diventa soprattutto un’ossessione per il ragazzo, sempre più smanioso di salire in cima al faro. Più passano i giorni e più la lanterna inizia ad invadere i suoi sogni e i suoi desideri. È disposto a tutto pur di saziare la sua bramosia. La luce diventa quindi simbolo di una vetta da raggiungere, di una conoscenza da abbracciare e di un potere da conquistare. Ma è l’unica cosa che gli è stata vietata, come l’albero di mele per Adamo ed Eva nell’Eden. Eggers d’altronde non è nuovo a riferimenti biblici.

E sempre in tal senso è evidente, e dichiarato, il riferimento al mito greco di Prometeo, il Titano che rubò il fuoco agli dei; simbolo di ribellione e di sfida alle autorità. Lo ha confidato lo stesso regista, parlando di come Wake sia invece la rappresentazione di Proteo, la divinità del mare ritratta come un anziano con la barba e che ha dimora sull’isola di Faro (non a caso). Mito e religione si fondono, quindi, nel raccontare il peccato di hybris di un ragazzo che osa sfidare l’ordine costituito, osa sfidare gli “dei”.

I molti riferimenti, la regia e la continuità con The Witch

E’ un film densissimo, The Lighthouse. Denso soprattutto di ispirazioni, punti di riferimento e legami. Il mito e il folklore, come abbiamo visto. Ma anche riferimenti letterari, oltre a Poe, l’Herman Melville di Moby Dick e Lovecraft; pittorici, Sascha Schneider ed Edward Hopper in particolare; cinematografici. Dalla discesa verso la follia di Shining di Kubrick, all’indagine psicologica di Bergman.

In particolare Eggers si conferma dotato di grande talento visivo. La sua è una regia fortemente simbolica; ne sono esempi la carrellata verticale per giungere alla cima del faro e la brusca inquadratura frontale all’inizio, con i due personaggi che guardano diretto in camera, forse ammonendo o introducendo lo spettatore. Complici il formato e il direttore della fotografia, Jarin Blaschke, ogni immagine diventa un quadro di rara complessità e bellezza visiva. Ad affascinare maggiormente è l’equilibrio raggiunto tra luce e oscurità, con la creazione di un mondo tenebroso formato da ombre esasperate o addirittura plasmate. Una fotografia che sfrutta la lezione dell’Espressionismo tedesco.

The Lighthouse si pone in continuità con The Witch per quanto riguarda vari aspetti portanti. Il ricorso al folklore, la grande attenzione verso il linguaggio d’epoca e il contesto storico. Il ruolo di una Natura oscura e maligna; qui è il mare ad essere inospitale, selvaggio e a celare creature misteriose, lì era la foresta. Entrambi i film hanno come protagonisti personaggi isolati dalla civiltà, che si trovano a dover fare i conti con una vita ardua e con i loro tormenti interiori. Importantissimo è anche il ruolo simbolico degli animali.

Se uno dei punti di forza di The Witch, però, era la sottrazione, sia del visibile che degli elementi del terrore, The Lighthouse è sicuramente molto più saturo ed estremo. Un film girato con questo talento visivo e che inserisce temi e riferimenti così ricchi e affascinanti, non può che risultare degno di grande attenzione e considerazione. È un’opera molto ambiziosa e di ottimo livello, che però, a livello di sceneggiatura, probabilmente si rivela meno incisiva di quanto lo era stato il film precedente.

Le interpretazioni di Robert Pattinson, ben lontano dai tempi di Twilight, e soprattutto Willem Dafoe impreziosiscono l’opera. Robert Eggers è adesso al lavoro su un nuovo film e non vediamo l’ora che continui a stupirci.

Il trailer di The Lighthouse

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  • Anno: 2019
  • Durata: 109'
  • Distribuzione: Universal Pictures
  • Genere: Horror, Thriller, Drammatico
  • Nazionalita: Brasile, USA
  • Regia: Robert Eggers