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Film da Vedere

Stanotte su Rai Movie alle 03,15 Un tranquillo posto di campagna di Elio Petri

Orso d'Argento al Festival di Berlino del 1969, Un tranquillo posto di campagna è un eccellente esercizio (tutt'altro che fine a se stesso) di ripresa, di tecnica narrativa e di montaggio. Scritto da Elio Petri con Tonino Guerra e Luciano Vincenzoni, il film sarà determinante per la successiva carriera del regista. Da riscoprire

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Stanotte su Rai Movie alle 03,15 Un tranquillo posto di campagna, un film del 1968 diretto da Elio Petri, presentato in concorso al Festival di Berlino 1969, dove vinse l’Orso d’Argento. Il film è in parte ispirato a The Beckoning Fair One, un racconto di George Oliver Onions. Per realizzare il film Petri si avvalse della collaborazione dell’artista statunitense Jim Dine, che realizzò tutte le opere d’arte che nella finzione vengono dipinte dal protagonista interpretato da Franco Nero. Scritto e sceneggiato da Elio Petri, Tonino Guerra e Luciano Vincenzoni, con la fotografia di Luigi Kuveiller, il montaggio di Ruggero Mastroianni e le musiche di Ennio Morricone, Un tranquillo posto di campagna è interpretato da Franco Nero, Vanessa Redgrave, Gabriella Grimaldi, Georges Géret.

Sinossi
In pieno ristagno creativo, il noto pittore Leonardo Ferri si trasferisce in un’antica villa veneta, su una delle cui pareti è dipinto lo scrostato ritratto di una giovane donna. Ma la dimora è anche teatro di misteriosi e inquietanti fenomeni: Leonardo, spinto a indagare, apprende così la vicenda della contessina Wanda, che un tempo godeva fama di ragazza “leggera” ed era finita assassinata. Quelli percepiti nella villa sarebbero quindi dei minacciosi “segni” inviati a Flavia, l’amante di Leonardo, sgradita al fantasma di Wanda.

Un tranquillo posto di campagna, film che fornisce una credibile descrizione delle fobie e delle angosce di un uomo sull’orlo di una grave malattia di natura psichica, si potrebbe leggere – volendo – anche come l’omaggio di Elio Petri nei confronti del mondo della pittura: già dai titoli di testa possiamo notare infatti i numerosissimi riferimenti che l’opera ha con questo segmento dell’arte visiva (e delle correnti artistiche che costeggia: ci si trovano infatti frequenti riferimenti alla body art, all’action painting per arrivare persino dalle parti della land art). Anche l’aspetto strettamente pittorico delle tele (che si sposa perfettamente con il narrato) risulta particolarmente curato e di eccezionale rilevanza. Sono infatti opera di un famoso pittore pop americano, Jim Dine, il che mette in evidenza la particolare attenzione prestata a questo fondamentale elemento della messa in scena. Sono notevolissime anche le scenografie (di Sergio Canevari), soprattutto quelle postmoderne che nelle sequenze iniziali sembrano persino anticipare quelle utilizzate solo qualche anno dopo da Stanley Kubrick per il suo Arancia meccanica, con le quali hanno davvero molti punti di contatto.

Si può ben dire allora che al di là dell’interessante soggetto di Tonino Guerra e dello stesso Petri e della loro conseguente sceneggiatura “a orologeria”, scritta con la collaborazione di Luciano Vincenzoni, ci troviamo di fronte anche a uno straordinario risultato “visionario” dovuto allo spericolato uso che viene fatto della macchina da presa, anticipando inedite tecniche espressive che saranno poi perfezionate ulteriormente nelle sue opere successive (con particolare riferimento proprio a Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto). Visivamente il film non solo è bellissimo (davvero encomiabile il lavoro iconografico della fotografia opera del grande Luigi Kuveiller a cui deve essere riconosciuto il merito di questo strepitoso risultato), ma anche tutti gli altri elementi sono perfettamente messi a fuoco e magistralmente risolti. L’opera, anche sotto il profilo della forma, si conferma infatti come un eccellente e inventivo esercizio (tutt’altro che fine a se stesso) non solo di ripresa, ma anche di tecnica narrativa, di montaggio (del sempre straordinario, impeccabile Ruggero Mastroianni), di effetti speciali, che assume il senso di una fondamentale, necessaria tappa capace di traghettare il regista verso le pellicole che realizzerà negli anni successivi e che “senza l’esperienza maturata con quest’opera forse sarebbero state impensabili” (Alfredo Rossi).

Ottima anche la prova degli attori, impegnati ad assecondare il disegno del regista con la necessaria compartecipazione, tipica di chi crede fermamente al progetto al quale è stato chiamato a partecipare. Se Vanessa Redgrave si conferma la migliore in campo (e non c’era da dubitarlo), sono altrettanto professionali e centrati sia Franco Nero che Gabriella Grimaldi (la diciassettenne ninfomane) e Georges Géret. Da segnalare fra i comprimari, la presenza del critico teatrale britannico John Francis Lane (grande estimatore di Carmelo Bene), che negli anni ’60 ha partecipato come attore a molte delle nostre più importanti produzioni cinematografiche di quel decennio.

Pregevole, infine, lavoro di ricerca fatto sul sonoro, delle inquietanti, disorientanti, stridule musiche cacofoniche (una specie di improvvisazione musicale in costante mutamento) che compongono il blocco musicale (non è assolutamente un caso che sia il frutto del talento di un Ennio Morricone in stato di grazia qui coadiuvato dal Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza). I suoni che avvertiamo (quasi un’ouverture di semplici rumori) sono inquietanti, quasi fastidiosi, ma sottolineano e supportano egregiamente lo scorrere spesso aritmico delle immagini: rintocchi, riverberi, suoni di ancia, note isolate di pianoforte, rumori amplificati prodotti da materiali diversi uniti a un frequente, indistinto mormorio mentre in sottofondo si ode un fischio, un sibilo, come di un segnale acustico distorto elettronicamente. Insomma, una partitura che è un capolavoro.

  • Anno: 1968
  • Durata: 105'
  • Genere: Thriller
  • Nazionalita: Italia, Francia
  • Regia: Elio Petri