PJ Harvey – A Dog Called Money di Seamus Murphy, il viaggio di un’artista alla ricerca del tempo perduto
PJ Harvey – A Dog Called Money è un viaggio fisico e interiore in cui l’artista e cantante inglese si confronta con i problemi del mondo dal punto di vista degli uomini e delle donne che per primi ne pagano le conseguenze. Dal 21 maggio on demand sulla piattaforma Wanted Zone
“Mi hanno detto che per capire devi andare indietro nel tempo”. Le parole che fanno da incipit a PJ Harvey – A Dog Called Money,pronunciate per l’appunto dalla cantante inglese, sono le più adatte per introdurre lo spettatore al film che sta per vedere. Se ciò che segue è il resoconto di un viaggio allo stesso tempo fisico e interiore le parole poste a premessa del suo inizio fanno presagire come poi saranno i motivi di una ricerca, come sempre succede con PJ Harvey, legata a un’urgenza intima e personale.
Una ricognizione, quella effettuata all’interno del film, destinata ad adeguare il tempo narrativo a quello dei ricordi e delle sensazioni che hanno ispirato la realizzazione de The Hope Six Demolition Project, il disco nato dalla collaborazione con il fotografo, reporter e scrittore Seamus Murphy e, nello specifico, dalla condivisione delle esperienze comune in paesi come il Kossovo, l’Afghanistan e Washington Dc., in diversi modi e per diverse ragioni, vittime dell’eterno conflitto tra le ragioni degli uomini e quelle degli Stati.
PJ Harvey – A Dog Called Money è un viaggio fisico e interiore alla ricerca del tempo perduto in cui l’artista e cantante inglese si confronta con i problemi del mondo dal punto di vista degli uomini e delle donne che per primi ne pagano le conseguenze
Che si tratti di un piccolo o grande centro, dei resti di un avamposto talebano o dei ruderi di una casa spazzata via dall’odio del conflitto balcanico, PJ Harvey dà voce alle persone incontrate, ne ascolta storie e vicissitudini e mentre lo fa prende nota – è proprio il caso di dirlo -, tenendosi in disparte, quieta e rispettosa delle vite degli altri. Le immagini confezionate con perizia estetica da Murphy ne sono la testimonianza dal momento che, laddove compare nel corso delle varie tappe, la cantante inglese rimane sempre in disparte, partecipe ma un passo indietro rispetto agli interlocutori di turno e, dunque, senza incorrere nel rischio di protagonismo insito in questo genere di operazioni.
Una caratteristica, quest’ultima, presente anche nella sezione dedicata alla realizzazione del disco nella quale a parti inverse PJ Harvey sembra sposare lo stesso principio, mettendosi lei al centro, permettendo al pubblico, attraverso uno studio costruito sul momento, di osservarla da dietro i vetri, intenta a fare del suo diario di viaggio le tracce del disco che si sta per rivelare.
PJ Harvey – A Dog Called Money appare la perfetta sintesi del percorso artistico dell’autrice sia sul piano dei testi, allargatisi allo scenario internazionale
Se poi si vuole entrare nello specifico musicale, bisogna dire che PJ Harvey – A Dog Called Money appare la perfetta sintesi del percorso artistico dell’autrice sia sul piano dei testi, allargatisi allo scenario internazionale sin dall’album precedente (Let England Shake, del 2011 nel quale già si avvaleva della collaborazione del documentarista e fotografo Seamus Murphy) senza perderne lo sguardo introspettivo, sia per quanto riguarda le sonorità, in cui le radici Blues e Blues Rock si mescolano al Noise e all’Art Rock e, genericamente, a tutto ciò che può essere ricondotto all’etichetta indie,per giungere, come è evidente nell’album in questione, a contaminazioni etniche volte a riprodurre i suoni e le suggestioni di un “tempo finalmente ritrovato”.