Contagion è uno dei migliori film del 2011 ed é diretto dal regista Premio Oscar Steven Soderbergh (Traffic, The Ocean’s Eleven Trilogy, il recente No Sudden Move) che guida un cast all-star composto da Marion Cotillard, Matt Damon, Laurence Fishburne, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet e Bryan Cranston.
Il film è stato presentato fuori concorso alla 68° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia in anteprima mondiale il 3 settembre 2011.
Con un budget di 60 milioni di dollari, la produzione è iniziata il 25 settembre 2010. I luoghi delle riprese del film Contagion comprendono Atlanta, Chicago, Minneapolis, San Francisco, Dubai e in nazioni come il Giappone, Svizzera, Regno Unito, Brasile, Russia e Malaysia.
Contagion trama
Parliamo in primis della trama di Contagion.
Gli Stati Uniti sono scossi da una possibile pandemia, generata da un virus sconosciuto che alcune persone hanno contratto a Hong Kong.
Mentre i medici del CDC (la sempre meravigliosa Kate Winslet e Laurence Fishburne) e una specialista (Marion Cotillard) dell’OMS stanno già lavorando a un antidoto per salvare in tempo la vita ai contagiati – tra cui Beth (Gwyneth Palthrow), uno dei passeggeri del volo, accudita dal marito Mitch (Matt Damon) -, il governo è chiamato a fronteggiare l’emergenza e a contenere i disordini civili causati dalla psicosi collettiva, dovuta alla diffusione sul web di alcune notizie da parte di un blogger (Jude Law).
Steven Soderbergh con l’ormai abituale cast di lusso affronta il genere catastrofico con buoni risultati.
Contagion – Il 2011 di Matt Damon e Gwyneth Paltrow
Anche se per pochi minuti, Damon e Paltrow tornano insieme dopo lo splendido Il talento di Mr. Ripley (che curiosamente vedeva nel cast anche Jude Law).
Reduce da un 2011 ricco di successi come La mia vita è uno zoo (di Cameron Crowe), Margaret (di Kenneth Lonergan) e I guardiani del destino (di George Nolfi), Contagion è la goccia che fa traboccare il vaso. Con questo film, Damon collabora per la sua sesta collaborazione con Soderbergh (iniziata con la trilogia di Ocean’s Eleven).
Nel ruolo di Mitch Emhoff, Matt Damon ci stupisce ancora una volta. In pochissimi minuti, viene letteralmente da un uragano e costretto a sopportare la perdita, l’abbandono e la prigionia. Con il suo sguardo empatico e scosso, Damon coglie la vera essenza dell’animo umano e diventa il testimone chiave di una terribile minaccia: in pochi minuti travolto da un uragano e costretto a sopportare la perdita, l’abbandono e la prigionia. Ma come un guerriero, la sua presenza ispira fiducia, forza e determinazione come nessuno sa fare. E ci invita a mantenere la calma, nei migliori dei modi possibili.
Dopo Iron Man 2 e Country Strong, Gwyneth Paltrow si “butta” per la prima volta nell’enigmatico mondo di Soderbergh; e nonostante sia lontana dai suoi ruoli comici, riesce a dare il meglio di sé con questo piccolo ruolo, che diventa il cuore di tutto il film. Non stupisce che Paltrow sia abituata a essere al centro del bersaglio (ricordate la notte degli Oscar 1999?). Come una formica, Paltrow mostra la piccolezza e la fragilità degli esseri umani come mai prima. Ci spinge a vivere il presente e a stare con i piedi per terra e a cogliere ogni momento del nostro prezioso tempo. Spaventoso, ma semplicemente ci ricorda di vivere senza troppe fantasie.
La Globalizzazione e i suoi Lati Negativi
Contagion, infatti, insinua e alimenta la paranoia di un pericolo quanto mai presente e strisciante nella società attuale. Tutto questo è reso con uno stile accattivante, privilegiando un’idea positiva d’intervento delle autorità opposte all’inevitabile virata verso la catastrofe totale.
Dunque, evitando il pessimismo di maniera guadagna in credibilità, si colloca in un’area dell’immaginario e delle emozioni non solo superficiali (la paura del contagio), ma anche e sopratutto sulle obbligate reazioni umane (razionali contro quelle irrazionali) di fronte a una tale sciagura. Il taglio così è anche politico, immergendo gli eventi nel sistema delle informazioni ed elaborando in questo modo un catastrofico 2.0, dove si sommano a livello globale gli eventi e il racconto di questi eventi by web. (Dis)informazione più catastrofe è la chiave di Soderbergh e soci ed è una chiave vincente.
