“Il ritorno del moccianesimo”; “un’occasione mancata”, “più dubbi che certezze”: era questo il tenore dei giudizi dati su Baby, il serial ideato e scritto dal collettivo Grams* (si, con l’asterisco) e diretto da Andrea De Sica e Anna Negri. Neanche qui da noi il serial aveva suscitato entusiasmi, anzi il contrario: era proprio un’occasione mancata questa sorta di teen drama che prendeva spunto da un fatto di cronaca italiano, impregnato di sesso, droga e politica quindi potenzialmente esplosivo, e diventava un fiacco ritratto di una gioventù non tanto bruciata, belloccia e agiata, sbandata al punto giusto e mammona quando serve.
Dubbi che erano aumentati alla notizia di volerne proseguire la produzione: questo per dire che era attesa al varco Baby 2, neanche tanto ben vista. E invece, quanto è bello essere smentiti.
Perché i Grams*, per dirla tutta, già con la loro forzata originalità nominativa (si, sempre quell’asterisco) mostravano chiaramente come la loro fosse una modernità spintissima e finzionale, per mostrare a tutti quanto fossero giovani e moderni gli autori e quindi i protagonisti e quindi aderenti alla realtà racconta.
Peccato che niente di aderente al vero ci fosse in Baby: dall’ambientazione in una immaginaria scuola privata romana fino ai rapporti interpersonali, continuando con le interpretazioni telefonate di interpreti anche bravi (come la Ferrari, come la Porcaroli), finendo con una regia di atmosfera ma poco forzuta, quella di De Sica, quindi poco adatta -al contrario di quella, emotivamente caldissima, della Negri- ad un romanzo di formazione sui generis.
Dolori della crescita che tornano centrali nella seconda stagione: che si, aggiusta il tiro, e di molto. Perché se quella prima era innestata su un fatto di cronaca, mostrava invece successivamente una natura pop e una assoluta non aderenza a quel tipo di narrazione, scivolando tra una banalità e l’altra; invece Baby 2 prende quello che di buono c’era e lo tira in barca, abbandonando d’altro canto e giustamente i temi farlocchi e i toni fuori sincrono.
In questi nuovi otto episodi la trama diventa un labirinto sentimentale e sessuale: come d’altronde, celatamente, avrebbe dovuto essere fin dall’inizio. Il prodotto scritto dai Grams* non è niente più e niente meno che un teen drama giocattoloso e tirato a lucido, una soap opera sotto mentite spoglie, un guilty pleasure che ha bisogno di giustificazioni critiche per farsi vedere. Non c’è (più) il tentativo, perso, di voler ritrarre la generazione Y e di capirne o comportamenti, non c’è lo sforzo di mostrarne debolezze e problematiche di strettissima attualità: in Baby 2 tutto è gioco, tutto è finzione, tutto è per lo spettatore. Un gioco di seduzione metatestuale che sfrutta lustrini e paillettes nonché il sottotitolo di dramma di denuncia per farsi vedere e avvincere con la forza della sua elementarità.
Questa inversione di rotta fa sì che anche il comparto recitativo risulti, alla fine, più sincero: a partire dal duo protagonista, da AlicePagani non più costretta a ricordare continuamente le sue ascendenze alte (Loro 1, di Sorrentino) e libera di ammiccare, a Benedetta Porcaroli che affonda li suo personaggio in tormenti adolescenziali efficaci quanto irrealistici, sottolineando due volti azzeccati e poco applauditi come Riccardo Mandolini e Lorenzo Zurzolo.
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