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I am Mother, su Netflix il film che mette in relazione naturale e artificiale

Su Netflix un thriller fantascientifico che analizza il rapporto madre-figlia in un futuro post-apocalittico

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I Am Mother su Netflix è un thriller fantascientifico che analizza il rapporto madre-figlia. Un futuro post-apocalittico dove la razza umana lotta per la sopravvivenza.

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“Daughter”- figlia (Clara Rugaart) è frutto di una nuova generazione di esseri umani allevati da un androide speciale, “Mother” (voce di Rose Byrne), non un semplice robot, ma quasi un vero e proprio surrogato materno, progettato per preservare la razza umana dall’estinzione. Figlia trascorre le sue giornate nella struttura asettica e controllata, studiando per diventare un giorno la sostituta di Mother nell’accudire gli embrioni custoditi e senza uscire mai in una Terra che l’androide definisce invasa da terribili virus. Tra le due si è creato un legame speciale, interrotto un giorno dall’arrivo dall’esterno di una sconosciuta (il premio Oscar Hilary Swank), chiamata “Woman” (donna), che metterà in dubbio tutto ciò che Mother ha sempre raccontato a Figlia sulle sorti del Pianeta, dando vita a una serie di eventi che distruggeranno l’equilibrio creato tra le due.

Mother

I am mother dal Sundance film Festival

Una vera rivelazione al Sundance Festival I am Mother è considerato uno dei film più riusciti tra quelli lanciati direttamente dalla piattaforma di Netflix

Una vera rivelazione al Sundance Festival I’m Mother di Grant Sputore, considerato uno dei film più riusciti tra quelli lanciati direttamente dalla piattaforma di Netflix. Una produzione australiana il cui regista è il semi esordiente Grant Sputore, mentre la sceneggiatura è di Michael Lloyd Green; due giovani talenti che, a detta della maggior parte della critica, sono riusciti a donare a questo piccolo film indipendente delle sembianze quasi da grande pellicola americana. Certo, non ci sono le battaglie e gli effetti speciali dei film Marvel o di un Blade Runner, la digitalizzazione delle immagini a volte è appena sufficiente (nelle scene esterne alla struttura soprattutto) e siamo immersi in uno scenario post apocalittico appena abbozzato, per quanto riguarda le sequenze sul Pianeta Terra, ma non è questo in realtà che colpisce.

I am Mother tratta questioni assai interessanti: quello della “maternità” e della “creazione” e la “crescita del naturale da parte dell’artificiale”.

Richiamandosi  a “monumenti” della fantascienza come 2001: Odissea nello spazio (con tematiche comuni quali il desiderio umano di onnipotenza, l’intelligenza artificiale e l’esistenza dell’anima robotica) ma anche al bel Ex Machina, per i pericoli sullo sviluppo e l’uso non controllato della tecnologia, I’m Mother aggiunge altri elementi interessanti: quello della “maternità” e della “creazione” e la “crescita del naturale da parte dell’artificiale”. Il secondo precede la Natura? L’artificio può preesistere al Naturale? Chi ha generato cosa? Si apre qui il dibattito, frequente nella cinematografia fantascientifica, sulla “clonazione” e sui pericoli insiti in essa.

Qui la clonazione è vista da una parte come uno  “strumento” compensativo alla mancanza di nascite di esseri umani (a causa del peggioramento di clima e di ambiente), ma dall’ altro lato è anche un tentativo pericoloso di voler “progettare” e creare una razza perfetta, priva di difetti e rispondente a dei canoni di idealizzazione generati da una macchina, non da un uomo. Dei test di idoneità a cui l’embrione deve rispondere correttamente per non finire eliminato in un forno. Tutto questo è stato sviluppato con sufficiente abilità in un racconto che, anche con momenti di debolezza, trasmette quasi sempre una disturbante e sottile inquietudine.

Finale?

I Am Mother si chiude con un finale aperto che offre interessanti spunti da poter essere sviluppati in un sequel.

La dolcezza della voce di Mother, la sua apparente armonia e affabilità nascondono un insidioso male che insinua il sospetto  senza rivelarlo quasi mai chiaramente. Rimane così  il dubbio anche nella scena finale, che lascia aperta la porta ad un sequel  nonché a una possibile serie tv. Alla fine, infatti, se da un lato Figlia esprime il desiderio di creare un rapporto sociale più ampio con altri esseri umani (rinnegando in parte Mother e riconoscendo il lato oscuro del cyborg) dall’altro lato la ragazza raccoglie il testimone lasciato dalla genitrice, proseguendone il compito di nutrice del nuovo genere umano e stringendo tra le braccia il nuovo arrivato.

Si chiude così con un finale aperto un film che offre interessanti spunti (anche sul ruolo della fantasia e del libero arbitrio tipici del genere umano), ma che lascia un po’ un rimpianto. Troppo poco si è intravisto di questa guerra tra “generi”, umano e robotico, e troppo poco abbiamo saputo di Woman, del suo gruppo di amici terrestri sterminati dal cannibalismo e del personaggio della Swank in generale. Forse sarà svelata ogni cosa nel sequel?

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