Perché Contagion indaga la Natura Umana
Usando il mezzo cinematografico, Soderbergh indaga la natura umana, scomponendola e smembrandola, per poi mostrarci un ammasso sanguinolento di codardia, opportunismo, ambiguità e amore.
L’essere umano spogliato del proprio bene più prezioso. Il tempo, appare in tutta la sua nuda e cruda irrazionalità, ombra e fantasma di se stesso, eterea figura di passaggio in un disegno ben più complesso ed antico, pronta a essere cancellata con un colpo di spugna.
Questa consapevolezza ferisce la retina e le pareti dello stomaco, più volte messo a dura prova da sequenze non certo rivoltanti, ma, piuttosto, cariche di un’intensità emotiva e a tratti bastarda, che toglie il fiato. Ovviamente, ci si riferisce all’incipit del film, quindici perfetti minuti di grande cinema, sottolineati dalle insistenti e sinistre note della musica di Cliff Martinez, che da soli giustificherebbero la visione.
Un Castello di Carte
Contagion è inedito e inusuale, teso e a tratti delicato, spiazzante e integralista nel mostrarci la vacua incertezza del castello di carte su cui siamo seduti, in attesa di un gesto irresponsabile capace di spazzare via tutto.
Le carte vengono scoperte. Ma, alla luce di tutto questo, gli si perdonano volentieri alcuni schematismi e una tendenza malsana a voler ridurre tutto ad una semplicistica formula elementare di causa ed effetto. Peccati veniali che scompaiono di fronte alla sincerità di alcune sequenze o all’ambiguità di alcuni protagonisti.
Una grande idea diventata Realtà
Scritto da Scott Z. Burns (The Report), il film apre alle possibili reazioni del mondo intero in merito una possibile pandemia, interrogandosi sui rischi e sulle convenzioni economici e sociali. Una grande idea, o meglio, rischiosa. Ma nessuno, 10 anni dopo la sua uscita, sapeva che questa storia sarebbe diventata realtà. Non a caso, Contagion è stato il film più visto durante i primi mesi della pandemia.
Forse, avremmo dovuto aspettarcela. Del resto, viviamo in un mondo in cui si è sempre di fretta, è sempre più sporco a causa dei cambiamenti climatici e sempre più tecnologico e pochi si curano ancora della gente. È sempre meno frequente la comunicazione faccia a faccia e lo stare insieme. Un mondo difficile, certo, ma per Soderbergh diventa oggetto di studio: si riflette su temi importantissimi come la famiglia, la paura, la morte, la confusione e la solitudine. Il tutto cercando di restare fedele alla realtà.
Nell’occhio del ciclone
Già a partire dai titoli di testa, sentiamo dei colpi di tosse. È così che Soderbergh ci spinge con forza nella cruda realtà. Siamo a Hong Kong, in pieno inverno, proprio nel pieno della “stagione influenzale”. Nel vedere una Beth sofferente e sudata (interpretata dal Premio Oscar Gwyneth Paltrow – I Tenenbaum, Iron Man) ci sentiamo subito in una situazione di disagio.
Subito dopo, Soderbergh ci presenta altre persone contagiate grazie a una spettacolare soggettiva, ci sbatte in faccia la “morte”. Sentiamo le vertigini e ciò ci porta a essere “malati”. Ci porta così nell’occhio del ciclone: c’è la lotta per la sopravvivenza verso il male non ancora identificato. La voglia di rimanere ancorati a questa vita che è difficile lasciare.
La bellissima fotografia dello stesso Soderbergh (accreditato come Peter Andrews), composta prevalentemente da colori distaccati come il verde, il giallo e il blu, ci trascina dalla libertà e dalla spensieratezza della vita quotidianità di tutti i giorni alla fredda e distaccata “prigione”; sensazioni mai provate prima d’ora. Ci ferma e, come abbiamo visto, ci ha privato di sentimenti ed emozioni caldi. Ecco il vero ciclone!
Convivere nella nostra prigione
Per la prima volta, Soderbergh ci mostra un mondo senza vita, senza movimento, dove il sovrano assoluto diventa il Silenzio. Inconsciamente, Mitch e sua figlia Jory (Anna Jacoby-Heron) sono costretti a convivere nella loro stessa prigione; dove la distrazione è pressoché impossibile. Non c’è modo di scappare dalla verità.
Soderbergh fotografa i loro sguardi profondi, distrutti dal dolore. La prigione non lascia più spazio a valori affettivi e gesti come una stretta di mano e un caldo abbraccio. Vorrebbero solo ricevere consolazione, una carezza sul viso, un sopporto a cui aggrapparsi.
Tutto diventa freddo e distaccato. Per proteggerci e non infettare le persone più care, nella paura di perderle, siamo costretti a stare lontani, a ignorarci e rinchiuderci in noi stessi. Ci lasciamo guidare dall’istinto e metaforicamente, cuore e cervello si chiudono.
Proprio come suo padre Mitch, anche Jory si rifiuta di stare in prigione. Così facendo, si fa carico di un grande messaggio: ci invita a non allontanarci dal mondo, a credere nella vita e non fermarci davanti alle apparenze. Anche se la luce in fondo al tunnel è ancora lontana, prendiamo quello che c’è; teniamoci stretti stretti in questa vita breve come schiuma e non lasciamoci andare!
Quando i Medici sono i Veri Eroi
Lo diamo per scontato, ma i veri protagonisti del film sono proprio i medici. Mettendoci nel loro “giusto” punto di osservazione, Soderbergh ci porta nel dietro le quinte di questo lavoro complicato e delicato. Il tutto con una credibilità sorprendente da togliere il fiato e lasciarti incollato allo schermo.
Il ruolo dei medici è stato messo in discussione di frequente. Ma dall’inizio della Pandemia, come dei veri supereroi, ci hanno fatto sognare. In molte serie tv, tra cui E.R.: Medici in Prima Linea (andata in onda per la prima volta il 19 settembre 1994 su NBC, per un totale di 15 stagioni: da rivedere!), i protagonisti, messi alla strette tra la loro vita privata e professionale, si dedicano esclusivamente ai loro pazienti, mossi dal desiderio di fare la cosa giusta. Si fanno carico delle sofferenze altrui, un po’ come le tartarughe fanno con i loro gusci.
È una continua guerra, una lotta contro il tempo: studiano continuamente la situazione con estrema cautela, senza perdere la pazienza, si informano e cercano di non trapelare in rete numeri o cifre sbagliate in merito il numero dei contagiati, senza mai prendersi una pausa. Basti pensare alla forza delle dottoresse Erin Mears (interpretata dal Premio Oscar Kate Winslet, vista di recente nella splendida Mare of Easttown) ed Hextall (Jennifer Ehle, Le Idi di Marzo) che rischiano la loro vita per il bene dell’umanità.
Come nella vita reale, a volte i medici ci riescono, altre no. Ma almeno ci provano. E come una madre che accarezza i propri figli, dovrebbe dare anche a noi la forza di continuare a vivere. A non perdere le speranze.
La “fine” del Consumismo e della Terra?
Con grande delicatezza, assistiamo a un terribile spettacolo: la gente impazzisce, i negozi vengono distrutti e i supermercati appaiono vuoti. Perfino una San Francisco sporca e abbandonata ci lascia senza parole. È la fine del consumismo! Sono immagini dure certo, che portano a riflettere su un’altra tematica altrettanto importante che non possiamo ignorare: la nostra Madre Terra.
Colpiscono la fitta nebbia e i suoi colori giallo-verde richiamano metaforicamente una terra arida e malata, dove il rispetto per l’ambiente e per gli animali non esiste più. Siamo noi esseri umani che rompiamo il ciclo naturale della Terra. Ce lo rinfaccia molto bene anche l’attivista Greta Thunberg. Ma davvero è la fine?
Fortunatamente, oggi abbiamo la fortuna di informarci non solo con i giornali e con la tv, ma anche con i Social Media. E a partire da piccole cose, questo ci sprona a fare grandi passi per salvare una casa in fiamme. Solo collaborando, potremmo farcela. Anche se il tempo non gioca a nostro favore.
L’importanza del TOCCARSI
Il virus sarà anche pericolo, ma la cosa più paurosa è che noi stiamo diventando ombre, questo perché ci nascondiamo nel mondo dei Media attraverso altre identità e viviamo nell’egoismo e nell’aggressività. Forse, Soderbergh, così come tutti i medici e i volontari, ci invita a non perdere la fede. Ma come dice Sua Santità Papa Francesco, quello che non possiamo perdere è il TOCCARE, il senso umano più completo e che ci dà la libertà del Cuore. Dobbiamo imparare a farci carico dell’altro. Se non toccheremo il cuore della gente, non potremo mai capirci o unire le forze. Abbiamo bisogno di tornare ad abbracci presto e sentire il calore altrui sulla nostra pelle.
Come il Buon Samaritano del Vangelo, abbiamo la possibilità di fare la giusta. Non rimaniamo chiusi nella nostra prigione. Piuttosto, apriamo gli occhi, facciamoci trovare pronti a certi strani mutamenti e impariamo a farci carica delle esperienze altrui e non perdere mai la vera fede. Forse è proprio questa la lezione che Soderbergh ci lascia. Cerchiamo di mettere in pratica tutte queste cose e chissà. Forse un giorno, il sole tornerà anche per noi.
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